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Ricordo di aver visto il primo film della figlia di Lynch, Jennifer, lo stranissimo Boxing Helena, una pellicola che colpì molto la mia mente da 16enne e di cui, mi dispiace, non saprei dire e ricordare altro se non che c'era la meravigliosa Audrey dello straordinario Twin Peaks, insomma, un'attrice che si sono passata tra padre e figlia.
Strana la vita perchè esattamente 20 anni dopo, e 20 anni non sono pochi, mi vedo quasi per caso il secondo film della figlia d'arte (anche se in mezzoo ne ha messi altri due, forse uno pure buono), questo Chained, una sorta di ibrido tra drammatico, thriller e drammatico, anche se paradossalmente il genere più appropriato è il racconto di formazione.
Sorpresa.
Insomma, niente di straordinario ma siamo comunque davanti a un film complesso, anche un filino coraggioso, moderatamente intelligente e parzialmente lynchiano, ca va sans dire.
Forse punta anche in alto, forse troppo.
Quello che sorprende è che pur non essendo originalissimo mischia più topoi del genere tra di loro, quello del serial killer, quello del rapito tenuto nascosto per anni (comportamento di solito vero e proprio opposto rispetto al modus operandi dei serial killer), quello dell'educazione e di un coatto coming in age, quello della pazzia e altro ancora. In realtà il film non è affatto un pastrocchio, anzi, funziona abbastanza.
La Lynch ci sa fare, descrive gli interni in modo mirabile, ha senso del racconto senza strafare, sa centellinare i momenti psicologicamente più importanti.
Forse il rischio più grande se lo prende con il clichè (anche se più che clichè è uno studio più che confermato) degli abusi infantili avuti dal serial killer nell'infanzia (killer interpretato da Vincent D'Onofrio, chi si rivede, il Palla di Lardo di quel filmetto che risponde al nome di Full Metal Jacket...).
Anche se la Lynch usa questi ricordi non tanto per giustificare le gesta dell'assassino ma più che altro per trasferirle nel processo educativo che lo stesso farà con il bambino (poi ragazzo) rapito da piccolo e cresciuto con lui.
Bravi gli attori, molto riuscita, sia cinematograficamente che psicologicamente la scena più bella, quella della scoperta del corpo femminile da parte del giovane.
Ed è interessante come da una prevedibile Sindrome di Stoccolma si passi poi alla ribellione.
Ma è forse proprio nel finale che la Lynch esagera.
Il colpo di scena giunge veramente inaspettato come pochi ma oltre alll'effetto sorpresa non sembra regalare niente al film, anzi, forse se ne poteva fare a meno.
E misteriosa è l'ultima sequenza e i rumori sottofondo che si sentono sui titoli di coda.
spoiler---------
E' quasi impossibile che il giovane ricalchi le orme del "padre" killer.
Non è possibile per plot perchè la ragazza gioco forza farà scoprire il luogo delle mattanze e non solo verrà fuori tutto quello che è successo in quella casa, ma anche il ragazzo non credo possa scomparire.
Non è possibile psicologicamente perchè il ragazzo ha dimostrato in più di una scena (quella con lei, l'omicidio di lui e la sequenza con il padre) che sa benissimo dove sta bene e dove il male.
Semplicemente il ragazzo non ha dove andare e anche se in un modo abietto e coatto, riconosce solo quella come casa propria.
Buon film.
( voto 7 )
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