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Recensione I figli della mezzanotte

Creato il 27 marzo 2013 da Oggialcinemanet @oggialcinema

Lascia che il ricco sia povero e il povero ricco.

Una pellicola ambiziosa, trasposizione cinematografica della regista Deppa Mehta da un romanzo realistico di Salman Rushdie edito nel lontano 1981, anno in cui lo scrittore fu consacrato alla sua carriera raccogliendo grandi consensi letterari in tutto il mondo con i premi “Brooker Prize e Book of the Booker” e figurando tra i 100 libri del XX secolo di “Le Monde”.
Un’opera di ampio respiro che nasce come romanzo, ma che trova grande espressione in una realizzazione cinematografica , estremamente complessa , voluminosa, che attraverso il romanzo di una famiglia, abbraccia oltre 60 anni di storia vissuta tra le turbolenze e i conflitti di tre paesi pronti a separarsi, l’India, il Pakistan e il Bangladesh. Tutto ha inizio nel 1917, raccontato attraverso la storia di Aadam Sinai, un medico che protegge il futuro marito di sua figlia accusato e sfuggito all’assassinio del leader progressista e anti separatista, Mian Abdullah, per poi toccare l’anno 1947, con la conquista dell’indipendenza da parte dell’India e soffermandosi nel periodo della grande repressione degli anni 70’ da parte di Indira Gandhi, attraverso un lungo cammino che tocca ben cinque generazioni di una famiglia del Kashmir.

I figli della mezzanotte” si presenta come un film epico, un live-action per alcuni aspetti, raccontato attraverso l’eloquente voce narrante di Salman Rushdie (voce fuori campo) che si avvale delle immagini fotografiche e scenografiche minuziose e dettagliate che dall’anno 1947 ritraggono i cambiamenti e le grandi trasformazioni, di tre paesi del sub continente indiano.
L’opera in origine trae ampi spunti letterari dai romanzi di Dickens, Kipling e Shakespeare dando maggiore risalto morale ai personaggi in uno scenario culturale di grandi cambiamenti per l’India. Saleem Sinai, (interpretato da Satya Bhabha, all’età di 10 anni da Darsheel Safary) un bambino che insieme ad altri bambini nati allo scoccare della mezzanotte del 15 Agosto del 1947, giorno in cui l’India ottenne la sua indipendenza dall’Inghilterra, cresceranno insieme mantenendosi in costante contatto telepatico nel corso degli anni.

Parvati nei contatti telepatici e nelle visualizzazioni si rivelerà la guida di Saleem, una piccola strega (interpretata da Shriya Saran e Kulbhushan Kharbanda) ma è nel rapporto con Shiva (Siddharth), l’altro bambino nato negli stessi attimi, che si concentra il fulcro della storia e lnelo scambio tra di loro avvenuto in un ospedale allo scoccare della mezzanotte, ad opera di Mary un’infermiera cristiana distratta da un suo amante, (troppo preso dal fervore dell’indipendenza dell’India), e che volutamente inverte i destini dei due bambini “due bambini nelle sue mani, due vite in suo potere”. Tra Shiva, allevato da un artista di strada, e Saleem, figlio di un facinoroso inglese, cresciuto da una benestante famiglia islamica di industriali, si instaura un rapporto, telepatico ma fortemente conflittuale (Shiva esprime risentimenti nei confronti di Saleem). Saleem ha un carattere allegro e romantico che nel corso degli anni e attraverso le molteplici vicissitudini trascorse perderà, (il padre una volta a conoscenza dell’avvenuto scambio di bambini, lo rinnega). Tre città diverse Bombay, Rawalpindi e Karachi determinano il suo destino, e sarà la guerra in Pakistan a spezzare i suoi legami familiari, ma grazie a Parvati ritornerà in India.

La regista Deepa Mehta, indiana, ma cresciuta in Canada con un grande amore per il cinema sin da bambina, dà maggiore risalto alla storia di Saleem, ponendo in secondo piano la figura di Shiva del quale quasi non se ne conoscono i passaggi di vita, ad eccezione dei contatti telepatici e di quando lo ritroveremo adulto da militare affermato a contrapporsi a Saleem che da grande invece perderà totalmente il sostegno e i benefici di una famiglia ricca. Questa scelta è dovuta ad una trasposizione cinematografica resa quasi impossibile per la lunghezza del romanzo e realizzata in un arco di tempo ridotto, ma pur sempre di una durata considerevole di 146 min. Interamente girati nello Sri lanka da ricoprire con 64 location e 127 personaggi parlanti, con scene curate in ogni piccolo dettaglio, attraverso le attente ricostruzioni delle scenografie di Dilip Mehta (fratello della regista).
Deepa Mehta che si avvale delle produzioni del marito David Hamilton, durante la lavorazione del film, riesce ad entrare in piena sintonia con il romanzo di Rushdie fondendo le vite pubbliche e private dei personaggi coinvolti negli eventi raccontati attraverso le sequenze filmiche, inventando un legame magico tra “i figli della la mezzanotte”, l’ora esatta del contatto con la vita, che dà inizio ad un legame forte, attraverso il quale lo scambio di due bambini non viene vissuto come un errore grave, ma voluto come un destino determinato, non è lo status del bambino povero o ricco a fare la differenza, ma sono gli eventi dettati dalla natura stessa che li conducono verso realtà diverse. La regista evidenzia maggiormente nei personaggi di Shiva e Saleem, identità divise rese ancora più complesse negli atteggiamenti fortemente rimarcati dalla reale assenza di una paternità.

La Mehta ammette che i suoi film sono fortemente influenzati dalla sua vita, (attraverso i forti contrasti politici e culturali dell’India), in una sua precedente trilogia “ Fire, Earth e Water del 2005” fa riferimento agli elementi della natura, come una forza al di sopra degli eventi che contrassegnano le vite di persone comuni attraverso le loro vicissitudini quotidiane, lo fa toccando temi come: “i conflitti religiosi e sociali, l’espiazione dei peccati, l’amore, e omosessualità” (fortemente osteggiata in India). In un’ intervista distribuita da corriere della sera evidenzia la sua voglia di democrazia e di cambiamenti per la sua terra, pur restando radicata nella società indiana attraverso la cultura e le tradizioni: “Democrazia è una parola fin troppo usata in Occidente, mentre nella gran parte del mondo si lotta ancora per difendere i diritti umani. Che fare? Bisogna continuare a parlare, a scrivere, ad agire . Quando la libertà di espressione viene ostacolata, allora la democrazia è nei guai”.
Il film una produzione Canada/UK distribuito dalla “Videa” sarà proiettato nelle sale italiane a partire dal 28 Marzo 2013.

di Antonio Gentile

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