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Recensione "Crampton Hodnet" di Barbara Pym

Creato il 09 maggio 2012 da Alessandraz @RedazioneDiario

Recensione "Crampton Hodnet" di Barbara Pym

Pubblicato da Giulia Marengo
«Mi sono innamorato», disse con imponente sincerità. «Oh, capisco». La signorina Morrow fece fatica a non far trapelare la propria delusione. In un certo senso si era aspettata qualcosa di meno ordinario. Tuttavia bisognava essere comprensivi e ricordare che innamorarsi non è mai una cosa ordinaria per le persone che ci si abbandonano. Anzi, forse era proprio l'unica cosa che succedeva tutti i giorni nel mondo e rimaneva ancora straordinariamente unica. 
Ingredienti: un'ambientazione dai toni seppiati, seminascosta da fronde ingorde di araucaria, tanti tè delle cinque, una spolverata di amore platonico, e una sensata dose di pragmatismo, rigorosamente localizzato e unidirezionale. Mescolare gli ingredienti e aggiungere: una dama di compagnia che il cui punto di forza è una mente affilata; un curato che crede di sapere con esattezza cosa vuole dalla vita; un'insopportabile vecchia tiranna; un professore un po' svagato, con una moglie troppo concreta per abbandonarsi a voli pindarici; una fanciulla innamorata dell'amore, e un'altra che pensa che la passione debba limitarsi alla lettura dei versi di John Donne. Infornare per ottenere una deliziosa immersione nel microcosmo britannico di una Oxford anni Trenta
Titolo: Crampton Hodnet Autore: Barbara Pym Casa editrice: Astoria Pagine: 249 Prezzo: Euro 16,00 Anno di pubblicazione: 2011 Trama: Oxford, anni trenta. La signorina Doggett, un’insopportabile vecchia signora, riempie la propria esistenza organizzando tè e criticando la moralità altrui. La sua dama di compagnia, Jessie Morrow, una trentenne gentile, intelligente e spiritosa che sa di essere considerata socialmente “priva di valore” per via della sua età e della sua posizione, osserva con ben celata ironia ciò che avviene attorno a lei. Francis Cleveland, professore di mezz’età e nipote della signorina Doggett, pensa di essere stufo della vita matrimoniale. Sua figlia, la bella Anthea, attende affannosamente l’amore romantico, da qualsiasi parte provenga. In queste esistenze, relativamente placide, entrano tre individui: il signor Latimer, un giovane curato di bell’aspetto che va a pensione presso la signorina Doggett; Barbara Bird, una studentessa per la quale l’amore è affascinante solo nella sua versione platonica; e Simon Beddoes, l’azzimato figlio di un diplomatico che comincia a corteggiare Anthea, suscitando nella vecchia prozia sogni di fastosi matrimoni. Commedia degli equivoci, delle bugie e dei fraintendimenti che così spesso dominano i rapporti umani. A partire dal titolo: un nome inventato di un posto inventato, destinato a coprire una bugia.
RECENSIONE L'habitat oxoniense dipinto da Barbara Pym ricorda un acquerello di Turner. Discreto, a tutta prima, moderato nei toni e nell'ovatta del suo aplomb così deliziosamente britannico. Ma mano a mano che lo si osserva con attenzione, emerge la maestria con cui l'autrice ha applicato le pennellate della sua storia. Il volume si apre nella casa vagamente claustrofobica della signorina Doggett, dispotico donnone che veleggia verso l'anzianità con la delicatezza di una nave corazzata. Più di ogni altra cosa ama impicciarsi dei fatti altrui – sulla base della sua autodefinita, impeccabile autorità – e giudicare con assai scarsa pietà l'operato dei concittadini. Grazie al cielo, potrebbe pensare il lettore, per la signorina Morrow, dama di compagnia, una donna diafana, modesta, ma dotata di una brillante intelligenza. Vessata dalla Doggett al minimo pretesto, risulta l'unico personaggio della schiera presentata dalla Pym a vedere oltre le apparenze con un acume affilato e un senso dell'umorismo vivace. Vive nell'ombra proiettata dalla sua imponente matrona e si limita a ponderare con grazia il carosello che si svolge intorno a lei. Come lei stessa giunge a rilevare, “una dama di compagnia la si considera un po' come un pezzo di arredamento. Non è davvero una persona”. Quale ruolo migliore, quindi, di quello dell'osservatrice, in prima fila mentre tutto intorno a lei la piccola, bigotta borghesia della città universitaria attraversa scandali opachi e crisi di identità? 

E quando la signorina Morrow, in un afflato di giovinezza stantia, morde il freno e tenta di elevarsi al di sopra del suo ruolo di spettatrice, osando abiti color pastello e conversazioni solitarie con gli uomini – oh là là - , la realtà la raggiunge in fretta, e la riavvolge nella sua coltre anonima di feltro grigio. E' il curato Latimer, che soggiorna a casa della Doggett, che, quasi per caso, finisce per vedere la signorina Morrow sotto una luce appena un po' diversa. E' giunto Oxford per sfuggire a improbabili, reiterate avance di tutte le donne che attraversano il suo cammino, ma la povera signorina Morrow, in fondo, non è proprio una donna. Il curato “guardava a lei allo stesso modo in cui un uomo potrebbe guardare a una comoda sedia presso il camino, sulla quale potesse sedersi in pantofole e con la pipa in bocca”. Insomma, niente a che vedere con una minaccia. E quindi, perché non domandare, di punto in bianco, la sua mano? Mano che la Morrow gli sottrae con delicatezza. Una dama di compagnia, in fin dei conti, non è tagliata per il matrimonio. 
Ben diversamente la pensa la bella Anthea, nipote della signora Doggett, che si trastulla in un'altalena di speranze e di delusioni amorose, alla ricerca del giovanotto perfetto. Salvo scoprire che, anche se variano i nomi, alla fin fine l'uno vale l'altro. Anche suo padre, il professor Cleveland, inciampa, con sua somma sorpresa, in qualcosa che rammenta da vicino l'amore. E non per la moglie Margaret, che lo considera alla stregua di un comò ed è una donna troppo concreta per ritenere il matrimonio qualcosa di più di una consolidata abitudine. Cleveland cade preda dei passionali occhi scuri di Barbara Bird, la sua studentessa preferita. Peccato che Barbara, di passionale, abbia solo lo sguardo. Per lei l'amore è poesia, e lunghe passeggiate ammirando i fiori del giardino botanico. Una visione infantile e artefatta dell'amore platonico, che è destinata a scontrarsi con le idee ben più pragmatiche – benché delicate – di un impacciatissimo professor Cleveland. 
Bugie bianche si intrecciano e si accavallano dando vita a fraintendimenti velati dalle esigenze perbeniste della società degli anni Trenta. A partire dal titolo. Perché Crampton Hodnet dovrebbe essere una località dove il signor Latimer si è recato a trovare un collega, mancando così di assistere alla messa pomeridiana. Peccato che la favoleggiata, ridente Crampton Hodnet non esista. Quel pomeriggio, il curato era impegnato in una improvvisata, scandalosa, pubblica passeggiata con la signorina Morrow. Una colpa tutta da nascondere, in un ambiente dove il sogno da rincorrere è quello della rispettabilità. E magari il comfort di una casa in Belgrave Square.
La penna di Barbara Pym è così delicata da ottenere l'effetto di una piacevolissima incisione chirurgica. Ironico e molto godibile, “Crampton Hodnet” mette in evidenza una spassosa parata dei difetti della società inglese. Crampton Hodnet scivola giù come un sorso di Earl Gray. Consigliato. 

L'AUTRICE Raramente a una scrittrice è capitato di essere considerata “fuori moda” in vita per poi essere riscoperta, sempre in vita, come un classico: è quello che è successo a Barbara Pym, laureata a Oxford, che inizia a pubblicare nel 1950 suscitando stima e simpatia da parte del pubblico e della critica. Ma nel 1963 il suo editore dichiara che non c’è più un pubblico per i suoi libri, e l’autrice li vede andare fuori commercio uno dopo l’altro. Nel 1977, il “Times Literary Supplement” fa un’inchiesta sugli scrittori più sottovalutati del secolo e due autori di fama indicano il nome di Barbara Pym. In poco tempo, vengono ristampati i suoi vecchi libri, che diventano bestseller e sono tradotti in moltissimi paesi stranieri, ed escono tre nuovi romanzi. Dopo la morte ne vengono pubblicati altri tre, tra cui "Crampton Hodnet".

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