Recensione film – The Lost Dinosaurs. Un’ equipe di studiosi inglesi sta per partire tra entusiasmi e perplessità per una straordinaria spedizione. Da tempo alcuni avvistamenti di un mostro simile a quello di Loch Ness sono stati segnalati nella foresta amazzonica; gli studiosi andranno sul posto per verificare cosa c’è di vero in queste informazioni, ma troveranno molto di più…
The Lost Dinosaurs si presenta come un innovativo film per ragazzi; alla scoperta dei dinosauri, ma anche e soprattutto alla scoperta del rapporto padre-figlio. “E’ un rapporto molto particolare” dice Sid Bennett (regista del film), “perché il sedicenne Luke (Matt Kane) è nell’età in cui inizia a mettere in discussione l’autorità del padre, ma al tempo stesso reclama da lui amore e attenzioni, quindi c’è una differenza sostanziale nelle aspettative che entrambi nutrono rispetto al rapporto, e questo cambierà la loro storia.”
A capo della spedizione vi è infatti Jonathan, un esploratore vecchio stampo, che non sa nulla di tecnologia, al contrario del figlio che ne è invece un esperto: “Jonathan (Richard Dillan) non riconosce le capacità di Luke e questo rappresenta una grande difficoltà per il loro rapporto.” La relazione di scontro tra padre e figlio è centrale nel film, tanto da essere l’elemento scatenante di molte situazioni pericolose, ed è probabilmente una tra le relazioni meglio gestite di tutto il film, che porta con sé uno studio ed un realismo non banale (come spesso non accade in film ben più blasonati).
Ciò che però è davvero peculiare di questa pellicola è la tecnica utilizzata per girarla: il found footage. Il film inizia, infatti, con il ritrovamento di uno zaino contenente del materiale video: sono le registrazioni delle webcam che Luke ha piazzato ovunque durante il viaggio e che testimoniano come davvero siano andate le cose. “Per quanto ne so, è la prima volta che il found footage o recovered footage viene usato per girare un film destinato ad un pubblico di ragazzi e famiglie. Da The Blair Witch Project fino a Cloverfield e a Paranormal Activity, questa tecnica non è mai stata usata per un film destinato ai più giovani.”
Esperimento sicuramente innovativo, ma che nella realizzazione lascia un po’ perplessi. Le camere a mano, spesso disturbate, danno sì il sapore di avventura, tengono con il fiato sospeso, ma provocano anche un po’ di mal di testa, a volte addormentano il pubblico e ancora peggio danno un senso di mal fatto. Insomma una scelta coraggiosa, che però forse non ha pagato quanto previsto.
Un altro punto debole del film sta proprio nella storia: tutto sembra troppo banale, forzato o addirittura stupido. Dove sono le idee? Dove sono le emozioni? Si parla di dinosauri (che tra l’altro sono sviluppati in modo eccellente dalla Jellyfish Pictures, premio BATFA per i migliori effetti speciali), un soggetto sempre altamente emozionale, ma sembra quasi che lo si voglia buttare un po’ via, senza sfruttarlo quanto potrebbe essere fatto. L’unica scintilla brillante in questo senso è rappresentata da Crypto, un cucciolo di dinosauro che stringe amicizia con Luke, comportandosi un po’ come un cagnolino. Questo rapporto è davvero una delle poche marce in più che possiamo notare all’interno della narrazione.
Insomma un film con alte potenzialità, effetti speciali davvero ragguardevoli ed un paio di elementi sviluppati in modo brillante. Peccato che la realizzazione, lo stile e, diciamocelo, gli attori non si dimostrino all’altezza del progetto.
di Mara Telandro