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Recensione, IL RAGAZZO IN SOFFITTA di Pupi Avati

Creato il 16 giugno 2015 da Leggiamo
Forse dal mio periodo "nero" non sono del tutto uscita... forse devo attraversare tutta una serie di sfumature di grigio prima di dichiararmi ufficialmente "fuori". Oddio... spero di no...
La colpa però non è mia, ma di questo libro mi ha trovata quasi contro la mia volontà. L'ho iniziato e non sono più riuscita a staccarmi più dalle pagine. Non sto neanche a dirvi che ve lo consiglio, tanto l'avete già capito, vero? Pupi Avati racconta una storia difficile e toccante, con maestria, classicismo e talento. Mi serviva un romanzo così!
Il Ragazzo in Soffitta di Pupi Avati
| Guanda Editore, 03/2015 | pag. 248 | € 16,00 |
Recensione, IL RAGAZZO IN SOFFITTA di Pupi AvatiBerardo Rossi detto Dedo è popolare e brillante, è negato per il latino e tifa Milan anche se vive a Bologna. Giulio Bigi è timido e sovrappeso, legge "l'Eneide" come fosse "Tuttosport" e indossa orrende cravatte. Due quindicenni che sembrano appartenere a pianeti diversi, se non fosse che ora abitano nello stesso palazzo e frequentano la stessa classe... E che nella famiglia di Giulio c'è un segreto che coinvolgerà, suo malgrado, anche Dedo. Giulio, infatti, non ha mai visto suo padre, chiuso in ospedale fin da prima che lui nascesse. Ora quello sconosciuto sta per tornare a casa. Ma non è la persona che lui si aspetta. Mentre dagli armadi del passato emerge una favola nera di ambizione musicale e passione non corrisposta, Dedo si rende conto che il "ciccione del piano di sopra" è diventato un amico, che quell'amico è in pericolo, e che è il momento di fare delle scelte: ora sono loro due contro tutti. Da una Trieste intrisa di nostalgia a una luminosa e cinica Bologna, Pupi Avati mette in scena nel suo primo romanzo un intenso intreccio psicologico e una vicenda ricca di suspense: la storia di un'amicizia adolescenziale, di un lungo amore, di una nera vendetta. E crea con Dedo e Giulio due protagonisti di estrema autenticità: due ragazzi costretti a diventare grandi affrontando le sconfitte dei loro padri.
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A settantasei anni Pupi Avati - regista, sceneggiatore e produttore cinematografico - debutta come autore e con il suo romanzo d'esordio, Il Ragazzo in Soffitta, rivisita la figura dell'orco regalandoci un noir suggestivo tra le cui pagine si cela gran parte della sua arte.
Attraverso due storie raccontate parallelamente, ma temporalmente sfasate, siamo spettatori dell'amicizia che nasce tra Dedo e Giulio, in una Bologna contemporanea, ma allo stesso tempo nostalgica vista dall'alto dei suoi incantevoli tetti e osserviamo la vita di Samuele, un ragazzino cresciuto spiando la morte e con una madre solita a dargli lezioni di autostima mentre lo tiene stretto sotto le coperte.
Samuele non è un bambino speciale, non ha particolari talenti ed è fisicamente sproporzionato con quelle sue gambe troppo corte che sono spesso oggetto di scherno. Ma lui sa incassare i colpi come solo chi non ha avuto niente dalla vita è in grado di fare e col tempo si convincerà che la sua diversità altro non è che un punto di forza. Si renderà anche conto che l'infelicità e la paura saranno il solo cibo in grado di sfamarlo e poco importa se gli altri gli corrono davanti e afferrano la vita mentre lui non ha ancora allungato la mano, perché dalla sua parte ci sono ragione e consapevolezza. Convinto di avere tutte le risposte in tasca, ossessionato dal desiderio della madre che vuole vederlo diventare un celebre violoncellista e folle d'amore per Ornella, la moglie del suo insegnante di musica da quando aveva undici anni, Samuele impara a vivere di infelicità e rifiuti, nell'attesa di quel riscatto che - ne è certo - un giorno arriverà...
E così, mentre la quotidianità di Dedo e Giulio viene ripresa da lenti fotogrammi che immortalano come la paura e l'orrore possano entrarti in casa dalla porta principale, senza nemmeno dover chiedere permesso, quella di Samuele ci scorre davanti come una pellicola i cui colori si fanno via via sempre più accessi, immagini nitide e sgargianti che immortalano l'alienazione, lo squilibrio, l'orgoglio e l'ignoranza...
Fra le cose che ho vissuto nella mia vita o che vivrò so di sicuro che questa resterà per sempre quella più bestiale, il momento in cui ho davvero visto come la vita ammazzi un ragazzo, come lo abbranchi e cominci a stringere facendogli uscire tutto il bello che aveva, riempendolo di un male che ogni giorno diventa più grande, nelle ossa, nelle budella, nelle vene, nel cuore senza lasciare una parte che non si infetti. E così nei baci che darà ci sarà dentro quel male, e anche nelle pose che farà per la fotografia della scuola, o nel modo che giocherà alla Play ci sarà quel male e persino dentro il cheesburger e nella firma della sua prima carta d'identità. Per sempre ci sarà nella sua vita quel male a renderlo infelice.

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