a cura di Maria Rizzi
"Soltanto una vita" , il romanzo di Ninnj di Stefano Busà, pubblicato dalle
Edizioni Kairòs., mostra la capacità di una poetessa tra le più rappresentative del nostro secolo, di cimentarsi in narrativa con la stessa forza dirompente e con la capacità superba di distillare linfa dal lirismo per arricchire il suo testo di nerbo narrativo. Le prime pagine rappresentano già l'annuncio della vulcanica capacità espressiva dell'Autrice. Ci si trova, infatti, di fronte alla descrizione > paesaggistica delle conseguenze di un nubifragio nella Tierra del Fuego, all'estremità meridionale del continente americano, tra lo stretto di Magellano e Capo Hoorn.L'ambientazione sembra predittiva. E' una sorta di introduzione ai naufragi esistenziali dei protagonisti, Julie Lopez e George Martinez, e degli altri personaggi. La storia narrata si potrebbe definire con termine riduttivo 'la saga di una famiglia', anche se include elementi non caratteristici di questo genere di narrazione. Il libro nella sua interezza è un 'unicum', il mélange di più storie, di dolori laceranti, di esperienze distruttive, che mettono in risalto, quanto gli uomini, come gli elementi della natura sono esposti alle intemperie dell'esistenza. Ma l'aspetto che coinvolge, trascina e incanta è quello salvifico. La Busà non consente alle sventure di prendere il sopravvento sulla lenta resurrezione.
Non conosco di persona l'Autrice, ma ho letto l'Opera con la netta sensazione che Ella abbia proiettato, come è naturale che accada, la propria determinazione, la propria indole volitiva sulle vicende dei suoi personaggi. Ha descritto con rara maestria, con voce appassionata, dal respiro inarrestabile le lacerazioni subite da Julie e da George, ma è riuscita a penetrare nel cuore delle storie senza indietreggiare un momento, lasciando intravedere l'esigenza, il desiderio e la possibilità del riscatto.
L'aspetto epico del romanzo è innegabile. E non solo nelle descrizioni della natura, anche nello scavo interiore condotto sulle anime dei personaggi, sulla capacità di affrescarli con poche, magnifiche pennellate, rendendoli 'vivi' e vicini. E tale aspetto diviene innovativo, nelle disamine sui sentimenti. L'autrice sviscera gli stati d'animo e dà esempio di fisica vitalità verbale. Gli scenari che fanno da sfondo al succedersi degli eventi evocano una Artista 'cesareo' di ogni tendenza inflazionata. La Busà, infatti, sovverte molte regole. Gli entusiasmi celebrativi vengono sostituiti da profonde riflessioni sulla vanità della vita, sulla stanchezza, sulla malinconia, ma al tempo stesso il 'mal di vivere' sottende l'energia per reagire, per dare una scossa allo status quo.
Abbiamo "soltanto una vita" e... nel titolo è riposto il segreto di questo romanzo lavorato, intarsiato di similitudini, di allegorie, che dopo lungo exursus narrativo, si sofferma sui sogni. Sulla necessità di andare loro incontro. I sogni hanno bisogno di sapere che siamo coraggiosi... Nessuna demagogia nell'esigenza di ricorrere ai sogni, anzi... la volontà di contrastare un'epoca, un modus vivendi , che ci porta lontano da ogni illusione e che ci spinge a immaginare popolosi scenari per il nostri futuri.
La desublimazione della prima parte dell''Opera non va interpretata, quindi, come nichilismo.
La Busà, nel suo stile sovrabbondante, ci dona varietà d'ispirazione, coinvolgimento passionale autentico, splendore opimo e purissimo. Un'Opera della quale non desidero rivelare gli sviluppi per lasciare ai lettori la gioia di leggerla e di assaporare in magico surplace come la sottoscritta, in uno stato simile al ritorno dalla avventura della vita.