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Recensione "Dark Shadows" di Tim Burton

Creato il 04 giugno 2012 da Alessandraz @RedazioneDiario

Recensione "Dark Shadows" di Tim Burton

Pubblicato da Elena Bigoni Cari lettori, 
finalmente eccoci qua a recensire il film dell’eclettico regista Tim BurtonDark Shadows è un film che ha incuriosito tutti i fan, e non solo, molto prima dell’uscita l’11 maggio. Un film su cui c’erano molte aspettative non solo per le scelta di riproporre il tema Vampiri, ma soprattutto perché a girarlo era proprio Tim Burton che da anni ha perso quella fulgida aura di genialità che l’ha contraddistinto sin dai suoi esordi. Come sarà andata? 
Recensione Titolo : Dark shadows 
Regista: Tim Burton 
Sceneggiatura: Seth Grahame Smith 
Casa di distribuzione: Warner Bros. 
Genere: Commedia, Fantasy, Horror 
Durata: 113 minuti 
Data di uscita nei cinema: 11 maggio 2012 
Cast : Johnny Deep, Michelle Pfeiffer, Eva Green, Helen Bonham Carter, Bella Heathcote
Trama Siamo alla fine del 1700 e Barnabas, uomo potentissimo e vero dongiovanni, commette l'errore di sedurre e spezzare il cuore della donna sbagliata. Costei è infatti una strega nel vero senso del termine e decide di trasformare Barnabas in un vampiro. Sepolto vivo dalla temibile strega, Barnabas si risveglia per caso nel 1972 e decide di tornare a casa sua. Ma le cose sono molto cambiate, la dimora è ormai in rovina e la famiglia di Barnabas è piena di problemi. Riuscirà il vampiro a risistemare le cose? 
RECENSIONE Lo ammetto, quando ho visto questo film avevo alcune aspettative; non perché il film fosse di Tim Burton, ma perché trovavo la storia intrigante, potenzialmente affascinante e molto ironica. L’idea di un vampiro che si risveglia nella modernità — e, nello specifico, negli anni Settanta — è di per sé divertente e ricca di possibilità ma, ahimè, non sono stata accontenta del tutto, anzi. Devo dire che finita la visione mi è presa una sorta di delusione che mi ha fatto esclamare “Perché Tim ti sei rovinato così?”. 
Certo, in giro ci sono pellicole ben peggiori di Dark Shadows — che risulta fondamentalmente gradevole —, ma manca di quell’appeal che mi sarei aspettata da un’opera con quel potenziale in mano a un regista creativo come Tim Burton. Al termine della visione, si ha la sensazione che il regista sia stato per tutto il tempo così impegnato a gestire la parte estetica-visiva del film da dimenticarsi trama e sceneggiatura da qualche altra parte. 
Recensione Gli stessi attori risultano vere e proprie macchiette ingessate nei loro ruoli. I loro personaggi appaiono statici e privi di personalità. Una serie di tic e posture che, a lungo andare, annoiano e mancano di forza espressiva. La trama riprende un serial televisivo degli anni Settanta che giocava con gli stereotipi, le mode e la società dell’epoca. Nella pellicola questo elemento risulta poco caratterizzato, relegato a poche scene che non riescono a rendere la psicadelia dei quegli anni. Se vi aspettate un film il cui svolgimento è incentrato sui tentativi di un vampiro di adattarsi ai ritmi e alla vita di una famiglia — un po’ strana — che vive negli anni ’70 be’, vi prenderete una bella cantonata; perché il regista liquida il passaggio dal Settecento al Novecento in poche semplici e banali scene, incentrandosi soprattutto sul travagliato fardello di amori, passioni e vendette del protagonista Barnabas Collins.


Tim Burton gioca con stili, generi e registri narrativi diversi — spiccano l’horror, commedia, soap opera — ma alla fine ne esce una storia che non convince fino in fondo. Risulta infatti superficiale dal punto di vista espressivo e visivo, e molto monotona dal punto di vista narrativo. La sceneggiatura non è stata di certo di aiuto: lenta, tediosa, ridondante e ripetitiva, non ha creato reali situazioni ironiche o umoristiche che di solito sono un marchio di fabbrica burtoniano. Molto spesso si è lasciata andare a lunghi dialoghi che risultano banali; dai concetti triti e ritriti, riproposti di continuo e inutilmente. La scelta del regista di proporre un vampiro più attinente all’immaginario classico appare azzeccata — niente sbriluccichi strani e il sangue, per una volta, è umano al 100%. È stato impossibile non accorgersi del riferimento al Nosferatu di Murnau, ma rimane comunque un riferimento puramente visivo più che effettivo. 
Il cast certamente eccellente — un personale Plauso a Eva Green —, non sembra riuscire a tenere il ritmo della narrazione e spesso appare più uno sfondo alle immagini che elementi caratterizzanti; ognuno di essi si è fatto carico di personaggi estremamente particolari ma nessun attore è sembrato realmente nella parte. 
Appaiono più interessati, ai piccoli dettagli, posture ed espressioni che ad una reale intenzione di esprimere qualcosa. Rimangono, quindi, piatti e monocordi non riuscendo nemmeno a giocare sull’originalità e le particolarità che li contraddistinguono. 
Johnny Deep sembra ormai sempre uguale a se stesso, bloccato nei personaggi interpretati nel passato. Michelle Pfeiffer, che appare decisamente in forma nel ruolo inusuale di Elisabeth Collins, si perde pian piano durante il corso della narrazione, risultando poco incisiva e priva di spessore. 
Di sicuro impatto le atmosfere create e volute da Tim Burton. Ritroviamo in esse i riverberi di molte passate produzioni. Quel mix di gotico/ dark è decisamente piacevole; la cura dei dettagli quasi maniacale e di forte impatto — specialmente all’inizio del film — fanno presagire grandi cose, sfortunatamente disattese man mano che la narrazione si protrae durante il film. Un film che potrebbe apparire gradevole, ma di sicuro non uno dei migliori film di Burton. Anzi — a mio personale parere — è forse tra i peggiori, non per intenti ma di sicuro per risultati finali. Sono lontani ormai i tempi di pellicole in grado di stregarci, divertirci, commuoverci, spaventarci come Big Fish, Il mistero di Sleepy Hollow, Beetlejuice, Mars Attacks e Edward mani di forbice.

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