Magazine Cultura

[Recensione] La bambina che abitava sotto una lapide (e altre storie poco allegre) di Michele Botton

Creato il 22 marzo 2013 da Queenseptienna @queenseptienna

[Recensione] La bambina che abitava sotto una lapide (e altre storie poco allegre) di Michele BottonTitolo: La bambina che abitava sotto una lapide (e altre storie poco allegre)
Autore: Michele Botton
Editore: Autopubblicato
Anno: 2012
Formato: Kindle
Lingua: italiana
Numero pagine: 48 pagine
Prezzo: € 0,99
Genere: Racconti Horror
Voto: [Recensione] La bambina che abitava sotto una lapide (e altre storie poco allegre) di Michele Botton

ContenutoLa sera di Halloween, una bambina girovaga solitaria per una città popolata da strani personaggi, ma la notte di Halloween non c’è da fidarsi degli incontri che si fanno, non si sa chi si cela sotto una maschera. Un autobus, cupo e misterioso, percorre strade silenziose in una serata nevosa in cui il tempo pare essersi fermato. Un pallone da calcio, tanto bello quanto portatore di sventura, capita tra le mani di un diligente ragazzino sconvolgendogli la vita. Un’inquietante ragazza dai capelli rossi che nasconde un terribile, inconfessabile, segreto…

Recensione: Nel complesso la prova è superata. I racconti li ho trovati molto interessanti, ben fatti, mettono i brividi. Non mancano tuttavia ingenuità, un paio di finali risultano molto allungati, spiegano troppo. Inoltre vi sono qua e là incertezze alle quali una rilettura approfondita avrebbe potuto tranquillamente ovviare.

[Recensione] La bambina che abitava sotto una lapide (e altre storie poco allegre) di Michele Botton

Il racconto che dà il titolo alla raccolta, La bambina che abitava sotto una lapide, mi è piaciuto molto. È la storia di Matilda, che attende con ansia la sera di Halloween per recarsi di porta in porta, in compagnia della sua combriccola di amici, con indosso il suo bel costume da zombie. Nulla e nessuno può trattenerla dal partecipare alla festa, nemmeno la morte. Sì, perché Matilda è la bambina del titolo: ha per casa una lapide. Eloquente è l’immagine della madre che non l’aspetta più, e che trascorre malinconica quella serata leggendo un libro. Non c’era bisogno di aggiungere altro. L’autore invece si dilunga nel finale, tanto che la storia perde di mordente. Io avrei fatto terminare la storia nel momento in cui la bimba, al ritorno, si assopiva, tagliando le ultime dodici- tredici righe che sono  superflue, non aggiungono nulla  e anzi imbrattano un racconto veramente bello. Senza quelle sarebbe stato perfetto. Peccato, c’è da mangiarsi le mani.

L’ultima fermata, che racconta un inquietante viaggio in un autobus, al contrario è ben dosato, armonioso, quasi perfetto. Vi è un dialogo tra un uomo e una misteriosa ragazza dai capelli neri e con vistose meches rosso rubino. L’uomo non ricorda quando è salito su quel bus che non sembra fermare da nessuna parte, controlla il suo orologio che segna sempre la stessa ora. La spiegazione è una soltanto, la ragazza è lì apposta per rivelargliela.

Molto buono è il racconto Ottantaduegiorni. Narra l’ossessione di un bambino per un bellissimo pallone da calcio, trovato in strada una mattina, sbalzato all’improvviso da un cassonetto. Non ha tempo per altro, vive le sue giornate palleggiando e tenendo stretto questo nuovo amico, così si direbbe nei fatti, pronto ad assorbire ogni energia vitale, fino al tragico epilogo.

Ha notevole potenziale anche l’ultima storia, La ragazza del treno. Durante un viaggio in treno, tornando dal lavoro, il protagonista incrocia una misteriosa ragazza dai capelli rossi che ha qualcosa di familiare, pare a un tratto sul punto di rispondere ai suoi sguardi, di dirgli qualcosa. Poi scompare, senza lasciare traccia. Chi sia lo sapremo poi, in un finale allungato, pesante, ridondante. Il lettore ha capito – gli è stato detto – che la ragazza è morta tre anni prima, è chiaro che si tratta di un fantasma, non c’era bisogno di dirlo tre volte (“Ho visto un fantasma”). Si perde inutilmente il ritmo, e passa quasi inosservato il colpo di scena – direi geniale –  dell’ultima riga. Anche qui c’è da mangiarsi le mani. Ci sarebbe voluto davvero poco, quasi niente, per migliorare questa raccolta.


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :