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Recensione "Due di Briscola" di Franco Legni
Creato il 05 novembre 2011 da Alessandraz @RedazioneDiariose siete dotati non solo di un grande senso dell’umorismo ma anche di parecchia apertura mentale e “disinvoltura” questo è il libro che fa’ per voi: dissacratorio ed esilarante (molto dissacratorio, lo scoprirete già dalla trama), vernacolare e soprattutto geniale.
Titolo: Due di briscola
Autore: Franco Legni Editore: Curiosando Pagine: 215 Prezzo: 10 € Trama: Un giovane avvocato dedito alle droghe ed alla masturbazione, una spogliarellista nana, un veggente livornese, una matricida, un trafficante di colore, uno zingaro psicopatico, una prostituta russa, un palazzinaro pistoiese, un trio di spacciatori, un rapitore, una passeggiatrice di Barcellona, un barbiere del Bangladesh, un barista ceco, una hostess di Bergamo. C’è tutto in questo romanzo divertente e irriverente, fatto di personaggi che poco contano nella partita della vita e che si intrecciano e si impiastricciano l’uno con l’altro, fra i bordelli di Praga, le carceri italiane e il Barrio Chino di Barcellona. Perdenti, diseredati, “due di briscola” appunto, la carta che fra quelle buone vale di meno. Eppure talvolta coi due di briscola si prende l’asso, si conquista il piatto, si vincono le partite. Nichi Moretti, il vero protagonista di questa storia, è l’antieroe per eccellenza che nulla combina per piacere a chi lo circonda. Eppure è impossibile non volergli bene fin da subito.
RECENSIONE Goliardicamente scurrile, sfrontato, estremo, postmoderno: interpretate tutti questi aggettivi (anche quelli che nella accezione comune sembrano meno positivi) come una lode a questo libro. Viene quasi da sperare – tranne che per le malefatte da “guappo” imbranato e per le droghe – che una parte delle vicende vissute da Nichi Moretti, il protagonista, possano essere state realmente vissute dall’autore, avvocato come il suo antieroe messo su carta. Il paradosso la fa’ da sovrano, in questo romanzo: la variegata “Corte dei Miracoli” descritta nella trama è ingaggiata, Nichi in testa, in una sagra dei “contro-valori” potremmo dire: eppure si tratta di una masnada di imbranati, per lo più, che non possono non piacere al lettore.
Moretti, protagonista e narratore in prima persona per gran parte del romanzo, viene arrestato per possesso di droga dalla benemerita, in una situazione a dir poco scabrosa, e, come nei migliori film americani, riesce ad evadere durante un permesso per buona condotta. Non prima di essersi guadagnato una certa reputazione (vi risparmio il soprannome che si è guadagnato in carcere, per pudore) tra le mura carcerarie. E’ un perdigiorno ed è dedito alle droghe, per sua stessa ammissione, ma non è un “cattivo cattivo”: è stato incastrato da tale “Biancaneve”, lo spacciatore e presunto amico – il vero cattivo - che ha spifferato (per dirla con un registro adeguato) il suo nome additandolo come colpevole. Fugge a Barcellona, Nichi Moretti, e due semi-fratelli spacciatori e la bellissima sorella che fa il “mestiere più vecchio del mondo” lo ospitano: sono i cugini di “Biancaneve”, glielo devono e come ci dà ad intendere ironicamente sotto sotto hanno il cuore d’oro. Peccato (per lui) per fortuna (per il lettore, che se la spassa), che gliene succedano di tutti i colori: dall’essere coinvolto in uno scippo con un cane che funge da diversivo per l’incauto turista, a scegliere di dormire nella vasca da bagno del tugurio dove tutta la compagnia vive. Non sopportando l’idea di dover dormire in un lettino dove Ramona, la giovane prostituta, svolge la propria attività lavorativa, opta per la vasca da bagno: non sa, il poveretto, che quel giaciglio improvvisato è utilizzato per preparare “gli acidi” da vendere, e che il bagno è una sorta di “sala riunioni” della famigliola al completo. Per non parlare del fatto che è transitato anche dai clienti di Ramona. E che durante la convalescenza, nella vasca stessa che a Nichi ha causato un serio malore, insieme a lui venga rinchiuso un “prigioniero”, un sudamericano creduto delatore dai suoi ospiti.
Non voglio svelare altri particolari della trama perché, a parte il linguaggio goliardico e vernacolare (“spinto” in molte occasioni) la molteplicità di personaggi e di situazioni a dir poco rutilanti e sopra le righe vanno gustati in prima persona. Franco Legni riesce, a mio parere, a smussare con l’ironia e con la sua “toscanità” il tratteggio estremo (perché estremo lo è) di una trama esplicita, fatta di droga, sesso, delinquenza (piccola e grande), intervallato da paragrafi dove si descrivono altri “due di briscola”, come da tanti subplot: ragazze che fanno occasionalmente le pornostar, miseria, gioventù predestinata alla delinquenza per la fame e le vessazioni subite. Su questo, sembra riflettere Nichi, dato che è caduto in basso anche lui, nonostante la madre chioccia e la famiglia che non gli ha fatto mancare niente. Una domanda che farei personalmente all’autore, della quale credo già di conoscere la risposta, data la presenza di clues, indizi quali Barcellona, il barbiere, ed i protagonisti per lo più border-line: pur nella sua estrema originalità, si è ispirato a quel Il tempio delle signore di Eduardo Mendoza? Se così fosse è solo una nota di merito. L’AUTORE Franco Legni è nato a Prato dove svolge la professione di avvocato. Ha collaborato con il quotidiano “Il Tirreno” di Livorno. Cura una rubrica dedicata al diritto su vari settimanali distribuiti dal gruppo CMO. Cofondatore del Saraceno Cine Club, ha partecipato a numerosi progetti nell’ambito del cinema d’autore. Da tempo collabora al progetto musicale trash dei Mashed Tomatoes. Negli anni della sua formazione universitaria è stato membro del Podvus e del Chiavaccio di Prato. Consigliere del Dopolavoro Goliardico Fiorentino Alvaro Vannini, collabora alla stesura dell’annuale operetta.
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