Magazine Cultura

Recensione "L'eredità di Iside" di Francesco Gioè

Creato il 11 novembre 2012 da Alessandraz @RedazioneDiario
Pubblicato da Antonella Albano Cari lettori, 
oggi vi presento un libro particolare, scritto con l'intento di stupire. È un'opera prima dell'esordiente Francesco Gioè, che ci trascina in scenari esotici e situazioni improbabili e rischiose.
Recensione Titolo originale: L'eredità di Iside
Autore: Francesco Gioè
Casa Editrice: Neftasia
Collana: Primo Libro
Prezzo brossura: € 18,00
Prezzo formato ePub: 7,99
Data di uscita: 2011
Trama:
Il crollo d'una parete nelle Catacombe cappuccine di Palermo svela una vecchia Bibbia, testa di ponte di un pellegrinaggio che porterà ad un segreto insospettabile. Cos'è il GRIV? Servizi segreti ispirati dalle previsioni catastrofistiche di Al Gore e di buona parte della scienza contemporanea. Qual è il suo obbiettivo? Salvaguardare la Terra ad ogni costo. Un protagonista fobico e musicopatico; un'equipe di professionisti a spasso per la storia e, sullo sfondo, lo spionaggio ai massimi livelli. L'eredità di Iside mette insieme mistery, noir e avventura. Una caleidoscopica narrazione attraverso mezzo mondo; attraverso guerre e civiltà pregresse. Cosa muoveva il vecchio frate vissuto a cavallo di tre secoli? Qualcuno cercherà di scoprirlo, passando da un'investigazione sincopata e da una tecnica narrativa assolutamente graffiante.
RECENSIONE  Francesco Gioè e la sua verve narrativa fanno pensare, alla sottoscritta almeno, a Giovanbattista Marino, il napoletano che nel Seicento fece strabiliare le corti con la sua capacità affabulatoria debordante e narcisistica. Sicuramente il Marino deve essere stato geniale, per la bravura nell'usare le parole come decorazioni di una fantasmagorica torta. L'horror vacui era la sua cifra come la cifra del Barocco. 

Ora. Per orientarsi riguardo a questo romanzo di Francesco Gioè è necessario schierarsi: vi lasciate affascinare da un'immaginazione prorompente, da una storia intricata e da un linguaggio talmente intessuto da metafore e giochi di parole da dare il capogiro (la famosa vertigine di fronte al vuoto dell'uomo barocco, che per questo si butta a riempire)? Oppure volete che la trama, la storia, senza che nemmeno ve ne accorgiate – a testimoniare la magia impalpabile delle parole – vi trascini nel mondo altro della narrazione? Allora: con L'eredità di iside di Francesco Gioè è buona la prima. Se amate la seconda opzione, lasciate proprio perdere.

La storia c'è. È complessa, variegata, intessuta di tantissime tematiche, tipo la passione ecologista, le trame economiche e politiche internazionali per sfruttare le risorse africane, il mondo dei servizi segreti, l'archeologia dei tesori in stile Indiana Jones. I personaggi ci sono, con la loro caratterizzazione, il loro linguaggio, i loro tic. Lo stile c'è. O meglio c'è una faticata elaborazione di un linguaggio originale e personalissimo.

"I nostri passi cadono sul marciapiede scevri di suoni, come foglie secche. Ma come alberi decidui in autunno, la mia coscienza e quella di Apollo risultano abbastanza spoglie da far passare raggi d'eccitazione pur senza ombreggiare certezze. Siamo capillari d'umanità in un'arteria abnorme, eppure le nostre peristalsi ne pompano di sangue"
Ma. Il tutto è “agglomerato” insieme in modo tale che la lettura risulta faticosissima. Il nostro protagonista, Gregorio Gendusa, con tanto di mamma del sud preoccupata del suo benessere, quando parla in prima persona, quasi sempre, deve infarcire di giochi di parole continui la narrazione. Alla fine il lettore se lo aspetta che una parola, a inizio di capitolo, sia sviscerata e usata come in un gioco di prestidigitazione che porta allo sfinimento. Gioè vuole essere originale, per riuscirci, è disposto a tutto.
Acqua passata non macina più, dice il proverbio. Ma quando mia madre mette in tavola la passata di fave e io le comunico che devo subito passare a prendere un collega, mi passerebbe per le armi."Ma l'ho fatta apposta per te! Almeno dimmi che passerai più tardi!" Passata e futuro non sempre possono convivere, come glielo spiego?
Altra chicca:

Un super-ego non si inietta con l'ago né si costruisce col lego. L'alter ego dell'ego è il subconscio. 
Il suo senso dell'umorismo può essere gradito o no, ma è indubbio. Il punto è forse il dosaggio necessario per far funzionare la storia.

Nella vicenda narrata, poi, si passa dalla Scandinavia alla Grecia, in Egitto, nell'Africa nera, e seguendo gli indizi del Frate massone con la passione per la roba egizia, si passa attraverso la storia, la scienza, la politica. Ogni volta si apre una digressione, come se si aprisse Wikipedia, una parola ogni tre. Certo questo è costato molte ricerche al nostro autore, però chiedere al lettore di pagare, ogni tot pagine, il pedaggio di sorbirsi una lezione cattedratica su ogni tipo di argomenti non gli è sembrato troppo? Bisogna attribuirgli il merito di aver cercato di gestire l'insieme composito di: giochi di parole, digressioni storico-scientifiche, punto di vista in prima persona di Gregorio, punti di vista delle varie task force del GRIV (questo gruppo spionistico internazionale, braccio armato dei Verdi di ogni paese) che affrontano varie e diverse vicissitudini in numerose sezioni di trama le quali hanno nemici diversi e nelle quali anche gli “amici”, cioè i protagonisti, hanno i nomi veri e gli pseudonimi, e tu, lettore, devi ricordarli tutti. Per carità, Gioè ci è riuscito e questo va a suo onore. Eppure tutto questo attorcigliarsi barocco sembra un tentativo di coprire il vuoto. Spesso la semplicità è l'obiettivo più difficile da raggiungere e non si può non sperare che questo giovane autore non voglia cimentarvisi.  Ultime notazioni: al di là dei refusi, numerosi, che avrebbero abbisognato di un editing serio, colpisce infine negativamente il fatto che Gregorio, il protagonista, simpatico, con un linguaggio sboccato, pieno di fobie, con una sua particolare visione della vita, con il suo amore per la mamma e pronto a innamorarsi, ceda, tutto sommato, a un triste cliché: per il fatto che, essendo un agente segreto, usa la pistola e uccide senza rimpianti e con grande facilità. A mio parere questa si è rivelata una scelta banale. Si può comprendere la necessità di far confluire le tradizioni anglosassoni da 007, con l'immaginario italiano, ma ho trovato questa una soluzione semplicistica e scontata. Conclusione: non sconsiglio questo libro a chiunque non si sia scoraggiato a leggere quanto sopra. Rimane la sensazione che Francesco Gioè, soccombendo alla voglia di stupire a tutti i costi e comunicare tutto in una volta il suo mondo multiforme come interessi e come temi, abbia creato, con la sua opera prima, un romanzo quasi illeggibile. O leggibile da chi vuole, anzi pretende di farsi stupire. Nemmeno l'Adone di Giovanbattista Marino è, tutto sommato, degno di essere ricordato: lo si cita soprattutto per additare i suoi eccessi. Le sue prossime prove potrebbero portare a esiti di una maggiore maturità. Auguriamocelo. Recensione L'AUTORE

Francesco Gioé. Nato a Palermo nel 1977, scrittore, articolista e web writer, Gioé esordisce nel panorama letterario con il romanzo “L’eredità di Iside”.

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :