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Recensione "La luce del nord" di Donna Gillespie

Creato il 23 dicembre 2011 da Alessandraz @RedazioneDiario

Recensione "La luce del nord" di Donna Gillespie

Pubblicato da Valentina Coluccelli
Recensione Titolo: La luce del Nord - Dalla Germania alla Roma imperiale  Titolo originale: The Light Bearer Autrice: Donna Gillespie Editore: Aliberti Pagine: 1088 Prezzo: 21,90 Data di pubblicazione: 02/09/2010 Trama: Nel giorno della sua nascita, Auriane riceve da una sacerdotessa un misterioso amuleto e la profezia di una vita di gloria e di sventure. Figlia di un capo germanico, Auriane assiste agli orrori indicibili perpetrati da invasori spietati contro la sua tribù, e decide di consacrarsi alla vendetta. La fama delle sue mirabili gesta giungerà fino a Roma, alle orecchie del famoso statista Marco Giuliano, che al collo porta un amuleto identico e il cui destino si intreccerà presto con quello di Auriane… Un avvincente romanzo storico ambientato all’epoca dello scontro tra l’impero romano e le popolazioni germaniche, in cui, con continui colpi di scena, si intrecciano battaglie, passioni e riti pagani.
RECENSIONE “Gran parte di ciò che stava accadendo si perdeva nell’oscurità della luna, e in futuro la realtà si sarebbe trasformata in leggenda.”
Questo romanzo è monumentale, difficile trovare un altro aggettivo che meglio possa descriverlo, e non mi riferisco solo alla sua notevole mole di pagine, ma soprattutto al suo essere reale monumento alla Storia: alla Storia dell’uomo come umanità, che qui prende forma nel confronto epocale e fondante tra le civiltà Catta e Romana, e alla storia dell’uomo come singolo che qui trova una poetica e potente incarnazione nell’amore che lega i due protagonisti, Auriane e Marco Giuliano, rappresentanti di queste due civiltà.
Così questo romanzo è il racconto di due vite che camminano su due strade che, se pur distanti e straordinariamente diverse, procedono in un magico parallelismo sino a quando, predestinate da sempre, non si incrociano per realizzare una comunione di anime che non può che prendere la forma dell’amore. Ma è soprattutto il racconto di un intenso, vibrante, violento e abbagliante spaccato di Storia nel quale si confrontano e si scontrano, prevalendo o capitolando, due culture, al contempo madri e figlie di due popoli che hanno aggiunto il loro importante tassello al cammino dell’umanità.
Da una parte la Roma dei tempi di Nerone, con la sua potenza, la sua necessità di dare un ordine ad ogni cosa e di assoggettarla, di imbrigliare il sapere in costrutti razionali. Il popolo che ha affinato il pensiero, l’organizzazione, la possibilità del piacere, al punto da aver smarrito le proprie origini e, con esse, motivazioni e fini profondi e onorevoli. Il popolo che non crede più nei propri dèi, che veicola i responsi degli oracoli, che con assoluto disincanto onora con le parole e le statue riti e divinità, mentre col cuore ride di loro.
<<Qual è il significato sacro dei… dei sacrifici nell’arena?>> <<Una domanda scottante! Magari ne avessero uno, sarebbe meno vergognoso parlarne. Una volta ce l’avevano: tanto tempo fa, come rito funebre, i criminali dovevano combattere fino alla morte per il piacere degli dèi; si pensava che il lottatore ucciso divenisse il servitore di colui che era morto durante il suo viaggio nell’aldilà>>. <<Ma quindi adesso… noi non serviamo a rendere i campi più fertili, a propiziarvi la vittoria sui nemici o ad aiutare i morti? Moriamo così, senza motivo?>> <<Temo di sì>>.
Dall’altra parte i Catti, una delle tribù che si opposero con maggior tenacia ed efficacia al potere di Roma. Esponenti simbolo di quei popoli chiamati barbari dai romani, vivono una dimensione magica potente e saldamente legata alla natura nella quale sono immersi. La loro esistenza è scandita da originali ritualità in onore di divinità e figure mistiche cui credono con un abbandono che ha forse il sapore dell’ingenuità per i logici e assolutamente autarchici romani, ma che risulta efficace nella loro quotidianità collettiva e spirituale. E l’autrice sembra proprio voler rivalutare quell’immagine dei “barbari” che la “nostra” storia, quella di noi eredi della razionale civiltà romana, ha tramandato attraverso i secoli: sono certamente grezzi, violenti, non urbanizzati, ma ci sono una purezza e una fierezza nei loro atti, anche in quelli più feroci, che Roma non conosce più né conoscerà nuovamente in futuro. Ogni gesto, ogni scelta, ogni parola, sono giustificati dalla legge tribale, che ha una fortissima componente magica e religiosa. Ammutolisce per tristezza leggere i passi in cui il disincanto dei Romani riesce a scalfire l’innocenza selvaggia e la potente fede dei Catti, e a svuotarne l’anima magica
“Ogni loro azione quotidiana era un omaggio a una divinità: anche quando raccoglievano il grano immaginavano di liberare la dea Fria dal pesante frutto del proprio ventre. Sembravano preservati da ogni empietà: non succedeva mai che tradissero i loro dèi, come invece spesso faceva la sua gente. […]non avanzavano dritti verso una meta, ma lungo un cerchio infinito, seguendo ciecamente il ciclo delle stagioni e le loro tradizioni. Non si aspettavano che qualcosa migliorasse o peggiorasse: festeggiavano, si accoppiavano, mangiavano e combattevano senza un motivo particolare, e le loro vite erano immutabili come le stelle. Era questo ciò che lo turbava di più.”
Conosciamo i Catti attraverso la vita di Auriane, selvaggia e fiera figlia del capo tribù Baldemar, che l’autrice ci racconta dalla sua nascita, adombrata da una profezia, alla caduta nelle grinfie dei romani come prigioniera, cui seguono la deportazione a Roma e l’arena gladiatoria, dove viene condannata a combattere col nome di Aurinia. Le incredibili tenacia e forza, con cui Ariane affronta tutta la vita e in particolare quest’ultima terribile prova, la portano a trionfare sui romani e la loro civiltà deviata, su se stessa, e sulla vita. Alla sua esistenza cristallina, fiduciosa in forze più grandi e divine, condotta a testa alta, sempre, si contrappone quella di Marco Giuliano, il sensibile, compassionevole e intelligente figlio del senatore Marco Arrio Giuliano. Durante l’infanzia la sua identità gli viene strappata perché possa essere al sicuro, a causa degli intrighi e dei giochi di potere del senato romano, e una volta cresciuto ed essersene rimpossessato è ancora costretto ad assoggettare la sua intelligenza e la sua anima amante del sapere alle manovre, alle sottigliezze, e agli inganni nel suo ruolo di senatoree consigliere dell’imperatore.
L’immagine dei Romani ci arriva dunque attraverso le ingiustizie e le violenze che infliggono ad Auriane e al suo popolo, attraverso le privazioni e le insidie cui è sottoposto Marco, e attraverso i ritratti di cinque imperatori (Nerone, Vespasiano, Tito, Tito, Domiziano, Nerva)  che tra follie, imprese belliche, megalomanie architettoniche, debolezze umane, hanno stretto tra le mani le vite di migliaia di persone, facendo bello e cattivo tempo, concedendo la vita o condannando alla morte. I romani, acclamati vincitori dalla Storia, escono invece perdenti da queste pagineA vincere è invece, su tutto, l’amore bellissimo, tenero e un po’ magico tra Auriane e Marco, che riescono a vedere oltre le differenze che li dovrebbero separare, che riescono a comprenderle e ad accoglierle invece che combatterle, in una meravigliosa comunione di anime capace di spalancare una finestra di speranza sul futuro, loro come individui e dell’umanità per estensione. 
“Auriane si addormentò nuda, distesa sopra di lui  con una mano stretta nella sua e la testa appoggiata sul suo petto; era ancora la bambina di Athelinda, accoccolata nel suo letto di paglia in quei giorni felici prima che la casa bruciasse. Sentì di aver trovato la propria terra, il proprio clan e il proprio compagno in una sola persona.”
In questo ricco, colorato da mille differenti tinte e impreziosito da mille differenti anime, profondo, epico libro, in parte per la scrittura in terza persona, in parte per i repentini focus sui points of view dei personaggi differenti nella stessa scena, in parte per un certo modo di scrivere dell’autrice, ci si ritrova ad essere spettatori più che partecipanti della vicenda e delle vite dei protagonisti. Spettatori però privilegiati di una scena su cui si svolge il dramma della Storia ma anche la celebrazione della vita. Un capolavoro! L'AUTRICE: A otto anni Donna Gillespie chiese come regalo di Natale un libro di archeologia: da allora è appassionata di storia e civiltà antiche. Durante le approfondite ricerche per  La luce del Nord, si è immersa nel mondo della cultura romana e delle tribù germaniche leggendo qualsiasi libro riuscisse a scovare in materia. Vive a San Francisco e ha intrapreso la carriera letteraria dopo essersi occupata di fotografia e belle arti.  La luce del Nord  è il suo primo romanzo (1994), di cui nel 2006 è uscito il seguito, Lady of the Light Sito dell'autrice QUI

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