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Recensione “Barbablù” di Amélie Nothomb

Creato il 25 aprile 2013 da Alessandraz @RedazioneDiario
Pubblicato da Ossimoro Puntuale come la primavera è arrivato l’annuale romanzo di Amélie Nothomb: il primo fu L’igiene dell’assassino, che parlava di omicidi e belle fanciulle dal nome sonoro (le due assassinate si chiamavano Adéle e Leopoldine, come le figlie di Victor Hugo). Quest’ultimo, Barbablù, uscito per Voland proprio in queste ultime settimane, segna un ideale ritorno alle origini: un lungo dialogo stralunato scandisce l’instaurarsi di un rapporto tra l’eccentrico Grande di Spagna don Elemirio Nibal y Milcar, che ha fatto sparire nel nulla tutte le sue precedenti coinquiline, e la sua nuova affittuaria Saturnine, irriverente venticinquenne belga.

Solo apparentemente scorrevole, questa è una Nothomb più complessa, filosofica e simbolica del solito, che ironizza con sapienza sulle tendenze commerciali contemporanee, costruendo un libro retto quasi integralmente dal dialogo tra i due protagonisti. Ne esce un romanzo affascinante e godibile, come sempre, ma a un gradino inferiore rispetto ai precedenti, perché stavolta qualche nota che stride nell’architettura solitamente perfetta del “meraviglioso” mondo di Amélie.
Recensione “Barbablù” di Amélie NothombAutore: Amélie Nothomb Titolo: Barbablù Editore: Voland Collana: Le Amazzoni Pagine: 103 Prezzo: € 14 
Data Pubblicazione: 16 febbraio 2013 Trama: Saturnine, giovane ragazza belga, cerca un alloggio a Parigi. Trova, per una cifra davvero modesta, un suntuoso appartamento da condividere con l'eccentrico proprietario, il Grande di Spagna don Elemirio Nibal y Milcar. Ma l'irriverente Saturnine non sa che otto donne prima di lei hanno abitato quella magnifica casa, che hanno indossato abiti dai colori meravigliosi creati dalle mani di don Elemirio, e che di loro nessuno ha più notizie. Un romanzo che rivendica il diritto ad avere dei segreti e che indaga i meccanismi dell'amore, il cannibalismo sentimentale e la doppiezza della natura umana.
RECENSIONE Questa eccentrica autrice, che seguo dagli esordi, ci ha abituati a procedere lungo i differenti – e sempre collegati - filoni del suo pensiero: così troviamo le storie psico-autobiografiche (Stupore e Tremori, Metafisica dei tubi, Sabotaggio d’amore, Né di Adamo né di Eva, Biografia della fame…), i racconti surreali di pura invenzione (Mercurio, Dizionario dei nomi propri, le Catilinarie, Causa di forza maggiore, Una forma di vita, Uccidere il padre…) e le storie di cannibalismo sentimentale (L’igiene dell’assassino, Anticrista, Attentato, Diario di rondine…), in cui anche Barbablù si iscrive.
Che la fame, sia essa intesa in qualunque senso, sia una delle tematiche d’elezione di Amélie è indubbioIn questo caso la storia è un pretesto per portare il lettore al centro delle dispute filosofiche tra la giovane Saturnine, dominata dalla fermezza e dal buon senso, ed Elemirio, un quarantenne aristocratico che non esce di casa da vent’anni e la cui unica compagnia sono le sue periodiche affittuarie, otto in tutto prima di Saturnine, che sono tutte scomparse in circostanze misteriose. La polemica programmatica contro la letteratura di consumo è evidente in questo passaggio, in cui la protagonista si augura che il mostro che sospetta celarsi dietro i modi affabili di Elemirio si riveli in realtà una creatura del bene:
Vorrei che lei non fosse un assassino. Sono di quell’idiozia che va di moda oggi. Recentemente, un best-seller mondiale ha sostenuto che esistessero vampiri gentili e innocenti. La gente ormai è contenta soltanto quando gli si dichiara che il male non esiste. Ma no, i cattivi non sono dei veri cattivi, il bene seduce anche loro. Che razza di cretini rimbambiti siamo diventati per berci e apprezzare queste teorie balorde?
Ma, naturalmente, il mondo di Amélie non può vantare vampiri "sberluccicosi": è un universo buio, popolato da orrore e male autentico, tanto quanto se ne cela anche in Saturnine, quando prende la sua decisione finale. Perciò, la struttura principale e portante del romanzo non fa una grinza, è tesa ed efficace come una tagliola: sono alcune sbavature di contorno a rompere la magia, a darci un vago sentore di finto che nel lavoro di una grande autrice non dovrebbero comparire.
Ad esempio, non si capisce il senso della presenza dell’amica Corinne, il cui ruolo non è abbastanza marginale da meritare l’etichetta di comparsa, ma neanche tanto pregnante da lasciar comprendere quale sia il suo apporto alla storia. Un’altra parentesi volante che nel libro non viene richiusa, è quella inerente il fatto che, contro ogni aspettativa, Saturnine finisce per innamorarsi di Elemirio: i suoi propositi rimangono gelidi e risoluti, senza tradire un’ombra di dubbio o risentimento.
Solitamente i romanzi della Nothomb sono delle strutture perfette in cui “tout se tient”, per dirla con Saussure, e il fatto che alcuni punti siano rimasti oscuri e fini a se stessi non convince fino in fondoIn ogni caso, un’interessante lettura che porta a riflessioni e congetture, e forse siamo caduti tutti nella trappola di Amélie, che risolve la situazione con un finale che lascia il lettore tragicamente inappagato. Recensione “Barbablù” di Amélie NothombL’AUTRICE Amélie Nothomb è una scrittrice belga di lingua francese. Figlia di diplomatici, è nata a Kobe, in Giappone, nel 1967. Nel 1992 viene pubblicato in Francia da Albin Michel il suo primo romanzo, Igiene dell’assassino, che diventa il caso letterario dell’anno: 100.000 copie vendute, due riduzioni teatrali, un film. Nelle edizioni tascabili lo stesso romanzo vende altre 125.000 copie. Da quel momento pubblica un romanzo all'anno, fedele alla stessa casa editrice, Albin Michel, come in Italia è fedele alla Voland. Il romanzo Stupore e tremori (Albin Michel 1999) ha venduto in Francia 400.000 copie. Tradotta in 15 lingue, ha ottenuto numerosissimi premi letterari tra cui il Grand Prix du roman de l’Académie Française e il Prix Internet du Livre per Stupore e tremori (da cui è stato tratto anche un film diretto da Alain Corneau), il Prix de Flore per Né di Eva né di Adamo e due volte il Prix du Jury Jean Giono per Le Catilinarie e Causa di forza maggiore. Sin dal suo primo romanzo Amélie Nothomb ha imposto uno stile: sguardo incisivo, spesso impietoso e crudele, umorismo fulmineo, storie originali che ruotano intorno a sentimenti eterni. Sito italiano autrice

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