Siamo lieti di ospitare ancora una volta Maria Caterina Prezioso nel nostro blog e ancora di più di avere l’opportunità di leggere e recensire la sua ultima fatica letteraria: ”Blu cavolfiore”.
Abbiamo conosciuto quest’autrice grazie al suo primo romanzo di denuncia sociale, “Cronache Binarie”, e leggendo questo secondo libro ci si può rendere conto che il filone che segue la scrittrice è sempre il medesimo. Maria Caterina, con le sue parole, mira a mettere in risalto quelle tematiche di denuncia che spesso tendiamo a ignorare o fingiamo di non vedere. Se possibile questo romanzo ci appare ancora più duro e crudo del precedente.
Seguiamo la vita di personaggi che ci raccontano i loro anni trascorsi, i loro desideri, le loro perdite, i loro successi; accanto a questi temi c’è anche la storia, e sembra quasi che essa, con i suoi innumerevoli eventi, possa influenzare la loro vita. Maria Caterina lancia un importante messaggio al lettore: mai tralasciare ciò che succede nel panorama internazionale, perché anche se non ci sembra sia rilevante per la nostra esistenza, in realtà lo può essere. Magari non ora, ma nel futuro.
Il romanzo presenta due diversi punti narrativi portati avanti dai personaggi di Jurek e Jakob. Essi ci presentano il loro modo di vedere le cose e ci raccontano la loro storia. Jurek il “mistificatore” e Jacob il “sopravvissuto”, due personaggi e un “botta e risposta” fra loro due come stessero giocando la partita per la vita.
Molti i temi trattati in questo romanzo, si va dalla clonazione alla ricerca farmaceutica, alla perdita di valori quali il rispetto verso il prossimo. L’autrice non usa mezze termini nelle sue riflessione perché una cosa è certa, se pur a parlare sono i due protagonisti, la voce narrante resta quella di Maria Caterina Prezioso che non lesina accuse e rabbia nei confronti di come si è trasformato il mondo.
Eppure un messaggio di speranza c’è, lo si trova sempre, basta credere che sia possibile voltare pagina, afferrare il coraggio di ribellarsi al sistema e permettere al mondo di rinascere, ricostruirlo con basi migliori.
Lo stile di scrittura della scrittrice è fluido, diretto, mai pesante. Il romanzo si legge volentieri dall’ inizio alla fine, ci si rispecchia poiché parte di ciò che Jurek e Jakob ci raccontano ci ha caratterizzati e ci influenza tutt’ora anche se spesso noi ne rimaniamo indifferenti. Si partecipa alla vicenda, pagina dopo pagina, come se le parole divenissero reali e concrete.
E’ un romanzo che non presenta discorsi diretti, si tratta di un lungo monologo, se così potremmo definirlo, dei due personaggi, essi ci trasmettono le loro sensazioni e i loro pensieri, spesso facendo riferimento a opere pubblicate nel tempo – non a caso a fine libro c’è anche una bibliografia!
Un romanzo sicuramente interessante, certo i lettori dovrebbero essere incuriositi dai temi trattati, altrimenti potrebbe non catalizzare la loro attenzione.
Un nostro personale complimento all’autrice, che non smette mai di sorprenderci!
Recensione a cura di Dylan Berro e Laura Bellini