Titolo: Ave Mary
Autore: Michela Murgia
Editore: Einaudi
Anno: 2011
ISBN: 9788806201340
Pagine: 166
Prezzo: € 16,00
Voto:
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Contenuto: La tradizione e il mito quasi impongono che la storia della condizione femminile trovi la sua origine nella colpa di Eva. Il mito in genere è una ricostruzione a posteriori, prodotto della cultura che raccoglie le esperienze di un popolo tramandate di generazione in generazione, che nel corso del tempo ricevono redazione scritta. La questione da porre non è se ciò che esso racconta sia vero o falso, ma come vada inteso, letto, considerato, interpretato. I miti possono essere anche travisati, fraintesi, quando ricevono una lettura unilaterale.
E’ quanto è avvenuto con il racconto dei progenitori del genere umano. Adamo ed Eva sono caduti insieme, entrambi hanno mangiato la mela, perché la colpa dovrebbe essere solo di Eva?
“Unico atto sensato sarebbe riconoscere la colpa congiunta della coppia originaria”.
Se partiamo da questa premessa il ragionamento che ne consegue non fa una grinza: è Eva che, ingannata dal serpente, alza il braccio e raccoglie dal ramo, cibandosene, la mela proibita. Qual è il comportamento del suo compagno? Il suo è un contegno passivo, indolente, come fosse privo di volontà propria. Lascia fare. E’ un vero e proprio correo (complice). Se Eva è stata avventata, Adamo lo è stato maggiormente: ha mangiato la mela senza aver bisogno di cadere nelle grinfie del serpente.
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Erri De Luca è andato persino oltre, paragonando Eva (che alza il braccio per raccogliere il frutto) a Mosè (il primo scalatore), quasi che l’albero proibito equivalesse al Sinai e all’immagine dell’uomo e della donna (ciascuno a suo modo) che cercano di avvicinarsi a Dio.
Tuttavia l’episodio della genesi è bastato a giustificare lo stato di minorità che la donna ha dovuto subire nel corso dei secoli e tale da ostacolarla nel tentativo di avere voce in capitolo nella storia degli uomini. La sua condizione non è dissimile da chi è sottoposto a tutela, rimasuglio di un retaggio antico.
Nell’antica famiglia romana, ad esempio, il pater familias era il capo indiscusso, ogni membro di essa era sottoposto al suo potere (alla sua mano: immaginatevi l’atto di porre la mano sul capo di un individuo, sia esso figlio, figlia, moglie, nuora, schiavo). Lo stesso termine emancipazione femminile denuncia questo retaggio antico. La emancipatio era un istituto giuridico con il quale veniva meno il potere del pater familias: il figlio per esempio diveniva un soggetto autonomo (sui juris), di fatto libero, in grado di gestire se stesso. Essa avveniva tramite manumissio, la stessa che rendeva la libertà agli schiavi.
Anche il termine “parità” deve essere riconsiderato. Assume rilievi anacronistici, è sbagliato e fuorviante perché presuppone un superiore e un inferiore. Mi viene da pensare che il piano corretto sul quale muoversi sia quello che interessa qualsiasi rapporto interpersonale. Altri termini entrano infatti in gioco: simmetria, reciprocità, equilibrio i quali, a ben vedere, non sono certo all’ordine del giorno nella vita quotidiana.
Non vanno trascurati i capitoli che Michela Murgia dedica alla posizione della Chiesa, tutt’altro che cristallina. Se Cristo rappresenta un esempio da imitare, sua madre si offre come un modello inaccessibile, frustrante, un’immagine chiusa in una teca. Non vi è alcun modo di rapportarsi a essa. La sua è un’esistenza che pare mai vissuta in prima persona, il suo dolore quasi non le appartiene ma è traslato perché conseguenza di quello del figlio crocefisso, è un dolore da comparsa.
L’immagine di Cristo (che muore) e di sua madre (che non muore ma viene assunta in cielo) corrobora “la tendenza mediatica a rappresentare l’uomo che muore come un dignitoso protagonista attivo del suo ultimo istante, lasciando alla donna il compito di morire passivamente… nel ruolo di vittima o al massimo di macabra comprimaria”.
La stessa Maria Teresa di Calcutta, ricorda l’autrice, appare un’esponente calzante dell’interpretazione sacrificale della femminilità. Non a caso, rispondendo perfettamente al contenuto dell’epistola De Mulieris dignitatem (1988) fino a personificarla, poté essere beatificata già cinque anni dopo la morte:
“Era la prova provata che nell’ordine naturale del mondo le donne sono il cuore che serve e gli uomini la testa che ordina”.
Questo modello, tuttavia, non sembra reggere: a una prisuperficiale disamina non tiene la stessa secolare dottrina teologica che, a colpi di decreti e bolle ci è stata consegnata. Le basi scritturali non sono tanto labili, ma assenti. I papi stessi, per attribuire alla Madre di Dio i titoli conferiti, hanno dovuto ricorrere all’infallibilità ex cathedra.
Più fondato, scritturalmente parlando, è vedere nell’uomo e nella donna un tutt’uno, un’unità che, di per sè, è immagine e somiglianza di Dio (non solo l’uno, non solo l’altra). E’ quando ha detto (o tentato di dire) Giovanni Paol I durante l’angelus del 10/9/1978, spalancando invero un abisso teologico spaventoso:
“La questione è se Dio sia obbligato a essere solo e sempre un’immagine dell’uomo, del maschio”
“Il tipo di relazione che viene suggerita quando un solo partner è come Dio è una relazione di dominio/sottomissione. Il tipo di relazione dove entrambi i partner sono Dio è la reciprocità” (l’autrice in questo passo cita Virginia Ramey Mollenkott, Dio femminile, 1991).
Il tono di Ave Mary, a fine lettura, è parso sempre equilibrato, posato e accorto. Nonostante le conclusioni cui ciascuno può giungere non è provocatorio, né irriverente, tentazioni troppo facili quando si trattano temi scottanti (ma per chi, mi domando). L’autrice si astiene dai toni gravi, predilige quelli pacati che una sobria analisi impone. Nonostante questo, spulciando in rete tra le recensioni, qua e là affiorano accenti risentiti.
Non è un trattato teologico o un saggio sociologico, è lo sguardo di una persona intelligente che raccogliendo le proprie sensazioni dipinge un quadro disincantato, attendibile e asciutto. E’ un invito al lettore a fare altrettanto. Sempre.
Nota:
1. Dall’Angelus del 10/9/1978 di papa Luciani: http://www.youtube.com/watch?v=CKlMNm42JLA