Privo di qualsiasi sensazionalismo dovuto alle interminabili e ammorbanti polemiche (come direbbe la signorina Silvani «du palle») che la comunità brianzola ha mosso verso questo film e verso il suo regista (Paolo Virzì), colpevoli (secondo loro) di aver descritto una realtà che nulla ha a che vedere con la gente del luogo (sì, certo… come se non vi conoscessimo), posso dirvi che lo sguardo d’autore (che poi coincide con il nostro nel momento in cui diventiamo spettatori) è POTENTISSIMO e LUCIDO.
Il capitale umano descrive fin troppo bene questo microcosmo provinciale che è chiaramente una chiave di lettura dei meccanismi classisti e arrivisti della nazione (se non del mondo… tanto è vero che, ignorantoni del cazzo, il film è liberamente tratto dal romanzo omonimo di Stephen Amidon, ambientato da tutt’altra parte!).
Se ne deduce che Virzì è un autore scomodo e a tutti quei critici cinematografici italiani che hanno plaudito il film con le seguenti parole: «Questa è la vera grande bellezza!!!», posso solo dire: …certamente… sì… già…
Prima di scrivere certe stronzate, bevete meno vino e magari aprite qualche libro di estetica del cinema, please.
Fabio Secchi Frau