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Recensione "La letteratura nell'età globale" di Benvenuti e Ceserani

Creato il 26 novembre 2012 da Alessandraz @RedazioneDiario
Pubblicato da Andrea V. Cari lettori,
voglio parlarvi di un saggio, scritto a quattro mani da due studiosi italiani, Giuliana Benvenuti, italianista, e Remo Ceserani, celebre comparatista (Ceserani fa parte di quegli studiosi che hanno introdotto in Italia la disciplina). Nonostante alcuni limiti di cui dirò sotto e dettati probabilmente dal carattere di "introduzione a", la lettura è consigliatissima e scorrevole: La letteratura nell'età globale è una guida a come la circolazione dei testi non è più limitata all'Europa all'America, ma a come essa si è aperta a soggetti che prima erano esclusi. Piccola notazione: molto efficace la copertina: il sostegno di un mappamondo a circondare tre libri aperti.
Recensione Autori: Giuliana Benvenuti, Remo Ceserani
Titolo: La letteratura nell'età globale
Editore: il Mulino
Collana: Universale Paperbacks
Prezzo: 15 euro
Data di pubblicazione: maggio 2012
Pagine: 248
Descrizione: La dimensione globale del nostro tempo e la nascita di un mercato mondiale della cultura hanno prodotto tra i molti effetti anche una serie di trasformazioni della letteratura. Ma quali sono le sfide che questi mutamenti pongono a chi si occupa di letteratura per mestiere, per studio o per semplice interesse? Nel nuovo quadro delle relazioni sovra e trans-nazionali fra culture e lingue del mondo, occorre in primo luogo tornare a ragionare sul problema del canone e sul legame tra produzione letteraria e identità nazionale, ma ad essere chiamata in gioco è la definizione stessa di letteratura come forma di comunicazione artistica autonoma. Il libro fa capire che cos'è (e come si studia) la letteratura senza confini.
RECENSIONE Fino a pochi decenni fa il mondo gravitava intorno all’Europa e all’America; di conseguenza sia la circolazione dei testi, sia lo studio della letteratura erano legati a un ristretto numero di opere canoniche che definivano gli orizzonti culturali dell’Occidente colto. Tutto il resto era considerato non all’altezza di ricevere un’edizione in una lingua occidentale. Questa esclusione – propria di ogni discorso sul canone – riguardava sia i Paesi sottoposti all’imperialismo europeo, sia quelle nazioni che, pur vantando una dignitosissima tradizione letteraria, erano sentite come inferiori: le letterature dell’Est Europa, tranne rarissimi casi di opere singole, sono un esempio. 

Tutto questo è stato dettato per decenni da motivi economico-ideologici: l’Occidente è più potente economicamente, estende il proprio dominio su gran parte del globo, ergo è produttore di forme d’arte superiori. Dalla fine della Seconda guerra mondiale, però, le cose sono cambiate: a seguito dei processi di decolonizzazione, nell’universo globalizzato degli scambi di merci nuovi attori politici si sono affermati. Se l’Occidente aveva l’illusione che questi nuovi protagonisti limitassero la propria crescita al livello economico, il risveglio è stato brusco. Ma si sa: ogni scossone può dare una spinta a nuove consapevolezze. Se dunque un tempo i centri culturali erano Parigi, Londra, New York, ad essi si aggiungono oggi Tokyo, Shanghai, Sao Paulo, solo per citarne alcuni. I rapporti di forza a livello internazionale vanno cambiando. La cultura, e la letteratura in particolare, non può non risentirne. Ecco che allora vediamo comparire sugli scaffali autori provenienti da Brasile, Cina, Russia, Giappone, Antille, con testi che ci ripropongono le storie fondative della cultura occidentale sotto nuova luce, con un valore fortemente politico e sovversivo. Omeros di Derek Walcott è il caso più significativo. La Cina stessa, con investimenti solo difficilmente pensabili in un Paese che così poco investe in cultura come l'Italia, più che con i propri prodotti sta colonizzando il mondo con i propri istituti di cultura! Dovremmo perciò pensare a imparare in fretta il cinese, prima che la conoscenza dell'inglese risulti inadeguata per un mondo che cambia...

Ecco che dunque sorgono molte domande: quali sono le modalità attraverso cui un testo giunge a una forma di riconoscimento estetico tale da diventare appetibile a livello globale?; le pratiche di traduzione sono indipendenti da forme di violenza ideologica?; quale deve essere il legame tra cultura nazionale e mondo globalizzato, soprattutto nella creazione di nuovi programmi scolastici al passo con i cambiamenti radicali che il mondo sta attraversando? 

Questi sono i problemi sollevati da La letteratura nell’età globale. Cinque capitoli che spaziano dalla nascita del campo della comparazione della letteratura come comparazione tra letterature europee, e al massimo statunitensi, fino all’affermarsi di una prospettiva globale del confronto tra culture con la nascita dei cultural studies e degli studi post-coloniali. Il libro diventa a tratti appassionante con la narrazione delle proteste studentesche in importanti università statunitensi come Harvard e Yale per l’ampliamento del canone di testi studiati. Soprattutto le minoranze etniche e sessuali volevano essere rappresentate a livello letterario. Si potrebbe discutere se aprire le porte a qualsiasi rivendicazione costituisca più o meno segno di libertà democratica, ma questo è un altro discorso (chi è interessato può fare riferimento a Umanesimo e critica democratica di Edward Said). 

Quello che può lasciare un po’ perplessi è la scelta di riprendere argomenti già ampiamente noti, quali la nascita delle letterature comparate e il concetto di post-modernismo. In questa prospettiva tutto il capitolo 1 e parte del capitolo 2 non aggiungono niente a quanto un lettore mediamente colto – perché questo libro è scritto per lettori colti – già sa. Tuttavia, repetita iuvant. Soprattutto però, colpisce che non venga affatto citato un libro recente (2010), a cura di Armando Gnisci, Franca Sinopoli e Nora Moll, La letteratura del mondo nel XXI secolo, che per molti versi è simile e complementare al saggio di Benvenuti e Ceserani. Bisogna aggiungere poi che ci sono intere domande a cui non trovano risposta, ma solo accenni non risolti: in un mondo globalizzato, l’Occidente non viene solo investito da nuovi flussi di testi, ma succede anche il contrario. I testi occidentali vengono letti in contesti prima inimmaginabili. Penso a un articolo, recentemente pubblicato su Oblio, sulla fortuna dei classici italiani in Iran. Quali sono le conseguenze di questi incontri? E ancora più proficuo: da quando una certa linea degli studi sulla ricezione ha definitivamente ammesso che i classici latini e greci non appartengono solamente alla cultura occidentale, si è cominciato a studiare l’influenza dell’eredità greco-romana anche in territori più “esotici”, quali l’Africa o l’Oriente. I risultati sono stati sorprendenti, soprattutto per quanto riguarda l'Egitto. L’intero movimento della nahda egiziana – cioè il Rinascimento culturale innescato dall'invasione napoleonica – è guidato, nella sua ultima fase novecentesca, da traduzioni di epica e tragedia greche (ad esempio le famose versioni di Taha Hussein)! C'è sicuramente la mediazione del ritorno del classico nella Francia primo novecentesca (soprattutto, naturalmente a Parigi), ma la situazione cambia poco!


Benvenuti e Ceserani, pur nella loro pretesa di parlare della letteratura in modo globale, ricadono nella stessa trappola da loro stessi teorizzata: quando si parla di mondo, si parla sempre di Europa e America. Sarebbe stato più interessante che accanto ai già noti teorici della decolonizzazione (soprattutto Said e Spivak, i quali sono in un certo qual modo stati inglobati in un’ottica ideologica occidentale e sono diventati a loro volta classici del pensiero occidentale) si andassero a cercare autori e critici più radicali che parlassero dell’Occidente da un punto di vista “altro”, creando quello che da molti è stato definitivo “occidentalismo”. Se in America si è protestato contro il canone, che cosa è successo in Africa, in India, nel Medio-Oriente? E soprattutto: la teoria va sempre accompagnata dal riferimento ai testi letterari, testi che in questo saggio vengono spesso dimenticati. Eppure sarebbe necessario giudicare questo saggio con gli occhi di un profano: La letteratura nell'età globale vuole essere un'introduzione a uno sguardo mondiale sui fenomeni letterari; per andare oltre c'è sempre tempo! 

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