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[Recensione] Il canto della rivolta – Suzanne Collins #distopia

Creato il 20 maggio 2012 da Queenseptienna @queenseptienna

[Recensione] Il canto della rivolta – Suzanne Collins #distopiaTitolo: Il canto della rivolta
Autore: Suzanne Collins
Saga: Hunger Games (vol 3)
Editore: Mondadori
ISBN: 978-8804621881
Num. Pagine: 419
Prezzo: 17.00 euro
Voto: [Recensione] Il canto della rivolta – Suzanne Collins #distopia

Trama: Contro tutte le previsioni, Katniss è sopravvissuta agli Hunger Games per la seconda volta. Ma anche se ora è lontana dall’arena sanguinaria, non può dirsi salva. Capitol City è molto arrabbiata. Capitol City vuole vendetta. E chi è destinato a pagare per i disordini? Katniss, ovviamente, la Ragazza di fuoco. Come se non bastasse, il Presidente Snow tiene a precisare che ormai tutti sono in pericolo, nessuno escluso: la famiglia di Katniss, i suoi amici più cari, tutti gli abitanti del Distretto 12.
Ora che la scintilla si è trasformata in un ardente fuoco di rivolta, alla Ghiandaia Imitatrice non resta che spiccare il suo volo verso la libertà. Forte e incalzante, finalmente anche in Italia lo sconvolgente finale della rivoluzionaria trilogia di Suzanne Collins, Hunger Games.

Recensione: “Il canto della rivolta” è uno di quei libri che segna la fine di un periodo. Conclude la bella e famosa saga di Hunger Games, ma lo fa nel modo peggiore possibile. Insomma, è un po’ un trascinarsi della Collins verso la fine e onestamente Mockingjay è un’offesa alla mia intelligenza, ma vediamo nello specifico (SPOILER).

[Recensione] Il canto della rivolta – Suzanne Collins #distopia

Riprendiamo la lettura da dove l’avevamo abbandonata con “La ragazza in fiamme“. Katniss, salvata da Haymitch dall’arena dei Hunger Games nella quale era stata gettata per la seconda volta nella sua vita insieme a Peeta, inizia le sue avventure nei sotterranei del redivivo Distretto 13.

Un po’ di infodump asciutto ci informa tramite gli occhi dell’antipatica protagonista (perché lo è, inutile negarlo. Sarà lo stesso Gale verso la fine del libro a dare a Peeta una sincera e poco amorevole visione di Katniss) di come si svolge l’esistenza degli abitanti del Distretto 12 dopo essere stati sfollati nel 13 in seguito all’incedio che lo ha raso al suolo.

[Recensione] Il canto della rivolta – Suzanne Collins #distopiaIl 13 si sviluppa completamente in un bunker sottoterra, è controllato in maniera rigida e militare, tutti devono contribuire al mantenimento perfetto della macchina dell’esistenza. Al comando troviamo la Presidente Coin, una donna non esattamente assimilabile all’immagine di un pezzo di pane, e Plutarch, lo Stratega degli Hunger Games che insieme ad Haymitch è riuscito a recuperare Katniss nell’arena.

Tutta la vicenda è profondamente improntata, come nei volumi precedenti, sulla visione del mondo come in un reality show. Inizia così una guerra a colpi di messaggi rivoltosi e promozionali dell’immagine di Katniss che guida la Resistenza, Gale che mostra i danni al 12 e Finnick Odair che racconta ogni singolo segreto della nobiltà capitolina, inclusi quelli del presidente. Snow, d’altro canto, risponde con registrazioni e interviste a un Peeta catturato e sempre più devastato. In un ultimo barlume di ragione, Peeta riesce ad annunciare al 13 il bombardamento che seguirà il giorno successivo da parte delle forze di Capitol City.

Così accade e, dopo una serie di inutili quanto noiose seghe mentali da parte di Katniss e Gale, finalmente qualcuno decide di darsi una mossa e inviare una squadra di soccorso a recuperare i prigionieri.

[Recensione] Il canto della rivolta – Suzanne Collins #distopiaVengono così portati indietro sia Peeta che Annie (la giovane fidanzata di Finnick, a cui si ricongiunge in matrimonio). Il figlio del fornaio non è esattamente al massimo però. E’ stato infatti Depistato, ovvero la sua mente è stata devastata dal veleno degli aghi inseguitori, i suoi ricordi alterati e non sa più cosa sia vero o sia falso. Vede Katniss con gli occhi di tutti gli altri, oserei dire.

E qui mi faccio cattiva: non appena appresa la notizia, Katniss svolazza allegra e felice immaginandosi i dolci baci del suo Peeta (tanto lei nel frattemo si è limonata Gale, ma FUCK THE LOGIC, IT’S FANTASY!) e poverina rimane shockata nell’apprendere che non solo Peeta dopo mesi di sevizie è l’ombra di sé stesso, ma cerca pure di strangolarla con tutte le forze che ha. Ovviamente Katniss viene salvata (è la protagonista, sia mai che muoia insieme a tutta la sua incredibile carica di simpatia) e cosa fa? Sviluppa quasi un odio nei confronti del povero Peeta (sì, se non si è ancora capito è il mio personaggio preferito) che se fosse stato al suo posto, non avrebbe mai lasciato Katniss a sé stessa, ma dato che Katniss è l’egoismo fatto persona non ci stupiamo più di tanto.

Da qui inizia la tragedia. Tutto quello che era buono di questa saga crolla ineluttabile nello scarico del cesso, mi si passi il francesismo.

Si decide l’attacco a Capitol City e viene composta la Squadra delle Stelle, dove figurano tutti i vincitori giovani e belli degli Hunger Games, più Gale e la squadra dei cameramen, perché sia mai che nel frattempo si riesca a tirare fuori dei bei video promozionali.

[Recensione] Il canto della rivolta – Suzanne Collins #distopia

Così si inizia il gioco al massacro, con la morte di Boggs prima e la caduta di ognuno ad ogni passo verso la villa residenziale.

Lascia perplessi la morte violenta di Finnick Odair, con la testa strappata a morsi (ma è uno young adult?) da un ibrido. In questo modo la Collins ha devastato la vera storia d’amore degli Hunger Games, quella fra Finnick e Annie (che OPS! è incinta per davvero!), mica quella a senso unico fra Katniss e Peeta.

Il gruppo rimanente si nasconde in una pellicceria e, mentre tutti dormono, Gale dice a Peeta:

Cambiamo le bende a Gale, torniamo ad ammanettare Peeta al suo sostegno e ci mettiamo a dormire. Qualche ora dopo, sono di nuovo sveglia e mi accorgo che qualcuno sta chiacchierando tranquillamente. Peeta e Gale. Non posso trattenermi dall’origliare.

— Grazie per l’acqua — dice Peeta.

— Figurati — replica Gale. — Tanto mi sveglio dieci volte a notte.

— Per assicurarti che Katniss sia ancora qui? — chiede Peeta.

— Qualcosa del genere — ammette Gale.

C’è un lungo intervallo prima che Peeta torni a parlare. — Era buffo, quello che ha detto Tigris. Che nessuno sa cosa fare con lei.

— Be’, tu e io non l’abbiamo mai saputo — dice Gale.

Ridono entrambi. È stranissimo sentirli parlare così. Quasi da amici. Cosa che non sono mai stati. Anche se non sono esattamente nemici.

— Lei ti ama, sai? — dice Peeta. — In pratica me l’ha detto, dopo che ti avevano frustato.

— Non crederci — ribatte Gale. — Il modo in cui ti baciava durante l’Edizione della Memoria… be’, non ha mai baciato me così.

— Faceva semplicemente parte dello spettacolo — gli spiega Peeta, benché la sua voce abbia un tono di dubbio.

— No, sei riuscito a farle cambiare idea. Hai rinunciato a tutto per lei. Forse è il solo modo per convincerla che la ami. — C’è un lungo silenzio. — Avrei dovuto offrirmi volontario al posto tuo nei primi Hunger Games. Avrei dovuto proteggerla allora.

— Non potevi — dice Peeta. — Non te l’avrebbe mai perdonata. Tu dovevi prenderti cura di sua madre e di sua sorella. Lei tiene più a loro che alla sua stessa vita.

— Be’, non sarà un problema ancora per molto. Secondo me è improbabile che alla fine di questa guerra saremo vivi tutti e tre. E nel caso, immagino che saranno affari di Katniss. Chi scegliere, dico. — Gale sbadiglia. — Dovremmo dormire un po’.

— Sì. — Sento le manette di Peeta che scorrono lungo il sostegno mentre si sistema. — Mi chiedo come farà a decidere.

— Oh, io lo so già. — Riesco appena a cogliere le ultime parole di Gale attraverso lo strato di pelliccia. — Tra noi due, Katniss sceglierà quello che ritiene indispensabile alla sua sopravvivenza.

****

Un brivido mi pervade. Sono davvero così fredda e calcolatrice? Gale non ha detto “Tra noi due, Katniss sceglierà quello che non può abbandonare perché farlo le spezzerebbe il cuore”, o “quello di cui non potrebbe fare a meno nella sua vita”. Parole del genere avrebbero sottinteso che fossi mossa da una qualche passione. E invece il mio migliore amico prevede che sceglierò colui che ritengo “indispensabile alla mia sopravvivenza”. Niente indica che potrò essere influenzata dall’amore o dal desiderio o persino da una semplice compatibilità di carattere. Mi limiterò a condurre una gelida valutazione di ciò che il mio potenziale compagno sarà in grado di offrirmi. Come se alla fine fosse solo questione di capire chi, tra un fornaio e un cacciatore, saprà rendere più lunga la mia vita. È orribile che Gale lo dica, e che Peeta non lo contesti. Soprattutto sapendo che ogni mia emozione è stata presa e sfruttata da Capitol City o dai ribelli. La scelta sarebbe facile, adesso come adesso. Posso sopravvivere benissimo senza l’uno e senza l’altro.

Ora non vi spoilero tutto il finale, ma vi posso dire che è di una tristezza quasi infinita. Violenze gratuite che si sprecano e un finto lieto fine abbozzato solo per non far morire l’unica che davvero se lo meritava: Katniss.


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