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Recensione La Frode

Creato il 12 marzo 2013 da Oggialcinemanet @oggialcinema

La frase chiave del film: “Sei disposto a rinunciare al potere pur di conservare un ultimo brandello d’umanità?”.

Un debutto alla regia in grande stile per lo scrittore Nicholas Jarecki, che può vantare per il suo primo lungometraggio un cast d’eccezione: Richard Gere, Susan Sarandon, Tim Roth, Brit Marling, Laetitia Casta e Nate Parker. Nella sua pellicola La Frode, un seducente thriller che ha l’ambizione di scavare nei macchinosi e corrotti sistemi dell’alta finanza, Jarecki accende i riflettori sul mondo dei suoi spregiudicati operatori, manipolatori del sistema e del crollo economico. Un mondo che il regista, cresciuto a New York in mezzo a imprenditori e operatori finanziari, conosce molto bene. Ambizione, potere e denaro sono gli elementi chiave per raccontare il successo e l’ascesa nel dorato mondo degli affari ma anche l’occasione per far luce sui profondi dilemmi morali che attanagliano i suoi protagonisti. La trama del film è incentrata sulla storia del magnate newyorkese dei fondi di investimento Robert Miller (Richard Gere), alla vigilia del suo 60° compleanno, sembra il ritratto del successo sia negli affari che nella vita familiare. Ma dietro la facciata dorata, Miller sta in realtà cercando disperatamente di vendere il suo impero finanziario a una grande banca prima che le frodi da lui perpetrate per anni vengano scoperte. Da perfetto manipolatore del sistema Miller è abile nel nascondere la sua reale situazione finanziaria anche alla sua famiglia, Ellen la moglie (Susan Sarandon) e Brooke (Brit Marling) la brillante figlia ed erede. Miller riesce anche a bilanciare la vita familiare con una relazione extraconiugale con la giovane e bellissima Julie (Laetitia Casta). Ma proprio quando sta per liberarsi dal peso del suo ingombrante impero, un imprevisto errore dalle conseguenze cruente lo costringe a destreggiarsi tra famiglia, affari e delitti, con l’aiuto di Jimmy Grant (Nate Parker), volto che affiora dal suo passato. Una mossa sbagliata accende però i sospetti dell’ispettore della polizia newyorchese Michael Bryer (Tim Roth), che non si fermerà davanti a nulla nella propria indagine. Miller ha ormai i giorni contati ed è costretto finalmente a confrontarsi con i limiti della propria doppiezza morale. Basato su una sceneggiatura abbastanza precisa e attenta a puntellare i topoi narrativi classici a metà tra il melo e il thriller, la pellicola scivola via nella sua durata in maniera piacevole, merito sopratutto di un Richard Gere maturo, non più sex simbol degli esordi, ma certamente più attore, capace di emozionare solo con l’alzata di un sopracciglio. La regia non è particolarmente brillante sotto un profilo dello stile ma si dimostra profonda nel tracciare tematicamente il percorso della crisi economica.
Nelle sale dal 14 marzo

A cura di katya Marletta


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