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Recensione "La Casa di Pan di Zenzero" di Carin Gerhardsen

Creato il 02 settembre 2011 da Alessandraz @RedazioneDiario
Cari lettori, vi presento questo nuovo libro, un giallo inquietante che comprova quanto l’esperienza dei primi anni d’età, i rapporti sociali ed interpersonali, contribuiscano a formare un individuo adulto: senza salire in cattedra Carin Gerhardsen è un’ottima psicologa, come vedrete. Titolo: La casa di pan di zenzero Autrice: Carin Gerhardsen Editore: Baldini Castoldi Dalai Editore Pagine: 253 Prezzo: 18 € Trama:  È un tardo lunedì pomeriggio di novembre a Stoccolma, la neve cade fitta e il buio già sta calando sulla città. Un uomo sale sulla metropolitana, si abbandona sul sedile. Osserva le facce grigie e tristi che lo circondano e si sente felice. Forse no, felice è troppo, ma senz’altro è soddisfatto: ha un buon lavoro, è sposato, è padre di tre figli. Una sola cosa lo inquieta: uno sguardo insistente riflesso nel finestrino. Quando alla sua fermata l’uomo scende, non si accorge che qualcuno lo sta seguendo… Inizia così l’incubo in cui precipiterà Stoccolma per giorni, una serie di efferati omicidi apparentemente irrelati che terranno in scacco la polizia, incapace di venirne a capo, tra errori e false piste. L’indagine viene affidata a Conny Sjöberg, commissario della stazione di Hammarby, e alla sua squadra. Poco alla volta il poliziotto dovrà ricostruire le motivazioni che spingono l’assassino a uccidere. Sarà una lotta contro il tempo e contro le sue stesse paure. Ma forse la soluzione è contenuta nella risposta a un’unica domanda: quanto a lungo può attendere la vendetta?
RECENSIONE Se non fosse per la violenza che permea questo romanzo, ci sentiremmo quasi sollevati leggendolo. La mia è una provocazione, ma ve lo spiego subito: come negli anni ottanta eravamo abituati a confrontarci con la falsa immagine della famiglia perfetta da merendina e biscotto (senza fare nomi), siamo ora abituati ad un’altra immagine, esterofila, da manifesto IKEA. Piuttosto scomoda dato l’ideale di perfezione. Sono quei manifesti giganteschi che raffigurano tutti genitori alti, belli, biondi ed atletici (neanche noi italiani fossimo tutti la brutta copia del grande caratterista Tiberio Murgia, il fratello geloso della Claudia Cardinale ne I soliti ignoti) attorniati da una marea di figli, anche questi belli biondi sorridenti e tanti. Tutti vanno d’accordo, i bambini non litigano, immersi nelle piscine di palline colorate, affiancati da giochi e casette rigorosamente in legno, per carità.  Perchè dunque questa necessaria premessa ed il provocatorio sollievo? Il motivo è che la trama di questo romanzo, finemente psicologico, e che alterna la narrazione dei fatti ad una sorta di diario in prima persona del colpevole (ma è veramente lui?) ci mostra che tutto il mondo è paese. Anche a Stoccolma, con tanto di neve, famiglie numerose e dalle chiome dorate, gli adulti protagonisti della storia sono il prodotto dei bambini che erano stati. Un uomo qualunque, anzi peggio un non essere perché passa inosservato, a volte disprezzato, senza famiglia, senza un affetto, si mette alla ricerca di alcuni dei suoi ex compagni di scuola, di quando era piccolo. Perché? Non vi aspettate una rimpatriata alla facebook: i ricordi dell’uomo sono ben poco nostalgici nei confronti della propria infanzia dato che proprio quei bambini belli biondi, maschietti o femminucce che fossero hanno segnato i suoi primi anni di vita con vessazioni, dispetti (pesanti, non scaramucce), lo hanno deriso, umiliato, picchiato con tutta l’insensibilità della quale a volte solo i bambini sono capaci. (non è un luogo comune) poiché non a loro volta sono vittime di situazioni disadattate o non si rendono conto che il gioco è bello quando dura poco. Non è stato il solo, anche un’altra compagna pare abbia ricevuto lo stesso trattamento I temi sono molti e anche di spessore, in questo romanzo: la spensieratezza dell’infanzia che non sempre coincide con una versione gioiosa dei comportamenti; si sa quanto possono essere cattivi i bambini perché non si rendono conto di quello che fanno o perché sono il prodotto di altri “ex bambini” devastati a loro volta. Disadattati e devastati anche alcuni tra gli strati sociali più deboli – o diventati tali – un altro tema di spicco in una lettura che non è solo un thriller. Traumi infantili e apparenze da pubblicità che celano passati e presenti non altrettanto eclatanti.  E così, il nostro inizia una ricerca metodica dei piccoli carnefici diventati adulti: l’uomo scoprirà con una certa sorpresa che non tutti coloro che erano stati i leader, i capobanda della giovane orda scatenata, leader da grandi lo siano diventati, anzi, alcuni sono caduti veramente in basso. Un thriller fuori dagli schemi, dato che normalmente purtroppo, quando si parla di violenza subita da piccoli questa è stata perpetrata da adulti. Una narrazione precisa e matematica (che evidentemente rispecchia gli studi e la carriera dell’autrice), dettagliata, un inseguimento continuo che porta il lettore ad accompagnare il protagonista nella sua folle impresa e sperare che non riesca a raggiungere i suoi obiettivi.  E’ una sorta di diario, una narrazione omodiegetica ed eterodiegetica: il protagonista si racconta e poi la scrittrice ci racconta a sua volta la sua versione dei fatti. Oppure, precede un evento e conseguentemente arriva il punto di vista del “non essere”. Ed alla fine, ma veramente alla fine …. Leggete il libro, e scopritelo.  L'AUTRICE: Carin Gerhardsen (1962) è laureata in matematica. Ha iniziato a scrivere molto giovane, poi ha preferito proseguire la propria attività scientifica. È tornata alla letteratura pochi anni fa e nel 2008 ha pubblicato La casa di pan di zenzero, il primo volume della «Serie di Hammarby» (che verrà pubblicata integralmente da Dalai editore), con cui ha subito eguagliato i successi di Stieg Larsson e Camilla Läckberg.

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