Recensione: Black Ice, di Becca Fitzpatrick
Creato il 15 ottobre 2014 da Mik_94
L'amore è pericoloso. A volte mortale.
Titolo:
Black Ice
Autrice:
Becca Fitzpatrick
Editore:
Piemme
Numero
di pagine: 356
Prezzo:
€ 16,90
Sinossi:
Britt
si è preparata per più di un anno a un trekking sul Teton Range.
Quello a cui non era preparata, però, è scoprire che Calvin, il suo
ex ragazzo e unico grande amore, si unirà a lei. Prima che Britt
abbia tempo di esplorare i propri sentimenti, si scatena una
terribile tormenta che la obbliga a rifugiarsi in una baita sperduta.
Peccato che gli occupanti, entrambi giovani e molto affascinanti,
siano anche due fuggitivi decisi a prenderla in ostaggio. Britt sa
che la conoscenza dei sentieri e l'attrezzatura da trekking che ha
con sé rappresentano la sua assicurazione sulla vita, e che deve
solo resistere abbastanza a lungo perché Calvin la raggiunga,
eppure... In una disperata corsa contro il tempo e il freddo, Britt
scoprirà che sotto la neve si nascondono moltissimi segreti e che
forse il suo rapitore, la cui gentilezza è decisamente seducente,
non è quello che sembra.
La recensione
Due
protagoniste tra le più antipatiche della storia del mondo
conosciuto.
Una
tempesta di neve che le blocca sull'alto e pericoloso cucuzzolo della
montagna.
Una casa nel bosco che – botta di culo delle botte di
culo – è il covo di due rapinatori in fuga dalla polizia.
Una
storia d'amore, forse, meno credibile ancora del giallo che Black
Ice, primo e ultimo romanzo della nota Becca Fitzpatrick che
leggerò in questa vita, millanta di essere. Ingredienti scadenti, e
scossi con insicurezza in una di quelle sfere di cristallo in cui,
con un colpo della mano, vedi cadere la neve a fiocchi belli grossi.
La trama è macchinosa e inverosimile, i brividi neanche il freddo e
il gelo riescono a garantirteli, la svolta thriller –
prevedibilissima già a pagina cinquanta, sciolta, tra l'altro, in
maniera elementare – fa un baffo ai gialli televisivi che danno
sulla Rai. Questo, prima che il romanzo – nell'epilogo – passi
dalla neve al caldo della California, diventando con un bacio e una
palpatina di bacchetta magica una storiella tutta “sole, cuore,
amore”: un raffinato passaggio, quindi, schiacciando un tasto del
telecomando: un salto dalla Rai - qualcuno non aveva pagato il canone - a Mediaset. Avete presente quegli
imbarazzanti filmetti danesi, tedeschi o quello che sono, in onda su
Canale Cinque un po' nelle vacanze estive, un po' in quelle
invernali; insomma, in periodi in cui a casa non c'è nessuno per
sorbirseli per intero? Ecco. Becca Fitzpatrick, dillo che ti sei
ispirata a quelli. La voce narrante, quella di Britt, è monocorde e
irritante. Annoia, tanto da spingere il lettore a leggere soltanto i
dialoghi, ogni tanto, per evitarsi gli sbadigli che fa nascere il
resto. Una ragazzetta dal fare incomprensibile, che ha per migliore
amica una tipa snob, ignorante e meschina, che tollera probabilmente
solo per la casa in montagna in cui viene ospitata a scrocco durante
le feste e per il fratello maggiore, Cal, con cui ha avuto una mezza
storia – sfortuna per lei, finita troppo presto. Per farlo
ingelosire, ecco che Britt abborda un tipo tenebroso e gnocco dal
benzinaio, uno dei suoi futuri rapitori. Uno, ho detto uno: i
rapitori infatti sono due, e quella furbacchiona di Britt – a
distanza di venti pagine – desidererà limonarseli entrambi, perché
è una ragazza generosa, lei, e ha letto che stare avvinghiati tutti
nudi aiuta a riscaldarsi meglio, quando ci sono zero gradi sotto
zero. Non fa una piega.
Che la sindrome di Stoccolma (ma dove!) sia
per la protagonista sinonimo di zoccol... ehm, ninfomania? Mentre
fugge, mentre piange, mentre pensa che è fortunata perché poteva
capitargli un aguzzino brutto e pure con la panza e l'alitosi,
rievoca il suo ex ragazzo che spera, prima o poi, vada a salvarla.
Si dice che lo perdonerà, se quella storia andrà a buon fine:
Britt, sicuro che basti il tuo perdono? Sicuro che lui ti voglia
ancora con sé? Suspance, ebbene sì. Suspance ovunque. Sottoforma di
valanghe e cumuli di altissime stronzate. Ma, ehi, c'è anche un
colpo di scena; un twist finale, ma non proprio, che indovini già a
metà e ti porta a dire, saggiamente: ecco perché non tutti possono
scrivere gialli. Meglio tentare con l'agricoltura: ossia, andare a
zappare i campi. Scritto senza impegno e pensato senza cervello,
Black Ice ha il quoziente
intellettivo di Pretty Little Liars e
le ambientazioni selvagge di L'urlo dell'odio
e Misery. Un piattume
evitabile, di cui si ricordano – con una risata grassa – solo i
brutti nomi dei protagonisti: Calvin, Shaun, Korbie e, punta di
diamante, Caz. La mia frase preferita, in 350 pagine di romanzo è
stata: “Non te lo dico, Caz!”. La poesia. Una che si chiama Becca
ne sa qualcosa, immagino, di nomi che ti rovinano la vita per sempre. Nel lieto
fine, l'amato di Britt – e chi sceglierà mai la nostra eroina? Prossimamente, su Uomini
e donne. – affermerà,
romantico: “Mi è venuta un'idea geniale. Andiamo a passeggiare
sulla spiaggia e parliamo di cose stupide, senza importanza”. Come
se non avessero già dato voce a cose stupide e senza importanza
nelle trecento pagine precedenti: il colmo. Se volete leggere un
thriller dalle sfumature romantiche sul tema, vi consiglio piuttosto Fragili
e Preziose. Il romanzo, troppo pudico ed edulcorato per essere allegramente trash, è un Polaretto che si
scioglie e lascia una traccia appiccicosa e colorata in mano: vomito d'unicorno. Ma una
spruzzata di sapone, e si scorda con facilità estrema. Di Black Ice lascerei scrivere ad Antonio Conte la fascetta
promozionale. Da sotto il suo parrucchino sintetico d'opossum,
griderebbe il suo mantra eterno e, ogni santa volta, perfettamente adatto: agghiacciande!
Il
mio voto: ★½
Il
mio consiglio musicale: La siglia dei "Polaretti" può andare?
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