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Recensione "La casa dei destini intrecciati" di Erica Bauermeister

Creato il 29 maggio 2011 da Alessandraz @RedazioneDiario
Carissimi lettori, carissime lettrici soprattutto, La casa dei destini intrecciati, romanzo che avevo atteso con ansia, ha giustificato l'ansia e l'attesa. Che vuol dire, potreste chiedermi? Vuol dire che un libro, con la copertina, il viso dell'autrice, le emozioni che promette la trama, ti attrae e ti impaurisce come potrebbe fare un flirt. Per questo si può definire un'avventura la lettura, non solo perchè ti presta temporaneamente un nuovo mondo in cui vivere, ma anche perchè comporta un rischio. Così, chissà perchè, sapevo che questo libro mi avrebbe preso pericolosamente. Leggete la trama e poi, se vorrete, scoprirete perchè.
Prezzo di listino: € 17,60
Editore: Garzanti

Collana: Narratori moderniData uscita: Maggio 2011
Trama:
La luce del tramonto colora di rosso la siepe intorno alla veranda. I piatti sul tavolo di ferro battuto sono quasi vuoti, e tutt'intorno aleggia ancora un profumo denso di enchiladas, pollo arrosto e pomodori grigliati. Kate inala ricordi e si guarda intorno. Oggi è un giorno speciale, la fine di un anno difficile e pieno di dolore, e le sue amiche sono lì, riunite accanto a lei per festeggiare la sua forza e il suo coraggio. Tutte loro nascondono un regalo inaspettato. Una sorpresa e una sfida. Una settimana di rafting in una profondissima gola del Grand Canyon. Kate è molto impaurita, ma accetta. A un patto, però. Ognuna delle sue amiche, nel corso dell'anno a venire, dovrà fare qualcosa che la terrorizza o che non vorrebbe mai affrontare. Qualcosa di difficile, forse impossibile, ma che le può aiutare a ritrovare la strada per il sogno, anche se sembra perduta. Come Caroline, una libraia che non riesce a disfarsi dei libri dell'ex marito; o Daria, che deve inventare una nuova ricetta per il pane e per la sua vita; Sara, che decide di perdersi tra le calli di Venezia per ricordare com'è il gusto dell'avventura; Hadley, che prendendosi cura del suo giardino deve scoprire la pianta giusta per curare la sua anima. Tutte quante devono mettersi in gioco e superare sé stesse. Compresa Kate, che, in piedi in cima al dirupo, guarda con terrore gli speroni di roccia e il cupo blu del fiume ancora più in basso, e si chiede se riuscirà a trovare di nuovo il coraggio di volare…
RECENSIONEQuando la pagina di un libro ti provoca un brivido di riconoscimento ti chiedi: ma come è possibile? Carta e inchiostro suscitano una scossa nella tua anima: mente e cuore. Sinapsi elettricamente coniugate, misteri neurologici della memoria, centri encefalici del linguaggio? Come no? Sarà così. Ma continua a sembrarmi un mistero. Erica Bauermeister raccoglie storie come fiori, si vede che le ama; fa interrogare non solo sugli incanti della lettura, ma anche sui poteri della scrittura.
Sette donne unite da un'amicizia per alcune nata per caso; prima c'era bisogno di aiuto per Sara, felice e stressata madre di due gemelli, poi Kate, il cuore della storia, si ammala di cancro e la solidarietà femminile si stringe per sostenerla. Queste donne, il giorno del festeggiamento per la fine dell'incubo, ricevono da lei un piccolo sasso: un solido e discreto "memento" della richiesta che lei fa a ognuna. Quando si sentiranno pronte affronteranno l'impresa loro assegnata. E la richiesta non è mai casuale. E' Kate che conosce il fondo della loro anima e i loro nodi dolenti, le aspirazioni inespresse, oppure è la vita stessa?
Erica Beuermeister crede nella vita con una fermezza dolente e sorridente insieme; si sente. Tesse le trame di queste esistenze intrecciate nell'affetto con una visione esistenziale non facile, senza scorciatoie, ma chiara e piena di speranze. Nelle storie che si dipanano si vede bene come ci si può incagliare nelle anse della vita pur volendo procedere nel migliore dei modi. E dove sta il pericolo in questo libro? Sta forse nel fatto che leggendo ti ricordi di un fatto ineludibile: sai della vita quando consideri la morte. Tutte queste donne, dalle più grandi, ormai con figli adulti, alle più giovani, danzano con l'abbandono, con la paura, con la consapevolezza della vecchiaia che avanza e con il dramma della morte, in un modo o nell'altro.
La storia di Caroline ferisce quando lei, lasciata dal marito per una donna più giovane, deve fronteggiare il dolore di considerare il destino del proprio piccolo cottage al mare: un luogo acquistato da lei e dal marito, giovani sposi, con un tale entusiasmo e romanticismo e che li ha visti felici amanti e felici genitori. Ora il luogo, teatro di tanta vita, è permeato dall'abbandono. Caroline deve disfarsi dei libri del marito: questo il compito che le ha affidato Kate. Si deve fare il vuoto perché qualcosa di nuovo possa essere contenuto. Caroline è costretta a riconoscere che una dimensione di se stessa è come svanita. Si può sopportare che la felicità finisca? Suo figlio è al college e lei, dopo tutto quell'accudire che scivola via, è come priva di peso, ma, alla fine si scopre, attraverso quel dolore, aperta.
Tutte le storie hanno a che fare con il cambiamento e con il coraggio di affrontarlo. Dovunque esso ci porti. La giovane Sara viene incoraggiata a ricordarsi di sé stessa e dei suoi sogni, così Kate le impone di viaggiare: che è ciò che lei aveva sempre voluto fare, ma negava a se stessa, ormai vincolata ai visini dei suoi tre bambini e al loro bisogno di lei. Quello che l'amica le chiede corrisponde a un frammento di sé nascosto e sordamente dolente. Mentre legge i Viaggi di Gulliver al più grande dei ragazzi si trova infatti a chiedersi chi lei sia.
Lei rimase seduta, pensando alla storia. Si guardò intorno, guardò i pupazzetti di plastica e le automobiline minuscole e gli animaletti di peluche che coprivano il pavimento, il tavolo con i piatti della merenda ancora in attesa di essere sparecchiato, il nuovo cucciolo che annusava tutt'intorno alle sedie sperando in una manna dimenticata, la pila di libri di viaggio che lei aveva dimenticato di avere voluto leggere.
E si ritrovò a chiedersi in quale momento della sua vita avesse smesso di essere Gulliver per trasformarsi invece nelle funi che lo tenevano bloccato a terra.

Da queste parti nel libro si trova una delle frasi che non voglio più dimenticare, il motto di una corsa per veicoli fantasiosi e strani, progettati ad hoc, a cui partecipava ogni anno il padre di Sara, serio professore per tutto l'anno, buffo scienziato pazzo d'estate:
Gli adulti devono assolutamente divertirsi in modo che i bambini abbiano voglia di crescere.
E' l'attaccarsi audace a quel coraggio che alla domanda “Perchè?” osa rispondere “Perchè no?”. C'è invece un'immaturità che è un blocco interno, come quello di Daria, incapace di stabilità e fecondità, imprigionata in una “forma” di se stessa. Sara le presenta Henry, il proprio gemello, esperto giramondo e appassionato fornaio, e lui non rientra nei canoni consueti.
Mentre loro due parlavano, la gente aveva cominciato con riluttanza a infilarsi i cappotti, fodere seriche che correvano sulla pelle, spezie che si mescolavano a profumi, uscendo nella notte. “Sei stanca?” chiese lui. “C'è una cosa che mi piacerebbe fare”. L'antica propensione a canzonare, a flirtare, le montò dentro per poi ritrarsi con un sospiro. Forse dipendeva dal vino, o dall'ora, ma Daria non era dell'umore per il botta e risposta della conversazione salace. Voleva semplicemente sentire che cosa Henry volesse fare, dire. “Okay”, rispose.

E' faticoso non imporre alla vita, alle circostanze che capitano i propri ritmi, i propri criteri, i propri rassicuranti cliché su chi si è e su chi è l'altro e quale sia il gioco. La scommessa di Kate spinge una ad una le amiche a uscire dalle scatole nelle quali è troppo facile rintanarsi, nascondendosi dietro leggi predeterminate e meccaniche. L'alternativa è il rischio di rimanere vergini davanti alle cose, in attesa, come i bambini, mettendo in conto l'imprevisto che suscita stupore, dando credito che qualcosa di bello possa accadere.
Daria, che come lavoro crea forme artistiche dall'argilla, comprende alla fine qualcosa della madre, che dentro di sé ha sempre accusato (e questo la blocca in un contrasto perenne), capisce ora che la donna ha rinunciato a dipingere quando lei è nata – la sua cameretta era stata prima lo studio in cui la madre dipingeva e questo Daria non l'aveva mai saputo – per questo vorrebbe che lei si dedicasse all'arte seria. Daria, obbedendo a Kate, impara a fare il pane con Henry, e non crea solo più nasse per polpi dall'argilla. Il suo capitolo finisce con lei che crea una terrina. Un recipiente dove può essere contenuto qualcosa che voglia e debba stare lì. Non più trappole per esseri inafferrabili come la madre, sfuggente perché incompresa, prima misteriosa ed elusiva come un polpo. Daria è disposta ad accogliere alla fine, senza predeterminare la forma di quello che possa essere catturato, la semplicità del pane.
La storia si dipana, capitolo dopo capitolo, e la vita di queste donne si svela a poco a poco, ognuna comprimaria dell'esistenza dell'altra: Hadley che cerca protezione dalla precarietà dell'esistenza si riscopre capace di ricrearla e coreografarla in bellissimi giardini; dalla morte nasce la vita, continuamente, dalla paura nasce il coraggio. Marion osa scrivere storie quando aveva impedito a se stessa di farlo e alla fine osa farsi il tatuaggio che aveva corteggiato e vagheggiato per una vita, Ava affronta la paura della morte correndo in una maratona contro il cancro e per onorare chi è sopravvissuto ad esso. C'è chi trova l'amore e chi ritrova il coraggio e la propria vera forza.
Sai della vita quando consideri la morte.
Questo libro ferisce perché ci ricorda il bisogno che abbiamo di vivere, anche quando siamo feriti. Erica Bauermeister ricostruisce un universo, la vita per come lei la vede, componendo questo microcosmo di sette donne legate fra loro, e il fatto è che in questo mondo, attraverso il suo sguardo, le persone lottano quotidianamente per la propria sopravvivenza o per la vita, con la coscienza che vivere è più che sopravvivere. Le metafore presenti nei racconti funzionano perfettamente, fin troppo, collegate alle vicende con legami di fondamento freudiano.
Hadley lascia che la sua casa si copra d'edera, come per proteggere la sua anima ferita, e il giardino che troverà, dopo aver estirpato tutta quella vegetazione grazie all'aiuto della famiglia allargata che le è fiorita intorno, sarà più fecondo e ricco di sorprese di quanto lei avesse immaginato. Essere insieme, farsi realmente compagnia non vuol dire solo offrirsi una spalla su cui piangere, ma “urtarsi”, dare scossoni, amorevolmente, ma fermamente, affinché nessuno si accontenti, nessuno si nasconda e si osi spiccare il volo, correndo il rischio.
Il bello di questo libro è la speranza. Non si sa perché valga la pena sperare, ma sembra che la gente speri, che la speranza venga dal genere umano stesso, che la lotta faccia parte del DNA. Dalla gente, dai singoli e dai gruppi viene forza, speranza: le protagoniste di questo romanzo osano mischiarsi alle persone, ne traggono energia. La vita tutta ha una potenza nascosta in cui si può confidare.
In conclusione, cosa mi rimane di questo romanzo? Da un punto di vista dello stile Erica Bauermeister non vuole essere innovativa o sperimentale. Grazie a Dio forse. La sua narrazione procede limpida e continua come un mare calmo; trova però le parole per arrivare nell'intimo e, soprattutto, il suo modo di narrare usa tutte le sfumature dei sensi, perché si esprime attraverso i colori, i profumi, i sapori consentendo l'effetto come di una tridimensionalità, aprendo allo spaccato di un mondo ricco e fecondo, che vale la pena di esplorare, sia il mondo dell'io che quello della realtà esterna.
Non credo dimenticherò l'insinuarsi della sofferenza che attanaglia l'anima né quella sicurezza nella positività dell'esistenza che non è cosa da poco al giorno d'oggi. L'unica domanda che, se potessi, porrei all'autrice è: qual è l'origine di questa positività, qual è la base di questa speranza? Credo che Erica saprebbe rispondermi, perché nel libro si vede bene come essa sia fondata nell'essere stesso della vita, delle cose, delle persone: nella realtà, in una parola. Ma forse non è ancora abbastanza per poter davvero liberarsi dalla paura. E comunque, cosa c'è di meglio di un libro che ti lascia con una domanda? I vuoti a volte servono più dei pieni.
L'AUTRICEErica Bauermeister si è appassionata allo slow food durante i due anni trascorsi nell'Italia settentrionale con il marito e i figli. Ha insegnato letteratura alla University of Washington e vive a Seattle con la famiglia. "La casa dei destini intrecciati" è il suo secondo romanzo dopo il successo internazionale di "La scuola degli ingredienti segreti".

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