Recensione: Il colore del latte di Nell Layshon
Trama:
È la primavera del 1831 quando Mary incomincia a scrivere la sua storia. Scrive lentamente, ci vorranno quattro stagioni perché racconti tutto. Ma non importa: scrivere è diventato un bisogno primario per lei, come mangiare e dormire. Viene da una famiglia di contadini, ha quindici anni, una gamba più corta dell’altra e capelli chiari come il latte. Conosce solo la fatica del lavoro nei campi, proprio come sua madre, suo padre e le sue sorelle. Conosce solo il linguaggio della violenza, che il padre le infligge se non lavora abbastanza. Ma ha un cervello lucido e una lingua tagliente. Un giorno il padre la allontana di casa perché il vicario vuole una ragazza che accudisca la moglie malata. Mary non vuole abbandonare l’univa vita che conosce, ma non ha scelta. E nella nuova casa imparerà a scrivere, e scrivere rende liberi anche se la libertà ha un prezzo.
L'autrice: Nell Leyshon è nata a Glatsboury, in Inghilterra e vive nel Dorset. È autrice pluripremiata di numerose sceneggiature, soprattutto teatrali. Passerà alla storia per il suo talent: è infatti la prima sceneggiatrice donna a cui il Shakespeare’s Globe Trust abbia mai commissionato (dalla sua fondazione nel 1599) uno spettacolo per il Globe, il teatro più famoso del mondo, il luogo in sui Shakespeare stesso lavorò ai suoi capolavori. Forse per l’influsso delle numerose sceneggiature prodotte, la scrittura di Nell Leyshon coinvolge e assorbe immediatamente, i suoi personaggi conquistano e convincono come fossero persone in carne e ossa. Il colore del latte ha stupito la stampa e il pubblico internazionali e ha conquistato tutti in casa editrice.
Recensione: Il colore del latte l'ho iniziato un giorno a causa della pigrizia. Ero sul letto, avevo appena finito un libro e mi annoiava a morte il dovermi alzare a prenderne un altro. Avevo voglia di leggere ancora, ma volevo che fossero i libri a raggiungermi e non viceversa. Accade così che nei momenti di totale pigrizia vinca il libro fisicamente a me più vicino. E' riuscito ad attirare la mia attenzione perché era a portata di mano, rispetto ad altri romanzi che forse avrei preferito leggere prima. Ma a volte va così, e devo dire che è anche andata inaspettatamente bene. Già, Il colore del latte è un romanzo che ti spiazza alle prime pagine. Il lettore si scontra con uno stile non immediatamente piacevole. Uno stile che apparentemente non ha gran cura della punteggiatura, della sintassi, di maiuscole e minuscole; che si traduce in una trascrizione del parlato di una ragazzina, contadina, di inizi ottocento. La ragazzina si presenta, ci sillaba il suo nome, si descrive fisicamente, ci informa dell'anno in cui scrive quel diario (1831) e di quel che vede fuori dalla sua finestra per poi avvisarci che ci racconterà i fatti accaduti l'anno precedente. Dal principio. La sua scrittura è zoppicante, un po' come lei che ha una gamba che non le funziona perfettamente, e i suoi racconti ci lasciano - almeno per le prime pagine - con qualche punto interrogativo. Innanzitutto ci chiediamo come faccia Mary, è questo il suo nome, a saper scrivere visto che non sembra assolutamente avere tempo, modo o semplicemente voglia di imparare. Insieme alle sorelle deve badare alla fattoria e alle faccende di casa. I genitori assumono le fattezze di freddi datori di lavoro, le giornate sono scandite dalla fatica e dal sudore, lo svago non esiste. (Dickens vi avrebbe trovato materiale per un'altra dozzina di romanzi!). Unico personaggio più umano è il nonno, impossibilitato a muoversi, al quale Mary è molto affezionata. Non siamo di fronte alla tipica protagonista che ci si potrebbe aspettare da un romanzo del genere: Mary non sogna di andare via lontano da quella casa, non sogna il riscatto sociale né il principe azzurro. Non è in cerca di qualcosa di diverso. Non sa ancora cosa vuole, è l'unica delle quattro sorelle a non sapere cosa desidera, ed è la prima delle quattro a cui viene offerta la possibilità di cambiare. Può lasciare la casa, andare a servizio presso una famiglia benestante dove il lavoro che dovrà svolgere sarà molto meno faticoso, le persone più educate, le possibilità di cambiare maggiori. Eppure Mary non vuole, non è in cerca di quello, non ha bisogno degli agi che le vengono offerti. Costretta ad accettare, quel cambiamento dapprima innocuo le stravolgerà completamente la vita. Anche se inizialmente si potrebbe far fatica a entrare nella storia, a causa di quel parlato così immediato ma troppo sgrammaticato, poco alla volta il lettore riesce perfettamente a vedere Mary, dai capelli color del latte, a immedesimarsi in lei, a comprenderla. Il lettore riesce a vivere il disagio della ragazzina nel momento in cui si ritrova in una nuova casa alle prese con persone con le quali non è cresciuta insieme; percepisce la difficoltà a sentirsi apprezzata essendo un sentimento che non ha mai provato prima e di cui non ha mai avvertito il bisogno; avverte la curiosità verso la possibilità di imparare a leggere e a scrivere, e il profondo desiderio di continuare a farlo, anche se a un prezzo troppo alto. Si continua a leggere e ci sembra che Mary sia l'autrice, ci sembra impossibile che colei che ci ha parlato fino a quel momento sia solo un personaggio uscito fuori dalla fantasia di una scrittrice. Questo è un romanzo di quelli che definisco forti. Una di quelle storie che parte in sordina, poi passano i giorni - l'ho letto una settimana fa - ed è ancora lì a pulsare nei miei ricordi come se l'avessi appena finito. E' un romanzo che continua a parlarmi anche da lontano, a raccontarmi la bellezza della vita e la necessità di sentirsi liberi.
Titolo originale: The Colour of Milk Autore: Nell Leyshon
Traduttore: Rita Giaccari Editore: Corbaccio Pagine: 180 Isbn: 9788863804256 Prezzo: €14,00
Valutazione: 3,5 stelline Data di pubblicazione: 31 Gennaio 2013