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[Recensione] Il destino dei Malou di Georges Simenon

Creato il 18 maggio 2013 da Queenseptienna @queenseptienna

[Recensione] Il destino dei Malou di Georges SimenonTitolo: Il destino dei Malou
Autore: Georges Simenon
Traduzione di: Federica Di Lella, Maria Laura Vanorio
Editore: Adelphi
ISBN: 9788845926570
Anno: 2012 (or. 1947)
Formato: libro
Lingua: italiana
Numero pagine: p. 200
Prezzo: € 18,00
Voto: [Recensione] Il destino dei Malou di Georges Simenon

Trama: [dal risvolto] In un nebbioso, buio pomeriggio di novembre, Eugène Malou si spara un colpo di pistola uscendo dalla casa del conte d’Estier, a cui ha invano tentato di chiedere un prestito. Tutti, in città (una piccola città della provincia francese), pensano che lo abbia fatto perché ormai era rovinato. E da una virulenta campagna di stampa hanno appreso sul suo passato dettagli sordidi, inquietanti. Alla famiglia lo spericolato imprenditore non lascia neanche i soldi per il funerale. Tensioni e rancori non tarderanno a scatenarsi, e ciascuno andrà per la sua strada. L’unico a restare in città sarà Alain, il figlio minore, che non accetta né di andare a vivere a Parigi con la madre, né di condividere con la sorella un compito arduo: uscire dall’inconsapevolezza in cui ha sempre vissuto, e soprattutto ricostruire un’immagine coerente dell’uomo che è stato suo padre – mettendo insieme gli sparsi tasselli della propria memoria e i racconti di quei pochi che l’hanno conosciuto davvero. Nel corso di quella che sarà al tempo stesso una sorta di indagine e un’iniziazione alla vita, il ragazzo scoprirà non solo quanto possano essere ingannevoli le apparenze, ma anche quale sia la vera ragione del suicidio di Eugène Malou. E saprà di essere, come suo padre, come suo nonno, un autentico Malou.

Recensione: Non potevo ignorare questo romanzo. Simenon mi è sempre piaciuto anche se, inspiegabilmente, non lo leggo da anni. Mi avevano colpito molto altri romanzi tra le centinaia -ebbene sì, è stato molto prolifico- pubblicati: per esempio Lettera al mio giudiceL’uomo che guardava passare i treni. Per non parlare del commissario Maigret, impersonato da Jean Richard in una serie televisiva trasmessa a stralci dalla RAI sul finire degli anni Ottanta, se non ricordo male (vedi qui un assaggio) e mai più riproposta, purtroppo.

Qui si racconta di Eugène Malou, della sua famiglia, di un collante che, se vi è stato, si è dissolto alla sua morte. Ciascuno è destinato ad andarsene via per conto proprio, domestici compresi. Ora i suoi cari (quanto cari?) piangono miseria, anche se non manca chi ha approfittato del periodo di vacche grasse per mettere da parte un bel gruzzoletto.

Tra i tanti emerge la figura di Alain, pronto a intraprendere un viaggio impegnativo. Desidera capire chi sia in realtà suo padre, per tratteggiarne un ritratto veritiero e conservarlo per sempre. Alain gli era maggiormente legato, in fondo gli somigliava:

«Perché vedi, e questo gli fa onore, [tuo padre] è sempre rimasto lo stesso di quand’era ragazzo.»

Sia Eugène che Alain remano contro un certo modo di essere, quello borghese. Ciò produce un effetto nobilitante per il padre e, indirettamente, per chi vorrebbe seguirne, una volta conosciute, le orme. Eugène e Alain sono saliti sullo stesso treno, anche se occupano scompartimenti diversi.

La figura che a poco a poco emerge del padre è inedita e sorprendente, rassicurante. Nonostante moglie e figli, dai quali era separato da chissà quale paravento, viveva come un uomo solo. Ora il velo cala del tutto, Alain ha pagato lo scotto dell’età e dell’ingenuità. Si è reso conto di come andavano le cose in famiglia, la morte del padre gli consente di guardare la realtà in faccia, di trarne le opportune conclusioni.

Quel che rende interessante la storia sono le fonti dalle quali Alain trae notizia del passato e del temperamento di Eugène. Pur ricordando i medesimi fatti, il mutamento di tono narra storie completamente diverse. Alain è in difficoltà perché non sono differenti gli episodi ai quali credere, ma il giudizio su di essi.

Il lungo resoconto di Corine dissolve nel nulla le certezze via via guadagnate, nel tentativo di ricondurre il fratello alla ragione, dietro il solito paravento. La sua voce però è “acuta, spezzata, con grandi slanci di passione e improvvisi lampi di odio”. Sarà Joseph Bourgues, il compagno d’armi di Eugène a riportare di nuovo in luce il fascino, la dimensione fantastica, irrazionale e avventurosa dell’esistenza di suo padre. Ingredienti che mancavano del tutto nelle parole astiose di Corine, alle quali quelle di Joseph si sovrappongono. Il tono di quest’ultimo è “monotono e calmo, scorre come acqua di fiume”.

«Mio padre era un uomo disonesto?»
«Tuo padre era un uomo. E credimi, un uomo è molto più raro di un uomo onesto.»

così risponde Joseph, il quale più avanti non esiterà a rimarcare:

«Ricorda che era solo un uomo.»

Può immaginarsi una critica più tagliente della società borghese? Alain vuole essere così, un uomo con tutte le sfumature del caso, non con una soltanto. Malou non è un lupo, a tratti si è solo vestito della sua parvenza. I veri lupi sono altri, coloro che l’hanno posto in difficoltà dalle quali però non si è arreso, aguzzando l’ingegno:

«Perché solo gli uomini come tuo padre sanno pensare in grande. Senza di loro gli altri non comincerebbero mai niente.»

A questo passaggio mi è venuto in mente un film di Tim Burton del 2003: Big Fish, con il quale non mancano elementi in comune.

Eugène ha fatto vivere negli agi moglie e figli. Come l’hanno ringraziato? Con il disprezzo, chiedevano soldi, sempre soldi. I soldi per Eugène erano una sfida, per gli altri un’ossessione. A suo modo si è preso cura della famiglia che gli è capitata, badando che non le mancasse nulla, nemmeno quel troppo che domandava:

Era compito suo sfornarne di continuo, capire dove andarli a cercare, trovare ogni volta il modo di farli arrivare nelle sue tasche, nelle loro tasche.

Questa è l’eredità preziosa lasciata ad Alain. Joseph Bourgues fa le veci, in questi termini, di un esecutore testamentario. Ad Alain spetta scrivere i capitoli successivi della storia fin qui narrata. Perché è entrato nell’animo di suo padre, fa proprio il desiderio di lui di separarsi dagli altri, privi di identità e di spessore, senza argomenti se non il portafoglio pieno. Perché non è questione di essere migliori o peggiori, di salire o scendere dalla scala sociale, di vivere in alto o in basso. È questione di superare certe rigidità di pensiero, di conquistare l’età adulta. Quella di un Malou disposto a fare tutto il possibile, tutto quanto può fare un uomo.


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