Trama Un poliziotto, atterrato a Berlino per un’indagine, torna al collegio in cui ha passato la sua adolescenza. Il collegio in cui si è formato un gruppo di amici che hanno dato origine alla lotta armata, una volta tornati in Italia. Per ragioni del tutto personali, vuole capire cosa è successo, da quale male privato è nato il male pubblico. Così ricostruisce la vicenda di due fratelli, dei loro sodali e delle loro donne tra Berlino, Roma e una piccola isola persa in un lago. Il tutto in uno scenario dominato dalle milizie di un regime autoritario, conseguenza della contestazione e del terrorismo. Un romanzo radicato nella concretezza dei luoghi ma fantastico quanto alla dimensione storica. La realtà non è andata così, ma così poteva andare a finire.
RECENSIONE Due fratelli: Andrea e Silvestro. Un gruppo di amici, un collegio a Berlino, una voce narrante, un’Italia distopica e malata. Sulla carta, i numeri de Il corridoio di legno sono validissimi: una storia di amicizia e legami familiari, intrisa di rancore, malinconia, passioni forti e ricordi che si mescolano a un presente oscuro. C'è un ma. C’è uno iato spaventoso tra le premesse e il risultato, tra una trama – buona e originale – e una scrittura pesante, che gronda autocompiacimento. Il corridoio di legno è un'occasione mancata: è un testo penalizzato da un impianto narrativo eccessivamente pieno di rimandi e da uno stile che ne rende ostica la leggibilità. L’atmosfera cupa è sottolineata dalla prima persona narrante, un poliziotto italiano che torna a Berlino dopo molti anni di assenza, nel collegio dove aveva conosciuto i due fratelli Andrea e Silvestro, oltre a un gruppo di ragazzi che diventeranno i sodali di Silvestro nella sua lotta per ottenere il potere in un’Italia governata da una dittatura militare di chiaro stampo sudamericano.
La narrazione è subito appesantita da una serie di flashback che compongono la prima parte del romanzo, e che vorrebbero raffigurare l’atmosfera tetra del collegio in cui si avvicendano momenti di evasione – spesso a carattere sessuale – a descrizioni di episodi di bullismo di cui Andrea era vittima. Berlino è descritta in maniera didascalica, così come accade per Roma, dove l’enumerazione delle strade è degna di una guida turistica. L’Autore conosce i luoghi, si capisce, ma non riesce a descrivere l’anima delle città che rappresentano lo scenario della vicenda. I personaggi sono presentati come monadi prive di una vera capacità di comunicazione, soli e disperati. Questa solitudine non abbandona i personaggi nella seconda parte del romanzo, scritta in forma epistola , con lunghe digressioni che colmano i vuoti della vicenda e che spiegano la sparizione di Andrea. Infine la terza parte è narrata dal punto di vista di Silvestro, il fratello ambiguo e squadrista, che appare traditore di un ordine politico e morale che lui stesso ha contribuito a creare.
Il romanzo si arrotola su se stesso, finendo per devastare il lettore, che termina la narrazione chiedendosi quale sia la morale, lo scopo o più semplicemente la trama di questo scritto. Perché questo romanzo avrebbe potuto essere tranquillamente un racconto, un romanzo breve, guadagnandone in efficacia e leggibilità. Lo stile è auto-celebrativo, complesso e privo di quella poesia cui ambisce: lunghe frasi appesantite da una pletora di aggettivi, successioni di coordinate e di paratassi con una punteggiatura limitata al minimo, dialoghi inconsistenti.
La tetraggine (e la noia) delle situazioni è resa non tanto dalla descrizione delle stesse ma per l’estenuante sfilza di ripetizioni che appesantiscono la narrazione. Insomma: un libro pesante e di difficile lettura, che stanca il lettore e che lo lascia con una sensazione di irritazione e di insoddisfazione per una lettura in cui ha investito tempo e impegno che avrebbero potuto essere usati altrimenti.
La pecca maggiore, a mio parere, è aver scritto una storia senza anima più simile a un esercizio di stile, in cui si fa mostra di un lessico inutilmente barocco ed affettato. Infine una frase, una considerazione polemica: come ha fatto un libro sfacciatamente pseudointellettuale ad arrivare alla selezione del Premio Strega? C’è davvero da riflettere su questo… L'Autore:
Giorgio Manacorda è nato a Roma nel 1941. Ha insegnato letteratura tedesca all’Università della Calabria e all’Università della Tuscia. Ha scritto vari saggi su autori di lingua tedesca (da Goethe a Heiner Müller passando per Hofmannsthal, Roth, Kafka, Bachmann e altri) e si è occupato di poesia italiana contemporanea. Il suo libro più recente è Scrivo per te, mia amata e altre poesie (1974-2007), Scheiwiller 2009. Il corridoio di legno è il suo primo romanzo.