Titolo: Il divoratore
Autore: Lorenza Ghinelli
Editore: Newton Compton Editori
ISBN: 978-88-541-2377-9
Prezzo: 9,90
Voto:
Trama
Denny ha solo sette anni, una madre tossica, un padre folle e alcolizzato, dei compagni di scuola che lo maltrattano e lo considerano pazzo. Quando è solo, per vincere il terrore inventa filastrocche inquietanti. Ha un unico amico, che si fa chiamare Uomo dei Sogni: è un vecchio crudele, trasandato, con un bastone in mano. Se qualcuno fa del male a Denny, l’Uomo dei Sogni non perdona. Arriva e vendica.
Pietro di anni ne ha quattordici. È un autistico geniale col dono del disegno. Unico testimone oculare delle aberranti sparizioni di alcuni ragazzini, Pietro fa la sola cosa che gli riesce in modo esemplare: disegna ciò che ha visto. E ciò che ha visto è agghiacciante. Nessuno gli crede, nessuno tranne la sua educatrice personale, Alice: quei disegni le tolgono il sonno e la precipitano nell’incubo, le ricordano qualcosa che molti anni prima aveva cercato di rimuovere… Ma ora il passato ritorna e travolge. E deve essere fermato.
Recensione
La trama è originale e ben costruita, ma è stata affrontata in un modo molto sconclusionato, passando dal presente al passato senza nessun nesso logico e la cosa mi ha alquanto spiazzata, tanto che quando c’erano i salti temporali, dovevo rileggere il capitolo per capire quello che stava accadendo e cercare di collegarlo a qualsiasi appiglio riuscissi a trovare nella trama principale.
Il linguaggio che viene usato è altamente scurrile e molte volte l’ho trovato irritante e inappropriato. Soprattutto le parolacce usate per insultare bambini autistici e quant’altro. Va bene che doveva rendere l’idea dei giovani d’oggi, ma appunto perché è rivolto anche ad un pubblico giovane l’autrice avrebbe dovuto darsi un contegno e magari solo accennare qualche insulto e non quelli che ha scritto, che sono degni dei più malfamati scaricatori di porto in erba.
Il finale è talmente aggrovigliato che ho dovuto “studiarlo” per seguire i nessi logici che l’autrice ha usato, tanto che mi ha stancato e alla fine ho usato la lettura veloce per poter mettere la parola fine a quella tortura a cui è stato dato il titolo di romanzo.
Poteva fare molto meglio, usare un linguaggio molto più appropriato e spiegare ancora meglio la vita di Denny, da dove è scaturito tutto invece di affrontare tutto velocemente e frettolosamente per portare il lettore alla fine, come se anche per lei fosse stata una tortura scrivere.