Al sesto appuntamento con la Riley Jenson Guardian Series sembra quasi di essere in un’altra serie rispetto a quel primo libro che aveva spiazzato i lettori italiani con l’inserimento nell’intreccio urban fantasy di abbondante e spesso gratuita presenza di sesso esplicito, che li aveva separati in scandalizzati/disinteressati (che lo stroncarono e abbandonarono la lettura dei seguiti) e in piacevolmente stupiti (che rimasero affascinati dalla scoperta di un genere ancora davvero poco noto). Full Moon Rising (Black Moon. L’alba del vampiro) fu infatti uno dei primi urban fantasy per adulti a giungere in Italia, o quanto meno a crearsi uno spazio rilevante nel mercato. La serie si è trasformata lungo il corso dei romanzi, evolvendo in meglio per certi aspetti e rimanendo invece purtroppo stabilmente mediocre per altri. Il miglioramento è avvenuto in modo abbastanza netto, pur con una certa preparazione nel capitolo precedente, nel quinto libro Embraced by Darkness (Black Moon. L’abbraccio della notte) dove, con una brusca svolta, la Arthur cambiava tono, direzione e fini della saga relegando il sesso da protagonista indiscusso e ingiustificato a mero sfondo (ma mai assente!) e conducendo la protagonista Riley ad una notevole crescita personale e affettiva che le aveva permesso di ordinare in una più equilibrata scala le sue priorità.
Se inizialmente infatti poteva essere considerata interessante, o quanto meno curiosa, l'idea di "legittimare" la costante presenza di sesso con l'assoluto e insopprimibile bisogno insito nella specie dei mannari (idea che in qualche modo sollevava il velo della morale dall'atto stesso -il sesso è un bisogno indiscutibile- e faceva della protagonista una splendida e disinibita rappresentante della propria specie invece che una facile e amorale bella donna), dopo alcuni libri l’escamotage del sesso ovunque, con chiunque e in qualunque momento, a base delle indagini, a base di ogni tipo di relazione, non poteva che risultare svilente e perdere persino di sensualità a causa della ripetitività. Non che nell’ultimo libro il sesso manchi! Fa sorridere infatti per quanto risulta vera e simile a quel che ci si è ripetuti chissà quante volte leggendo questi libri, la frase di Riley che corona questo dialogo circa il bakeneko, la creatura che sta mietendo vittime per Melbourne:
<<Di solito fanno sesso con e loro vittime?>> <<Ho sentito solo uno o due casi del genere, quando il gatto era in calore>>. Figuriamoci se non ci capitava l’esemplare libidinoso.
Ma a parte i continui ammiccamenti al sesso nella trama investigativa e l’attrazione che i suoi ormoni le fan provare per quasi ogni esemplare maschile incontrato, Riley è davvero maturata sentimentalmente e finalmente in questo sesto capitolo capisce di aver più bisogno dell’amore che non della passione:
I miei ormoni soffrivano per la mancanza di attenzioni, ma il mio cuore voleva di più. E, ora come ora, il mio cuore aveva più potere dei miei ormoni.
e accetta la verità di possedere due anime, quella di vampiro e quella di lupo, che hanno ciascuna la propria anima gemella. E questo significa che diventa capace di accogliere Quinn nella sua vita, nonostante le difficoltà, nonostante il male che i due si sono già fatti, nonostante la ricerca dell’anima gemella della sua natura di lupo.
<<Mi ha chiesto se un essere con due anime può avere un’unica anima gemella>>. Comprensione, e forse un barlume di gioia, ravvivarono l’ebano dei suoi occhi. <<Hai mai trovato la risposta?>> <<No>>, risposi abbozzando un sorriso. <<[…] Ma l’idea su cui Dia voleva farmi riflettere è la stessa che sostenevi tu – io non sono soltanto un lupo. Sono anche in parte vampiro. È assolutamente possibile che le due metà della mia anima abbiano aspettative ed esigenze diverse.>> <<Assolutamente possibile>>, concordò con voce grave, ma con una luce di desiderio misto a sollievo negli occhi. <<E un vampiro un po’ meno elegante sarebbe tentato di esclamare: “Te l’avevo detto!”>>. Scoppia a ridere e gli tirai una fragola.
Il ritorno di Quinn nella serie e nella vita di Riley, dopo il triste commiato nel quarto libro e la sua totale assenza nel quinto, è certamente il punto forte di The darkest Kiss. Riley e Quinn forse non hanno la forza di incantare, far sognare ed emozionare come altre coppie del panorama urban fantasy adult e young adult (Cat e Bones, Bella e Zsadist, Rose e Dimitri, Claire e Jace*), o forse l’avrebbero avuta se la loro creatrice non avesse scelto per loro un’altra strada, più tortuosa e meno appagante per il lettore, però in questo reincontro hanno saputo creare magia (e soprattutto nuove aspettative per il loro destino) e rinnovare la loro incredibile alchimia dal punto di visto narrativo.
Quinn è parte, una parte importante e decisiva, del successo della serie. È un personaggio straordinariamente riuscito, capace di conquistare con poche frasi e con la sola presenza sulla pagina e talmente forte da non perdere consensi nemmeno con le decise connotazioni maschiliste e antiquate che gli affibbia l’autrice prima di allontanarlo dalla serie per un intero libro. Il peso della sua mancanza in tale capitolo gravava al punto da oscurare persino l’interessante intrecciarsi della doppia indagine e la crescita affettiva e personale di Riley accanto al lupo Kellen, e facendo perdere di mordente all’intero libro. Ma ancor più si può cogliere quanto sia pesata la sua assenza leggendo le pagine in cui in questo libro torna a illuminare la scena con il suo carisma e la sua personalità magnetica, perché è come se gettasse un incantesimo che fa vivere al lettore esattamente quel che vive Riley, in un misto di nostalgia, aspettativa, eccitazione!
Il mio sguardo incrociò quello di Quinn e tutto il resto – tutti gli altri – scomparvero. Eravamo solo io e lui dentro i confini scintillanti di quella sala, carichi di un incredibile senso di consapevolezza che bruciava fra noi come un incendio nella boscaglia. Una consapevolezza che c’era stata fin dall’inizio, e la lontananza non aveva placato quel fuoco. L’aveva solo reso più intenso.Ad andare in controtendenza a questo miglioramento nella serie è invece l’intreccio investigativo, che pur divenendo sempre più centrale nella storia e sempre più complesso, non riesce a perdere completamente quelli che sono stati sin dal primo libro i suoi limiti. Innanzitutto, dopo delle premesse accattivanti capaci di incuriosire, una tendenza ad allentare a tratti le proprie maglie, perdendo così di mordente; in secondo luogo una nebulosità di fondo che scoraggia anche il lettore meglio disposto a tentare di rintracciare nessi e connessi, cause e conseguenze una volta giunto a metà libro.
Un esempio su tutti credo possa essere quello che compare proprio in questo sesto capitolo, quando improvvisamente compare nella seconda indagine lo stesso nome che già aveva un ruolo centrale in quella principale: non solo l’incredibile rivelazione che crea un nesso tra le due indagini non viene sottolineata, ma pure viene fatta un’incredibile gaffe narrativa quando a pagina 162 ci si preoccupa che questa Cherry Barnes possa essere la prossima vittima del vampiro invisibile, quando invece alla pagina 149 era già stato chiaramente affermato che era stato ritrovato il suo corpo e che lei era stata uccisa tre settimane prima.
In definitiva, un libro che in qualche modo si distanzia dai precedenti in una evidente tendenza migliorativa, anche se non decisiva per promuovere la serie a un livello qualitativo superiore, ma che promette davvero bene per un’ulteriore evoluzione nei seguiti.
*in ordine di citazione: Night Huntress Series di Jeaniene Frost Black Dagger Brotherhood Series di J.R. Ward Vampire Academy Series di Richelle Mead Mortal Instruments Series di Cassandra Clare