Il miglior film del 2014. Così è stato decretato dall’Academy Awards… almeno secondo loro. Perché sicuramente, 12 anni schiavo ha asfaltato tutti gli altri film candidati alla statuetta, e non è un mistero che abbia fatto venire un mal di pancia a un gasatissimo Martin Scorsese, ma quest’anno ho visto di meglio in giro.
Steve McQueen è un ottimo regista (su questo non ci piove) e guardando 12 anni schiavo si colgono tante cose, dalla poesia di certe immagini legate agli attimi di solitudine a quelli invece che ti fanno venire una colica colecistica o una colite per la rabbia e la crudezza delle scene. È, quindi, un’opera che delizia lo spettatore con un racconto di cruda verità (trattasi dell’omonima autobiografia ottocentesca di Solomon Northup) con finale altrettanto amaro, nonostante sia happy.
Tutta la pellicola si potrebbe sintetizzare con una frase come questa: un continuo dolore intercostale nel vedere la vicenda del povero Solomon, uomo libero e degno di essere tale, rapito e venduto come schiavo.
Le musiche sono del famigerato Hans Zimmer. Lascio ad Andrea la libertà di capire dove e cosa ha copiato stavolta. È la sua specialità e non voglio assolutamente togliergli il gusto di macellarlo come si deve.
Il cast comprendere Chiwetel Ejiofor e l’attore feticcio di McQueen Michael Fassbender, nei rispettivi ruoli dello schiavo Solomon e del suo peggior padrone, una breve particina di Brad Pitt (anche produttore) e la disperata regista Lupita Nyong’o qui attrice che, nel ruolo di una schiava, è stata meritevole di Oscar (peccato che, proprio quest’anno, sarebbe dovuto andare a Jennifer Lawrence… l’Academy a volte non ne azzecca una).
Fabio Secchi Frau