DI DANIELA MEROLA
È arrivato mercoledì scorso nelle sale italiane Il venditore di medicine per la regia di Antonio Morabito, autore anche del soggetto. Un film accompagnato da polemiche e impedimenti, un racconto spietato sulle case farmaceutiche e su quello che sono capaci di fare ai fini di lucro, un film di sotterfugi e inganni tristemente attuale.Un’opera prima coraggiosa per Morabito che nasce dalla coproduzione italo-svizzera di Amedeo Pagani e Elena Pedrazzoli che hanno fortemente creduto nel soggetto del film. Il regista si è molto documentato sul mondo dei farmaci, ha parlato con informatori farmaceutici prima di girare il film che non è mai caduto nell’inchiesta né nel documentario.
La sceneggiatura è assolutamente meticolosa grazie alla collaborazione del regista con Michele Pellegrini e Amedeo Pagani, una sceneggiatura corposa ed intensa che non cade mai nel pietismo e nella commiserazione. Il film ha incontrato parecchie difficoltà di produzione e di location, è stato accusato di mettere in cattiva luce il rapporto medico-paziente, ma tutto il cast ha resistito e difeso il tema del film mantenendo lucidità e tensione.
Il tema del “comparaggio” è una triste pratica per cui taluni medici, farmacisti e operatori sanitari accettano denaro e donazioni varie da società farmaceutiche in cambio della prescrizione dei loro farmaci. Una pratica definita “normale” dall’ambiente sanitario ma è invece una pratica criminale mirata a danneggiare il paziente. Bruno Donati (Claudio Santamaria) è l’informatore medico della casa farmaceutica Zafer che piazza i farmaci senza badare alle conseguenze anche perché la sua capo-area (Isabella Ferrari) lo tiene sempre sul filo del licenziamento se non vende i farmaci. Una trama serrata e cruda che mette in evidenza la solitudine del protagonista, ormai senza più remore morali quando arriva ad impedire alla moglie di avere un figlio e impone a un oncologo di adottare un metodo chemioterapico ormai superato.
Un film con una tensione crescente e disumanità che non lascia scampo a nessuno, un atto d’accusa senza speranza, un film di certo non buonista anzi giustamente crudo ma necessario sulla malasanità.
Daniela Merola