Karin Slaughter
Karin Slaughter, nata in Georgia nel 1971, è una delle autrici più celebri del crime internazionale: quaranta milioni di copie vendute nel mondo, traduzioni in trenta Paesi. Fra i suoi thriller, sempre in vetta alle classifiche, la serie che ha come protagonista Will Trent, inaugurata con il best seller L’ombra della verità (Timecrime, 2012) e di cui Tre giorni per morire rappresenta il secondo volume. Insignita (caso unico nella storia del premio) per quattro volte del prestigioso Crimezone Thriller Award, Karin Slaughter vive e lavora ad Atlanta.
Sito: Karin Slaughter
Titolo: Genesi
Autore: Karin Slaughter (Traduttore: Valentina Valentinuzzi)
Edito da: TimeCrime
Prezzo: 10,00 €
Genere: Thriller, giallo
Pagine: 557 p.
Voto:
Trama: Qualcuno ha passato del tempo insieme a lei. Qualcuno specializzato nell’arte d’infliggere il dolore… Un incidente di macchina. Una giovane donna è stata investita. E tuttavia ai medici appare subito chiaro come le ferite che offendono quella carne non siano dovute semplicemente all’impatto contro il veicolo. Qualcuno, prima dell’incidente, deve averle inflitto delle sofferenze atroci: una mente malata che forse, in quello stesso istante, sta scegliendo un nuovo terreno di caccia, un nuovo corpo da seviziare. Starà al coroner Sara Linton, al detective del Georgia Bureau of Investigation Will Trent e alla sua partner Faith Mitchell scoprire l’atroce verità, celata in una camera degli orrori incuneata nel buio dei sotterranei della città, una caverna in cui sono nascosti strumenti di tortura ‘così complicati, così orrendi, che la mente di Will non riusciva ad immaginare come l’assassino li facesse funzionare’. In quella caverna, c’è il corpo di una seconda vittima. E mentre le indagini stentano a trovare una direzione, il tempo sembra essersi alleato con il male e scorre, inesorabile, mentre un’altra vittima viene scelta, catturata, ed è ormai pronta per essere straziata…
Recensione
di Livin Derevel
Il primo pensiero nello sfogliare le pagine per una sbirciatina d’avanscoperta è stata “Alla fine lui e lei si mettono insieme, sicuro!”, non so se lo sapete, ma la vostra Livin prova una certa repulsione per quanto riguarda le storie d’amore forzate, soprattutto nei romanzi dove vengono ficcate senza un motivo specifico.
Tralasciando la prima impressione, mi sono immersa nella lettura colpita dallo stile: mai circostanziale, sciolto e sarcastico, dettagliato e fluido, che riesce a trascendere nel personale senza però penalizzare i fatti che si succedono via via. Ottimo inizio.
La trama è complessa ma costruita e vissuta con chiarezza, i capitoli si sondano attraverso le fasi delle indagini presentandoci personaggi principali e secondari, regalandoci una panoramica veritiera delle diatribe tra contee, sottigliezze e recriminazioni a livello dipartimentale che possono velocizzare o rallentare scoperte importanti, vendette e trucchetti che nella realtà esistono, ma che nei vari C.S.I. e Criminal Minds non ci fanno vedere perché loro sono troppo fighi per queste scaramucce.
Ho apprezzato molto gli aspetti che l’autrice ha curato con evidente attenzione: le torture inflitte alle vittime e le descrizioni comprensive ma mai pedanti dei luoghi e delle situazioni, l’accuratezza degli approfondimenti e – soprattutto – i personaggi delineati con estrema cura.
Io sono una di quelle lettrici che amano provare empatia per chi si muove tra le pagine, conoscere i loro pensieri, notare le sfumature, i difetti e il lodo modo di fare, mi piace che un protagonista o un co-protagonista siano creature che non reagiscano solo in funzione della storia in sé ma che siano quanto più umani possibili, e in questo libro lo sono eccome. Ognuno di loro ha una sua vita privata, problemi più o meno grandi che non riesce a risolvere, un passato su cui struggersi o su cui riflettere, altre persone che interagiscono immettendosi nella rete di narrazione che però non cala mai di tono, dimostrando la bravura della Slaughter, la sua capacità di intersecare diverse sottotrame che alla fine si uniscono in un unico gioiello che catalizza l’attenzione da più fronti, costringendo chi legge a non staccare gli occhi fino all’ultima riga.
Devo ammettere che ho provato un’immensa tenerezza per i due detective – Faith e Will – normalissimi nelle preoccupazioni di tutti i giorni ma particolari nelle loro caratterizzazioni, protagonisti disegnati con maestria e niente affatto stereotipati, veritieri.
Avrei voluto dare una mezza stellina in più ma mi ho dovuto abbassare la votazione per alcune pecche che non hanno a che fare con la storia in sé. La traduzione presenta qualche errore marginale – un aggettivo maschile al posto di uno femminile, o una particella negativa mancante che stravolge il senso della frase – distrazioni di editing se vogliamo chiamarle così, che ovviamente sono poche, ma che ci sono, e fanno un po’ inciampare rallentando il ritmo; inoltre alcune parole che nella lingua anglosassone hanno più significati, avrebbero dovuto essere gestite meglio nella trasposizione italiana. In più il posizionamento dei dialoghi è caotico, in alcuni passaggi non si riesce a capire immediatamente chi è che sta parlando e si è costretti a rileggere il tutto due o tre volte per raccapezzarcisi. Non è certo un problema grave, ma infastidisce.
In sintesi: un bel romanzo. Scritto bene, una trama che regge, interessante e intrigante, personaggi che attirano e fanno venire voglia di leggere qualche altra loro avventura. Persino gli intrallazzi sentimentali mi sono sembrati originali e notevoli, il che è veramente tutto dire.
Ah, e la storia d’amore che mi aspettavo sbocciasse non è arrivata, ma intuisco che il seguito non smentirà le mie prime impressioni, ma chissà.
Consigliato.