Titolo: Il fiume a Nord
Autore: Carlotta De Melas
Genere: Steampunk
ISBN: 978-8-879-05195-8
Prezzo: 18,90€
Numero pagine: 292
Salve, scrittevoli lettori, qui è ancora una volta il vostro Ewan con una nuova recensione tutta per voi. Dopo l’aberrante excursus nel paranormal romance della scorsa volta (era la reccy di Twilight, a beneficio degli smemorati), torno quest’oggi in un terreno a me più famigliare, ossia il fantasy.
Il fiume a Nord dell’autrice esordiente Carlotta De Melas era riuscito a catturare la mia attenzione già da tempo, anche grazie al solito eccellente lavoro di marketing della Casini, perché prometteva di essere un buon romanzo steampunk, nonostante fosse rivolto principalmente a un pubblico di ragazzi.
Come la stessa autrice ha dichiarato in un’intervista a True Fantasy:
È un romanzo che non definirei propriamente fantasy, ma piuttosto d’avventura. Ho cercato di affrontare il tema dell’amicizia, dello sviluppo tecnologico e della guerra.
Va bene, ci sta. Dopotutto gran parte della letteratura steampunk è più avventurosa che fantasy nel senso proprio del termine, e non mi spaventa nemmeno il fatto che si tratti di un libro per giovani lettori. Avrò anche un quarto di secolo, ma i libri per ragazzi non mi dispiacciono: Harry Potter, La storia infinita, perfino i teen romance di David Levithan, non ho pregiudizi sul genere.
Quindi, Il fiume a Nord si sarà dimostrato degno del battage pubblicitario? O è stato un altro tentativo fallimentare all’italiana di realizzare un romanzo steampunk (citofonare Queenseptienna, chiedere dell’Alice di Dimitri)? Scopritelo dopo il salto.
La storia
Mi chiamo Diara.
Vivo a Fes, opulenta capitale brulicante di vita e crocevia di scoperte scientifiche e commerci della mia epoca: il futuro remoto. Stamattina ho rubato una mela e per sfuggire a chi inseguendomi gridava “Al ladro! Al ladro!” mi sono rifugiata sulla Peaceful Willow, una delle navi ormeggiate al porto. Quando mi sono accorta che l’equipaggio si preparava a salpare, ho cercato di scendere ma era troppo tardi… la nave si è alzata in volo!
Adesso spio dalla mia tana i marinai della ciurma, sono tutti così strani…
Ammettiamolo candidamente: la sinossi fornita dalla Casini non offre una visione panoramica della storia come dovrebbe, ma ne fornisce gli elementi di base. Diara, la protagonista, si imbarca clandestinamente sulla Peaceful Willow, vascello volante a vapore di proprietà del capitano Sergej Nobillier, uno scienziato-mercante. A bordo, per una serie di coincidenze, non le resterà che unirsi al variegato equipaggio steampunkoso e affrontare una serie di avventure per contrastare il perfido Markus Rapharof, scienziato creatore delle micidiali sfere della morte, in sostanza bombe atomiche steampunk, e per procurarsi i pezzi necessari alla costruzione della macchina del tempo.
Ma detto così non rende affatto. Anzi, il primo problema che ho riscontrato in questo libro è proprio il meccanismo che porta avanti la trama: non c’è un conflitto principale ben definito, come erroneamente il mio riassunto può aver indotto a credere, basti pensare che non c’è nessun confronto finale (climatico o meno) tra i protagonisti e l’antagonista principale, Markus Rapharof. Invece di avere un impianto più “classico” – dico “classico” ma in realtà lo uso come sinonimo di “logico” – Il fiume a Nord inanella una serie di piccole avventure autoconclusive di facile risoluzione e quasi tutte identiche l’una con l’altra. La Peaceful Willow deve andare nella località X per recuperare il pezzo Y della macchina del tempo, la Peaceful Willow va nella località X e recupera il pezzo Y della macchina del tempo, fine del capitolo. Va da sé che un’impostazione del genere è estremamente noiosa e ripetitiva, per non dire frustrante.
Nei brevi momenti tra un’avventura e l’alta, la trama va avanti in maniera un po’ troppo forzata e certi “colpi di scena” sembrano buttati lì a caso per salvare dalla maretta un’autrice impelagata.
Ed è disarmante anche la morale del libro, tra l’altro spesso picchiata nella testa del lettore a martellate. La guerra è brutta, lo sappiamo, ma la soluzione che l’epilogo propone è talmente ridicola che preferisco pensarla come frutto della necessità di dare un lieto fine a tutti i costi.
Insomma, la storia de Il fiume a Nord è fin troppo facilotta, per i miei gusti.
Lo stile
Ma parliamo di stile. Metto subito le mani avanti, la De Melas è un’esordiente e lo stile è quello che ci si aspetta dall’esordiente medio: alcuni difetti dovuti all’inesperienza, un po’ stridente ma aperto a ampie possibilità di miglioramento. I dialoghi, ad esempio, suonano irreali e un po’ troppo “apparecchiati”.
C’è però un problema un po’ più pressante e che emerge rispetto alle altre piccolezze. Mi fa male il cuore a dirlo, ma si tratta del famigerato e sopravvalutatissimo show don’t tell. Cos’è lo show don’t tell lo sanno anche i miei pesci rossi perché sembra che sia l’unica preoccupazione degli internet reviewer italiani. Io di solito non ci do peso, me ne accorgo anche di rado, sinceramente. Non sto con la matita rossa a segnare quando l’autore tal dei tali scrive “un lauto e delizioso pranzo” anziché descrivermi con minuzia le portate e i loro sapori. Non me ne frega niente. Ragion per cui quando me ne accorgo significa che c’è davvero qualcosa che non va. E in questo caso non va che Carlotta De Melas ricorra troppo al narrato e quasi mai al mostrato nelle scene d’azione. Non va perché l’effetto è quello di lasciare indifferente il lettore.
E poi posso dirla una cosa? I titoli dei capitoli sono davvero pessimi. Sono tutti tipo: “CAPITOLO DODICESMIO – In cui la Peaceful Willow raggiunse Tibesti, la fortezza volante”. A parte che non mi convince l’uso del passato remoto, ma soprattutto a volte contengono veri e propri spoiler di quello che avverrà nel corso del capitolo stesso e tolgono il piacere della lettura.
In conclusione
Beh, che questo libro non mi sia piaciuto mi pare il segreto di Pulcinella. Come già ho avuto modo di precisare, non disprezzo a prescindere la narrativa fantasy per ragazzi, ma non mi piace quando un libro risolve tutti i suoi problemi giustificandosi con “tanto è un fantasy per bambini scemi”. E questo libro lo fa.
La trama è ingenua, eccessivamente ingenua. La tecnologia steampunk vero e proprio è come la magia nei romanzi di Goodkind, c’è quando serve ma nessuno che spieghi come funziona o perché. La caratterizzazione è scarsa o del tutto assente, tanto che molti personaggi si distinguono più per i loro inserti tecnologici che non per la loro personalità articolata.
Ma Il fiume a nord ha anche i suoi lati positivi, uno su tutti il world building. Il mondo creato dalla De Melas è senza dubbio affascinante, pur non essendo appaiato a una buona storia, ed è molto ma molto creativo.
Per me questo libro è insufficiente, ma in tutta onestà non penso che vada buttato tra le fiamme. Se vi piace il fantasy leggero, senza troppe pretese, se volete leggere qualcosa in un’oretta o due, se non vi aspettate personaggi memorabili o una storia che vi tenga col fiato sospeso da pagina boh a pagina boh (dico boh perché Casini non usa numerare le pagine), allora potete dare al fiume a nord una chance. Se non è il vostro genere ma volete leggerlo perché siete affascinati dallo steampunk, come ho fatto io, però, stateci alla larga.