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Recensione "Il Monte del Cattivo Consiglio" di Amos Oz

Creato il 11 gennaio 2012 da Alessandraz @RedazioneDiario

Pubblicato da Francesca Rossi

 

Cari lettori Vorrei presentarvi un libro intenso e particolare, intriso dell’atmosfera degli anni immediatamente precedenti alla fondazione dello Stato di Israele (1948). Non è un libro facile, non è una lettura per passare il tempo, perché nei tre racconti di cui si compone c’è tutta la fatica, l’amarezza, le speranze e il passato dei pionieri ebrei che si avventurarono in Palestina scappando da difficili situazioni politiche e sociali. Nell’opera è resa tutta la complessità della loro nuova vita mentre sullo sfondo, le lotte tra arabi ed ebrei per la spartizione del territorio e il ruolo ambiguo degli inglesi assumono una forma sempre più netta e vivida. Una guerra ancora oggi non definitivamente chiusa, che ha dato vita a delicatissime situazioni diplomatiche, accordi più o meno rispettati, promesse non sempre mantenute, giochi strategici e ha causato troppi morti da una parte e dall’altra Recensione Titolo: Il Monte del Cattivo Consiglio Titolo originale: The Hill of Evil Counsel (1976) Autore: Amos Oz Traduzione dall’ebraico: Elena Loewenthal Casa editrice: Feltrinelli Numero pagine: 231 Collana: I Narratori Anno di pubblicazione: 2011 Prezzo: 17 euro Trama: Gerusalemme alla vigilia di quel fatidico 1948 che segnò la nascita dello stato ebraico è la vera protagonista di queste tre novelle racchiuse sotto il titolo de "Il monte del cattivo consiglio" e unite da un sapiente filo conduttore. Oz evoca qui, infatti, l'atmosfera tutta particolare che animava la città ebraica in quel periodo, e la narra attraverso lo sguardo di sé bambino, incarnato in diversi personaggi. La prima novella, che dà il titolo al libro, è un testo molto caro all'autore, che egli considera come una prima stesura di "Una storia di amore e di tenebra". C'è una piccola famiglia gerosolimitana, con un bambino timido, un padre veterinario, una madre enigmatica che alla fine abbandonerà tutti e tutto. Uri, il protagonista de "Il signor Levi", si guarda intorno nel suo piccolo quartiere popolato di personaggi strani, a volte misteriosi. La guerra d'indipendenza è alle porte. Questo lo sa anche il dottor Emanuel, che in "Nostalgia" scrive lunghe lettere a Mina, una donna che ha amato. Lui è molto malato, sa che vedrà solo una piccola porzione di futuro. Per intanto le racconta il presente convulso, trepidante e pure carico di malinconia, che Gerusalemme viveva in quei giorni. Recensione Il Monte del Cattivo Consiglio si compone di tre racconti in cui l’autore, assumendo la forma letteraria di vari personaggi, narra le vicende di quegli anni convulsi che portarono alla nascita dello Stato di Israele nel 1948. Sono proprio Oz e i suoi ricordi di quei giorni il filo rosso che collega queste tre storie.  La prima novella, che dà il titolo al volume, vede l’autore nei panni del piccolo e goffo Hillel, un bambino molto più saggio e maturo rispetto alla sua età che vive a Gerusalemme. Egli ascolta, osserva, registra nella sua mente e comprende in modo sorprendentemente profondo i gesti e le parole degli adulti che lo circondano: suo padre Hans Hanan Kipnis, un veterinario pieno di sogni, arrivato in Palestina con il forte desiderio di avere una fattoria tutta sua e magari diventare scrittore, la madre Ruth, ricca ragazza di Varsavia giunta in Palestina per studiare Storia, lo strano Mitia, l’affittuario che vive in una stanza della casa dei Kipnis. Questi sono i tre personaggi principali che ruotano attorno ad Hillel. I suoi genitori sembrano felici, sicuramente all’inizio lo sono stati, ma poi, inesorabilmente, le dure condizioni di vita, da pionieri forti solo delle loro braccia e della loro fatica, con un futuro incerto davanti, devono aver minato la pazienza e i sogni di Ruth, che spesso dà forti segni di disagio. Mitia è il personaggio più ambiguo del racconto. Non si sa nulla del suo passato, ha un atteggiamento che evidenzia una certa instabilità psicologica e fa discorsi strani e sconnessi. Ciò che lo caratterizza di più, oltre i suoi bizzarri tic nervosi, è il fatto di emanare un odore forte quasi nauseante, nonostante lo stesso Mitia abbia una cura maniacale verso la pulizia. Potrebbe essere un comunista o una spia, nessuno sa dirlo con certezza. Uno dei segni particolari di quest’uomo è la sua perfetta conoscenza dell’arabo classico, che denota un buon livello culturale, ma lascia aperte molte ipotesi sulla sua identità. 

La storia di questo primo racconto ruota attorno ad una festa data dall’Alto Commissario sul Monte del Cattivo Consiglio e a cui i coniugi Kipnis sono invitati come ricompensa per un tempestivo aiuto medico dato da Hans alla cognata dell’Alto CommissarioSarà proprio durante quel ricevimento che si decideranno i destini di Hans, Ruth e Hillel. A causa di una decisione improvvisa, istintiva ma tragica per questa piccola famigliola. Sullo sfondo del racconto, oltre alla presenza degli arabi che tentano di cacciare gli ebrei, ci sono gli inglesi. Il loro atteggiamento diplomatico è ambiguo e paternalista. Un passo interessante del libro, pronunciato dal governatore di Gerusalemme, rende l’idea della delicata della scaltrezza politica degli inglesi e della situazione complicatissima che si stava prospettando in Palestina: 

“Se veramente si fosse realizzata a Gerusalemme quella profezia d’amore fraterno tra le fedi diverse queste non avrebbero perso tempo prima di cacciare via di qui gli inglesi…Ma noi inglesi crediamo da sempre tanto nei miracoli, quanto nei precedenti, e la Terra Santa è abituata ai primi, mentre l’idea di un ménage à trois non è del tutto campata in aria qui a Gerusalemme: cosi noi continueremo comunque ad aleggiare sulla Palestina in veste di Spirito Santo, ruolo per il quale nessuno è più adatto di noi”.

Tutti i personaggi della storia, anche quelli secondari, sono degli sconfitti. I loro sogni si sono frantumati contro la dura terra della Palestina e loro stessi vivono di ricordi, in una amarezza e in una nostalgia a cui non possono porre alcun rimedio se non continuare a vivere, anzi a sopravvivere. Per capire bene il significato di tutti e tre i racconti, consiglio ai lettori di andare a leggere le tragiche vicende che hanno portato gli ebrei, in special modo quelli dell’Europa Orientale, a migrare verso la Palestina. Inoltre nel libro ci sono dei termini chiave per la storia degli ebrei in Palestina, come “Libro Bianco”, “Agenzia Ebraica” e “Theodor Herzl”. Avendo una generale conoscenza di questi termini sarà più facile entrare nello spirito e nelle vicende di questi pionieri. Alla fine della recensione vi propongo un miniglossario con alcuni di questi nomi, una specie di piccola guida che potrete approfondire ancora meglio su Internet o sui libri di Storia. 
Nel secondo racconto, “Il Signor Levi”, l’ambientazione è sempre la stessa, ma il punto di vista appartiene a Uriel Kolodny, anche questa volta un bambino sveglio, in bilico tra la realtà e le sue sagge riflessioni, i dialoghi interiori con se stesso. I suoi genitori, personaggi a tratti non molto simpatici, non sono le vere figure di riferimento di Uriel. Per lui, infatti, esiste solo Efraim, un ragazzo più grande, elettricista e ideologo, cosi è definito nel racconto. Efraim è un tipo sveglio, un membro della resistenza in lotta contro gli inglesi, giudicati tiranni che occupano la terra del popolo ebraico, un personaggio misterioso che affascina Uriel, il quale lo considera la sua guida, il suo idolo. Il bambino sembra quasi “plagiato” da questo ragazzo che talvolta lo tratta con sufficienza ed è alla perenne ricerca della sua approvazione. Arriva perfino ad essere geloso delle amanti di Efraim, tra le quali, forse, si nasconde la sua stessa madre. A tal proposito il racconto è esplicito solo riguardo all’innamoramento di Efraim nei confronti della madre di Uriel; non sappiamo se il sentimento sia ricambiato e se addirittura i due siano amanti. Uriel vorrebbe prender parte ai segreti dei grandi, misteri che riguardano la Resistenza e la rivolta contro inglesi e arabi e in cui anche i suoi genitori sono coinvolti. Il suo sguardo di fanciullo consapevole ci restituisce il ritratto realistico della Gerusalemme che si preparava alla guerra decisiva, con un misto di malinconia, tristezza dei giorni passati e la ferma convinzione che la nascita dello Stato d’Israele sia la volontà di Dio e che anche gli inglesi debbano prenderne atto: 

“…Dimostrargli quale tremendo torto era stato fatto al popolo d’Israele. Addurre prove dalla Bibbia. Raccontare delle sofferenze ebraiche. In fondo loro erano padroni di continenti e di innumerevoli isole, noi solo di una minuscola porzione di terra, cui non avremmo rinunciato”.

L’altra figura centrale del racconto è il padre di Efraim, il poeta Nehamkin, che assume il ruolo di “profeta” della resistenza. Anche questo personaggio è enigmatico, parla attraverso un linguaggio forbito, poetico, che vuole incendiare gli animi nascondendo nella ricercatezza delle parole l’odio verso gli “usurpatori” della terra. 
In questo secondo racconto gli inglesi rappresentano il potere oppressore che condiziona la vita degli ebrei attraverso le armi, le intimidazioni ed il coprifuoco. Sono i “disprezzati”, soldati solo a tratti umanizzati. "Il signor Levi", che dà il titolo al racconto, è una figura misteriosa che fa capolino nella storia solo alla fine; un personaggio evanescente di cui non si può parlare per sicurezza, che entra in casa Kolodny come un’ombra e come tale ne esce. Potrebbe essere il capo della Resistenza ebraica, ma il lettore, come lo stesso Uriel, non lo sapranno mai con certezza. I genitori di Uriel arrivano addirittura a negare davanti al loro figlio che il signor Levi sia mai esistito, o che sia mai entrato in casa loro. Per Uriel, piccolo, coraggioso combattente senza divisa, né armi, né esercito, le bugie imbarazzate dei suoi genitori sono la prova che qualcosa di nuovo si prepara all’orizzonte e, benché deluso da questa esclusione immotivata che lo riporta alla sua dimensione di bambino, Uriel crede fermamente che il suolo che sta calpestando appartenga al popolo ebraico e nessuno possa impedirlo.  Il terzo racconto “Nostalgia” si distanzia dagli altri, in quanto il punto di vista è di un adulto, il dottor Emanuel Nussbaum. Inoltre questa è la storia più delicata ed intimista del libro, poiché il protagonista è malato e sa che molto probabilmente non arriverà a vedere la fondazione dello Stato di Israele. Anche la forma epistolare del racconto è un punto di stacco rispetto alle altre due storie: il dottore, infatti, scrive lettere alla sua amata Mina, con cui ha avuto una relazione ormai finita. E’ molto toccante vedere la debolezza fisica e anche caratteriale di Emanuel paragonata al carattere deciso, concreto e spartano di Mina Nel racconto, poi, ritornano alcuni personaggi delle storie precedenti: la famiglia Grill, Efraim, il dottor Kipnis e anche Uriel. Quest’ultimo stavolta è l’amico e l’allievo del dottor Nussbaum, che prova verso di lui un affetto paterno e cerca di insegnargli i rudimenti di chimica. L’ambientazione è la stessa degli altri due racconti, il quartiere gerosolimitano in cui i pionieri ebrei si trovano a vivere le loro vite, ad aspirare agli stessi ideali e a difendersi dagli stessi pericoli. Il dottor Nussbaum vorrebbe servire concretamente la causa sionista, aiutare la Resistenza e l’Agenzia ebraica con i suoi studi, ma sa che il suo nemico più grande, il tempo, non gli permetterà di farlo liberamente. La sua vita scorre inesorabile verso la fine e il suo più grande desiderio, tenuto accuratamente nascosto tra le pieghe dell’anima, è quello di rivedere Mina.  Il protagonista è rassegnato, osserva la realtà intorno a lui come se ne fosse già completamente fuori, ma questo non gli impedisce di avere uno sguardo lucido, attento e limpido sui fatti storici che stanno portando verso la guerra:

“…Il “Times” di Londra metteva in guardia i sionisti dall’intraprendere mosse…che si sarebbero rivelate fatali e suggeriva loro di arrivare a una revisione realistica delle proprie aspirazioni, capire…che l’idea di uno stato ebraico avrebbe condotto a un bagno di sangue. Bisognava escogitare un’altra soluzione, che potesse essere accolta anche dagli arabi. Il giornale non propugnava…la rinuncia al progetto sionista…solo le tronfie aspirazioni politiche dei capi dell’Agenzia ebraica erano avventate”.

Il libro di Amos Oz è una riflessione profonda su quei giorni di tumulto e d’attesa che portarono ad un durissimo scontro con gli arabi e alla proclamazione della nascita dello Stato d’Israele. L’autore privilegia l’uso delle descrizioni dettagliate, poiché vuole che il lettore “senta”, percepisca i sentimenti, i pensieri, l’esistenza stessa di questi uomini che affrontarono condizioni avverse in nome di un ideale. In queste narrazioni non c’è azione, il ritmo non è sostenuto, non c’è suspence. Tutto questo non serviva ad Oz e nemmeno ai suoi personaggi. Il ritmo stesso ricalca lo stile di vita in Medio Oriente e le ore lente e infuocate dei giorni a Gerusalemme.  Ho già detto che Il Monte del Cattivo Consiglio non è un libro di facile lettura, proprio per l’argomento trattato; ora aggiungo che proprio questo è il suo punto di forza. Non si poteva ridurre, comprimere o adattare ai gusti dei lettori una questione storica di tale portata e complessità. La difficoltà, dunque, non sta nello stile del libro, o nel suo linguaggio. Per questo lo consiglio non solo a chi si intende un po’ di storia ebraica o ha affrontato per motivi di studio il conflitto israelo-palestinese, ma anche a chi non si è mai interessato all’argomento. La difficoltà è facilmente superabile approfondendo il tema (anche in corso di lettura) e avendo subito chiaro che l’opera racconta di persone normali, li riprende nella loro quotidianità, senza sensazionalismi o colpi di scena e che il punto di vista è quello sionista. Non troverete un saggio storico obiettivo e super partes, né riferimenti esplicativi a persone e fatti storici, la cui conoscenza è data per scontata. Sarebbe, però, un peccato non leggere Il Monte del Cattivo Consiglio e perdere, cosi, un libro interessante, ben costruito e anche l’occasione per approfondire un tema ancora attualissimo Recensione L'AUTORE: Amos Oz (Gerusalemme 1939) è uno scrittore e giornalista israeliano. Docente di letteratura all’università Ben Gurion, ha scritto sia romanzi che saggi. E’ sostenitore della soluzione dei due Stati per quel che concerne il conflitto arabo-israeliano. Nel 2008 ha vinto il Premio Primo Levi e Heinrich Heine. Tra i suoi romanzi: Conoscere una donna (2000), Lo Stesso Mare (2000), La Scatola Nera (2002), Una Storia di Amore e di Tenebra (2004), Una Pantera in Cantina (2010). Miniglossario Questo piccolo “vocabolario” delle espressioni e dei nomi ebraici vuole essere uno spunto per approfondire alcuni temi legati all’affascinante storia di questo popolo errante, una brevissima guida ad alcune parole-chiave presenti nel libro. Comprendendo il significato di questi termini il lettore potrà entrare nel vivo dei racconti e anche della letteratura ebraica. Agenzia Ebraica: creata nel 1929 fu l’istituto di governo in rappresentazione dello Yishuv. Prima della fondazione di Israele si occupava della migrazione degli ebrei in Palestina. Era una sorta di “Ministero degli Esteri” dello Yishuv, ma si controllava anche il Fondo nazionale ebraico e il Fondo per la Fondazione della Palestina. Oggi è diventata L’Agenzia Ebraica per Israele. Aliyah: plurale aliyot, indica l’ondata migratoria degli ebrei in Palestina. Letteralmente il termine vuol dire “ascesa, salita”. Ci furono cinque aliyot, tutte tra il 1882 e la Seconda Guerra Mondiale. La prima aliyah venne causata dai pogrom che avvennero in Russia dopo l’uccisione dello zar Alessandro II. Ben Gurion: 1886-1973, fondatore dello Stato di Israele e primo politico israeliano a ricoprire la carica di Primo Ministro nella neonata nazione. Fu presidente dell’Agenzia ebraica fino al 1948. Bialik: (1873-1934) poeta ucraino considerato uno degli autori più importanti di tutta la letteratura ebraica. E’ diventato il poeta della nazione israeliana. Scrisse le sue opere in ebraico, ma anche in yiddish. Ernest Bevin: (1881-1951) laburista inglese, Segretario agli Esteri, convinto dell’importanza della presenza inglese in medio Oriente e della necessità di salvaguardare gli interessi britannici nella zona. Ebbe un’importanza notevole nelle trattative sulla spartizione della Palestina. Joseph Chamberlain: (1836-1914) ministro delle Colonie, capo dei liberali unionisti, fautore dell’imperialismo britannico. Propose l’Uganda come possibile terra d’insediamento per gli ebrei. La proposta venne discussa dai sionisti in occasione del Congresso sionista del 1903, provocando un aspro dibattito. Kibbutz: (plurale kibbutzim) sono delle comuni agricole create dallo Yishuv (viene cosi chiamata la comunità ebraica di Palestina prima della creazione dello Stato di Israele). Il primo kibbutz fu creato nel 1909/1910. Libro Bianco: o White Paper applicato alla questione palestinese è un documento emesso dal governo britannico per ufficializzare il ruolo inglese in Medio Oriente, i rapporti con ebrei e arabi e i flussi migratori ebrei. Famoso è il Libro Bianco del 1939, che conteneva misure restrittive nei riguardi dell’immigrazione ebraica.

Nashashibi: famiglia di potenti notabili gerosolimitani. Famosa è l’accesa rivalità politica tra questo clan e quello, altrettanto potente, degli Al-Husayni. Theodor Herzl: (1860-1904) fu l’ideologo e l’organizzatore del movimento sionista. Giornalista ungherese, scrisse nel 1896 l’opera “Lo Stato Ebraico”, in cui teorizzò la nascita di una nazione che accogliesse gli ebrei. Le sue idee, i suoi cambiamenti di posizione, sono ancora oggi oggetto di studi e di dibattiti.


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