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Recensione "Il testo e il mondo. Elementi di teoria della letteratura" di Guido Paduano

Creato il 22 giugno 2013 da Alessandraz @RedazioneDiario
Pubblicato da Andrea V. Cari lettori,
se vi capita di approcciarvi alla teoria della letteratura e la vostra espressione è "COSA?!", gridato con angoscioso senso di inferiorità, il libro di Guido Paduano, Il testo e il mondo, è quello che fa a caso vostro... finalmente la teoria, tanta e complessa, spiegata con un linguaggio semplice e accessibile. Se ne esce arricchiti, e con la voglia di saperne di più! 
Autore: Guido Paduano Titolo: Il testo e il mondo. Elementi di teoria della letteratura Casa Editrice: Bollati Boringhieri Pagine: 144 Prezzo: 16 € Data Pubblicazione: gennaio 2013 Sinossi: Tra le parole e le cose esiste uno stadio intermedio, dove le parole esprimono la loro tensione inesausta a diventare cose. L'officina di questa metamorfosi impossibile, e sempre ritentata, si chiama letteratura. Accanto al mondo vero, i testi letterari allestiscono un intramondo provvisto di statuto peculiare, un luogo di delizie per la mente e per i sensi la cui separatezza ha offerto materia a esplorazioni critiche senza fine. Le opere non solo racchiudono un'idea del mondo, ma sono esse stesse uno spicchio di realtà che necessita di essere interpretato: sfugge o no a una definizione? quali codici lo reggono? gli si possono applicare plausibilmente le categorie di unità e universalità, anticipazione e ambivalenza? e soprattutto, è legittimo sottoporlo a un giudizio di valore? Questioni classiche che la teoria della letteratura ha affrontato, costeggiato, talora eluso sotto la spinta di pregiudiziali ideologiche o nascosto dietro un eccesso di modellizzazione. Guido Paduano invece non esita a riportarle al centro del discorso, nella loro imprescindibile essenzialità. Arruola allo scopo una strabiliante confidenza con testi di ogni tempo e di genere differente, dai poemi omerici al teatro shakespeariano al melodramma, una consuetudine altrettanto rara con l'intera tastiera degli orientamenti critici, e il tono affabile che ci aspettiamo da un grande studioso. Gli strani oggetti di quel mondo a parte che la letteratura ci regala adesso appaiono più nitidi e ancora più attraenti.
RECENSIONE Esistono categorie critiche che devono essere periodicamente rinegoziate e ridiscusse. È il caso di definizioni quali il letterario contrapposto al non-letterario, la volontà d’autore, il ruolo del lettore nella creazione del significato di un testo, il valore delle opere di secondo grado, i rapporti testualità-mondo e testualità-uomo, il giudizio di valore. C’è periodicamente bisogno di creare dei percorsi che permettano di sottrarsi a una soffocante ipertrofia critica. Tutto questo, con un’attenzione alla semplicità del linguaggio e alla chiarezza espositiva, a volte però inficiata dal mancato riferimento a testi che seguano da vicino gli sviluppi più recenti del dibattito critico internazionale, è quanto si propone di fare Guido Paduano ne Il testo e il mondo. Elementi di teoria della letteratura. Bisogna sottolineare la parola “elementi”, in quanto il testo dell’Autore non ha pretesa di essere una rassegna critica sistematica delle diverse declinazioni di teoria letteraria, come invece poteva essere, pur tenendo conto della necessità di una selezione dei materiali, Che cos’è la teoria della letteratura di Giovanni Bottiroli (Einaudi, Torino 2006). Il testo e il mondo invece si concentra, in tre capitoli, su specifici nodi problematici: che cos’è la letteratura, quali elementi entrano in gioco nella comunicazione letteraria, di che cosa parla la letteratura.

Premessa: è noto che l’Autore è un filologo classico, ma anche studioso di letterature comparare attento alla Nachleben (oggi si preferisce afterlife) del mito: si ricorderà ad esempio Lunga storia di Edipo Re (Einaudi, Torino 1994; di recente riproposto, in forma abbreviata, dai tipi di Carocci: Edipo. Storia di un mito, 2008). Rifiutando, o per lo meno stemperando molte posizioni conservatrici della filologia classica, Paduano affronta una serie notevole di questioni critiche che ne evidenziano l’ampiezza di vedute, e non si limita tuttavia a un’arida esposizione di teorie, ma compie sempre una pragmatica verifica sui testi. Notevoli sono la quantità e qualità degli exempla: se la maggior parte viene dalla letteratura classica, non mancano incursioni nella tragedia shakespeariana e nel melodramma (per quest’ultimo aspetto c’è l’ombra di uno studio precedente, Se vuol ballare. Le trasposizioni in musica dei classici europei, Utet, Torino 2009, a sua volta anticipato da due monografie dedicate all’Ernani e a Puccini). Se la domanda “che cos’è la letteratura?” posta dall’Autore nella prima parte del saggio potrebbe apparire quasi oziosa, essa trova la propria ragione di essere nel suo collegamento con il problema del giudizio di valore, in quanto l’etichetta “letterario” porta all’inclusione o all’esclusione di un testo dal ristretto numero di opere che vengono lette e studiate, commentate e tramandate. La possibilità di definire il letterario tramite le coppie dicotomiche prosa/verso, linguaggio connotativo/linguaggio denotativo viene confutata tramite argomenti serrati e convincenti; Paduano propone infine una definizione che trova le proprie origini nel pensiero di Gorgia, Platone, Aristotele: la letteratura inserisce il destinatario in una dimensione esistenziale “altra”, inducendo perciò il piacere dell’identificazione emotiva. Il capitolo analizza anche la possibilità e i rischi di testi non-letterari che vengono usati come letterari (cercando ad esempio in essi uno specchio fedele della realtà storica del proprio tempo), e degli effetti invece del procedimento inverso: la letteralizzazione di testi non letterari. Paduano conclude con la necessità di inserire ogni testo in un reticolo di influenze e rapporti che esuli dalla lingua, dal tempo e dalla cultura in cui quello stesso testo è stato scritto, in una prospettiva perciò sempre comparatistica. Coincidenza tra lingua, cultura e letteratura non è chiaramente più accettabile, soprattutto in questi anni in cui si sono affermati campi di studio, che forse hanno successo più nella teoria che nella pratica, come i reception studies e la world literature. Il secondo capitolo è dedicato in maniera particolare al tema delle interazioni tra emittente e ricevente del messaggio letterario. Anche quando la riflessione di Paduano si limita all’esposizione di questioni già ampiamente note e sembra citare, in maniera forse troppo frequente, i pur fondamentali Il demone della teoria di Antoine Compagnon ed Estetica della letteratura di Massimo Fusillo, gli exempla che l’autore chiama in campo mirano a verificare sul campo la validità della teoria, validità che troppo spesso viene data per assodata. A volte l’analisi testuale esprime una neanche troppo velata critica verso molte posizioni di un certo delirante “fondamentalismo critico” di matrice decostruzionista, soprattutto in rapporto alla questione tra chi, nel rapporto autore-lettore, debba avere il sopravvento. Paduano sottolinea sempre il bisogno di complessità, di interazione dinamica. L’esempio del melodramma, in cui coesistono autore del libretto, autore delle musiche, direttore d’orchestra, regista, personalità attoriali, e solo infine il pubblico, problematizza la famosa “morte dell’autore” teorizzata da Barthes e diventata quasi un cliché critico. Certo Paduano non riabilita la categoria dell’autore come elemento capace di essere il migliore interprete di se stesso come aveva invece fatto Eric Hirsch, e tiene infatti in considerazione il narcisismo e la faziosità che ogni autore attua nei confronti di se stesso e della propria opera. Da qui si nota un’adesione al pensiero di Gadamer, in contrasto con l’ermeneutica di Schleiermacher, i cui presupposti della comunione di spiriti tra critico e autore interpretato ancora permea molta della critica italiana. Gadamer è invece l’ermeneuta dell’interpretazione nella diversità, così lontano da ogni recupero archeologico del passato. Ancora centrale nella riflessione sul ricevente è l’elogio della seconda lettura, in contrasto con la pretesa filologica di ritornare all’effetto originario sul pubblico contemporaneo all’autore in questione, dato che è problematico stabilire che cosa si indichi con pubblico “contemporaneo” – ed è da notare come questa difficoltà venga vissuta ancora in questi anni sulla controversa definizione di arte “contemporanea”, in quanto ogni arte è sempre stata contemporanea al proprio tempo. Paduano sottolinea come il pubblico dell’autore possa non essere il più – o forse addirittura per antitesi, essere il meno – qualificato per ricevere l’opera, accostandosi, pur senza citarla apertamente, alla categoria di “tempo grande” di bachtiniana memoria. Appropriato a questo riguardo è l’esempio del rapporto che I Persiani di Eschilo intrattengono con l’orizzonte di attesa del proprio pubblico: se la vittoria di Salamina rappresenta una costante nell’ideologia occidentale anche in tempi molto recenti, quale distanza dal contesto originario è necessaria, si domanda Paduano, perché un’opera non sia fraintesa? In apertura del terzo capitolo, a ricordo costante del fatto che letteratura e mondo intrattengono un rapporto viscerale nonostante i tentativi di ridurre la prima a puro cannibalismo di se stessa, viene sempre richiamata la Poetica di Aristotele e la sua definizione di “mimesis di persone in azione”. L’Autore sottolinea l’attualità di Aristotele nel definire i rapporti tra personaggio e realtà a patto che «[…] le “persone” e la felicità che esse inseguono vengano intese non come necessariamente individuali, ma anche collettive» (p. 102). Senza però accettare la mimesis come passivo processo di identità, Paduano la legge come esercizio attivo della ragione, per cui emerge «[…] una concezione della poesia come selezione dei tratti del reale e loro pertinentizzazione […]» (p. 106). Attraverso l’analisi del programmatico e citatissimo racconto di Borges Pierre Menard, autore del Chisciotte, l’Autore può arrivare a dire che «[…] anche ammettendo che la realtà non esista, la letteratura si comporta comunque come se esistesse». Ma esiste uno stadio intermedio tra i due mondi – reale e letterario – il cui esempio migliore è la metaletteratura, in cui due livelli agiscono l’uno sull’altro, come nella scena della compagnia degli attori nell’Amleto. Terminano il volume una rassegna dei legami tra letteratura e teorie psicanalitiche freudiane, mediate però dalla sistematizzazione di Ignacio Matte Blanco, e soprattutto una purtroppo sintetica e sacrificata analisi del problema del giudizio di valore, questione che negli ultimi anni è prepotentemente tornata al centro dell’attenzione critica. Paduano, conscio delle resistenze che nell’ambito degli studi classici provoca il pensare che l’analisi dei rifacimenti di un testo possa aggiungere qualcosa di nuovo all’interpretazione stessa, dedica una breve trattazione al pregiudizio di valore, fenomeno che però si sta attenuando soprattutto in contesto anglosassone. La reversibilità della lettura è implicita nell’ermeneutica gadameriana, così spesso citata dall’Autore, e ripresa infinite volte fino al provocatorio capitolo di Charles Martindale a introduzione di Classics and the Uses of Receptions del 2006, intitolato proprio Thinking Through Reception, o alla riesamina del concetto di “classico”, con al centro l’esperienza filosofica di Gadamer, proposta da Giuseppe Cambiano in Perché leggere i classici (il Mulino, Bologna 2010). Il pregiudizio di valore sicuramente esiste, soprattutto in senso agli studi letterari italiani, ma la critica più recente ne sta progressivamente riducendo la portata.


L'AUTORE: Guido Paduano, uno dei maggiori classicisti italiani, insegna Filologia Classica all'Università di Pisa. Importanti i suoi studi sul teatro antico e sul melodramma. Da ricordare anche le sue traduzioni delle Argonautiche di Apollonio Rodio, dell'Iliade di Omero e delle Metamorfosi ovidiane. Influenzato dalla critica psicoanalitica, ha dato via alla scuola che, nel settore dell'antichistica e della comparatistica, ha dato i risultati più fecondi. 

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