12 Flares 12 Flares × Il colore del latteNell Leyshon
Pubblicato daCorbaccio
Data pubblicazione in Italia:
Formato:
Collana:Narratori Corbaccio
Genere:Romanzo Storico
Pagine:
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La trama:
1830- m.a.r.y., una contadina sedicenne che parla sempre a cuore aperto, si sveglia quando fa luce, si corica quando è buio, mangia quando lo stomaco brontola, non sta mai con le mani in mano in fattoria e nonostante tutto qualche volta si deve ricordare, di essere triste per qualche cosa, altrimenti ricomincia a sentirsi felice e a ridere. Così fintanto che non si trasferisce dal parroco Mr. Graham per accudirgli alla moglie malata. Questo è il resoconto dell’anno trascorso in canonica.
“Dire addio a un libro è come salutare per sempre un amico che parte”. Non so, dove l’ho sentito dire ma per Il colore del latte ci sta molto bene e il commiato, lo do a malincuore oltre che al book anche a Mary, la protagonista. Nell Leyshon ne è l’autrice. Pluripremiata sceneggiatrice di opere radiofoniche e teatrali, è al suo primo romanzo commissionatole dal celeberrimo Globe Theatre di Londra, il teatro di Shakespeare fondato nel 1599, ma se prosegue così direi che i prossimi saranno una garanzia. Non è retorica, ma l’ho divorato in poche ore e nonostante tutto mi ha lasciato un senso di vuoto. Vuoi per il tipo di prosa particolare, senza maiuscole, frasi brevi, incalzanti, semplici perché di proposito come buttate giù da un’umile contadinella inglese (sarebbe interessante leggerlo in lingua originale, per chi ne ha le capacità) che per la prima e ahimè ultima scrive sotto forma di diario, un anno di vita –primavera 1830/1831- vuoi per la suspense fino alla fine o per la simpatia e tenerezza che questa Mary mi ha infuso, come fosse in carne ed ossa, oppure vuoi, e concludo, per l’ottima struttura, mi ha colpito nel segno, dritto dritto nello stomaco e vi rimarrà penso a lungo.
Suddiviso Il colore del latte in cinque capitoli con all’inizio menzionata la stagione in cui si sono svolti i fatti, l’io narrante, con un filo di voce, è proprio la protagonista della storia e quasi come un romanzo verista la costruzione grammaticale delle frasi è errata (lei è un’analfabeta dell’Ottocento che sta appena iniziando a leggere) e dà quel tocco di coinvolgimento emotivo in più alla storia. Già, una povera ragazzina che avrebbe avuto soltanto bisogno di un po’ di gentilezza, storpia dalla nascita, non ha mai conosciuto l’amore se non a piccole dosi dal nonno, è pur tenace, sincera, perspicace, sveglia, fin troppo schietta e soprattutto allegra. Ma come dice sua madre la felicitò non ha mai portato niente di buono e purtroppo seppur cruda ma è la realtà. Sicuramente poi in campagna a quei tempi, in una famiglia con cinque femmine comprese la madre, il padre la fa da padrone e ordina a suo piacimento imponendo i suoi veti anche con la violenza. Educazione con punizioni corporali non hanno modificato il carattere di Mary, ma è dovuta sottostare alle volontà della famiglia e quando, tutto sommato sembrava che il cambiamento potesse funzionare, la vita con il suo destino e soprattutto con la cattiveria d’animo degli uomini ci ha messo lo zampino e non poteva che finire … non svelo ma la volontà di imparare ad ogni costo e il sentirsi liberi può costare tanto.
Concludo in allegria per togliermi un po’ di magone col Liga “ Questa è la mia vita … sono sempre io che pago, non è mai successo, che pagassero per me “ e… nessuno l’ha fatto neppure stavolta, neanche per l’affabile Mary.
Zarania