Titolo: Anime tagliate
Autore: Francesco Scardone
Editore: Ciesse Edizioni
ISBN: 978-88-97277-32-3
Num. Pagine: 190
Prezzo: 13.50€
Voto:
Trama:
Un transessuale sadico che cerca di trovare un senso alla propria esistenza attraverso la propria e altrui sofferenza.
“Più dolore proverò, più avrò da vivere. Solo spingendo la soglia di sopportazione dei miei tormenti sempre oltre, potrò augurarmi di essere immortale. Se mi rimane ancora qualcosa per cui soffrire, a questo mondo, di sicuro non mi farò annientare da tutto il resto.
Il fatto è che io ci ho provato. Ci ho provato per davvero. Ma non ho trovato null’altro. Qualcosa che vada oltre l’angoscia. Qualcosa in più del supplizio. La vita finisce lì dove finisce il dolore. Fine. Dissolvenza. Non ha senso sperare in altro. Continuare a illudersi.
Il dolore è l’unica dimensione possibile. È l’unico stato pensabile. È la sola cosa sensata. Reale. La verità è che il dolore è tutto. Il dolore è la vita stessa e senza di esso noi cessiamo di esistere. Tra poco il campanello suonerà, l’ennesimo, sprovveduto, errore della natura mi seguirà, inconsapevole, nella mia stanza da letto e la scena si ripeterà. Il dolore si libererà.
Di nuovo…”
Recensione:
In tutta sincerità, questo libro non mi è piaciuto affatto.
Il protagonista è un uomo disturbato che ha preso degli ormoni per farsi crescere il seno, il motivo però non ci viene spiegato.
Filo conduttore di questo romanzo è il dolore: il dolore rappresenta l’anima, il motivo per cui si decide di rimanere in vita, è il dolore è la forza trainante dell’esistenza, è ciò che rende il mondo un posto degno di essere vissuto, è il dolore che fa provare le emozioni più intense e che nessuno può vivere senza di esso, perché il dolore è tutto, il resto è merda.
Questo è il leit motiv di Anime Tagliate, e si ripete con ridondanza per ogni capitolo fin quasi alla fine, rendendo la narrazione piuttosto altalenante, i flashback si alternano a questi estenuanti momenti di riflessione facendo scadere completamente l’attenzione dalla storia in sé, che nel complesso risulta blanda, caotica e piena di sbalzi scoordinati.
Il personaggio principale mi ha lasciata decisamente perplessa, passi l’infanzia con una madre castrante e il dolore – per l’appunto – che ha dovuto affrontare, ma il suo profilo psicologico è assolutamente qualcosa di inconcepibile, si penserebbe che possa rendere il tutto interessante e invece no, invece si tratta solo di una persona rinchiusa nei propri schemi mentali che lui stesso definisce marci, in decomposizione, escrementi o altre sciccherie simili.
Ora, umanamente parlando, da una premessa simile ci si aspetta un percorso d’evoluzione che faccia crescere il protagonista, che illumini nel bene o nel male la sua visione della vita, che l’intreccio che scandisce le sue giornate possa spezzarsi e crearne uno completamente nuovo, forse conducendolo anche verso il peggio – perché no? – ma di certo non è piacevole finire l’ultima pagina rendendosi conto che termina esattamente com’è iniziato. Deludente.
Non ho apprezzato il linguaggio inutilmente volgare né tantomeno gli avvenimenti passati che vengono narrati, scene di pura e macabra follia che appaiono estranee al contesto, che sarebbero state meglio incastonate in un romanzo noir o nonsense piuttosto che in un ambiente troppo metropolitano e quotidiano in cui invece risultano assolutamente prive di logica e di buongusto. Molto spesso durante la lettura ci si interrompe con un enorme punto interrogativo in testa e ci si chiede perché mai siano accadute simili cose. Probabilmente l’intento era quello di delineare una figura da guardare oltre un vetro offuscato, da non biasimare né comprendere ma solo da osservare come un animale in gabbia, al di sopra di ogni sentimento, che concentrasse in sé tutto il delirio, le paure, le domande dell’esistenza, una specie di capro espiatorio per cui non provare pena né astio.
Però non è così. Le riflessioni non compensano l’idiozia di certi comportamenti, la mentalità variegata che avrebbe dovuto fare da fulcro è abbozzata e descritta sempre alla medesima maniera, quasi con le medesime parole, e a lungo andare si storce il naso per l’insensatezza e per l’irritazione che non si riesce a fare a meno di provare.
Inutili scene splatter, cattiverie gratuite, un’insofferenza che è quasi deprecabile, Anime Tagliate è di certo un’opera rivolta ad un pubblico con lo stomaco forte e che non ha paura di addentrarsi in una falsariga di realtà che in alcuni passaggi fa alzare gli occhi al cielo, e in altri li fa strabuzzare.