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[Recensione] Kamaloka di Paolo Durando

Creato il 22 giugno 2013 da Queenseptienna @queenseptienna

[Recensione] Kamaloka di Paolo DurandoTitolo: Kamaloka
Autore: Paolo Durando
Editore: Abel Books
ISBN: 9788897513308
Anno: 2013
Formato: eBook
Lingua: italiana
Dimensioni: 381,0 Kb
Prezzo: € 4,99
Genere: Fantastico
Voto: [Recensione] Kamaloka di Paolo Durando

Contenuto: Kamaloka è una sorta di Purgatorio in cui, nella cultura indiana ed esoterica, le anime si liberano dai desideri terreni. La narrativa di Paolo Durando predilige la semiosi e la metaconoscenza, in un “fantastico antropologico” trasversale ai generi. In questo romanzo breve di taglio landolfiano si racconta del desiderio e del mondo, ovvero del mondo del desiderio.

Recensione: Finalmente qualcuno che sa scrivere. Le parole si susseguono con una leggerezza che non è da tutti, con una scelta del lessico accurata e tale da porre davanti agli occhi del lettore ciò che lo scrittore vede. Non dobbiamo inventare niente, le pennellate sono precise e non sfuggenti, chi legge è anche testimone oculare di eventi, di odori, di colori accesi, immagini. L’equilibrio della pagina scritta è lo specchiato ritratto di Nunzio da quando si sveglia a quando si riappropria dei suoi pensieri e, attraverso quelli, dell’ identità consueta. Insieme a lui prende vita lo spazio, il condominio, le famiglie che gli abitano accanto, il suo passato più recente, la giornata a venire.

Tra le righe si coglie un’ode alla materialità dell’esistente, al fatto di essere qui, ora e non altrove. Ciò che i filosofi chiamano con i termini più mostruosi: cosità della cosa, quiddità , ecceità e simili, per significare in fondo la fenomenologia dell’esistente e poco altro (Husserl e Heidegger per tutti) sono un muro di pietra, le case ammuffite, una bicicletta, un sasso composto da miriadi di particelle che si muovono, vorticando:

 Osservando bene ogni oggetto scorgeva dapprima un formicolio leggero, come tanti inafferrabili collassi interni.

E le persone, ci si domanda, trascendono la cosità delle cose (perdonatemi) o sono gusci vuoti? L’autore risponde descrivendo un inusitato precipitare di sensazioni, emozioni e immagini oniriche.

In men che non si dica comparvero animali ripugnanti, simili – alla lontana – a cani, ma dalla pelle stranamente lucida e pastosa. Avevano dei musi di raccapricciante ferocia e si muovevano con la leggerezza e la velocità di lingue di fuoco.

Sembra di trovarsi in un non luogo dantesco (Kamaloka, appunto), che non ci appartiene del tutto. Lo vediamo, lo percepiamo, ce ne sentiamo sfiorati come Nunzio, ma non siamo in grado di coglierne il significato. Forse perché Nunzio, e i personaggi che vorticano insieme a lui, si muovono dentro la materia di un quadro astratto, reale quanto i contorni tracciati da pennellate o macchie di colore, come se tutto dipendesse dal capriccio o dal genio di un artista. Il quale estrae dalla mente strati e strati di materia di diversa consistenza, “un palpito di estrema irrealtà”. Persino i suoni possono materializzarsi in versi poetici, come le passioni, le paure e le nostalgie, pronti a divorare, a entrare dentro, a dissolvere cose, anime e corpi.

È come vivere in un attimo solo tutta la storia di sé e del proprio universo prima che svaniscano del tutto. Come il gatto del Cheshire di Alice nel Paese delle Meraviglie cui rimangono, per un momento, soltanto gli occhi.


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