Titolo: La sorella di Mozart
Autrice: Rita Charbonnier
Genere: Romanzo storico
Editore: Piemme
Collana: Bestseller
Data di pubblicazione: 25 gennaio 2011
Pagine: 336
Prezzo: € 10,50
Trama: Salisburgo, 1756. Nannerl è una bambina quando le sue dita iniziano a danzare sulla tastiera del clavicembalo, quando le note prendono ad affacciarsi nella sua mente con naturalezza e armonia. A soli cinque anni il suo talento musicale è motivo d'orgoglio per il padre, Leopold Mozart. Ma quella stessa natura che le ha concesso un dono tanto straordinario è stata assai meno generosa quando ha deciso di portare nella sua casa un nuovo nato: Wolfgang Amadeus, un fratello che Nannerl saprà amare sinceramente ma le cui doti sono destinate a gettare nell'ombra le sue. Perché un talento sbocciato in un corpo di donna è guardato con diffidenza e non merita di essere coltivato. Così, mentre il padre sceglie l'Europa come teatro per le esibizioni di Wolfgang investendo sul figlio ogni ricchezza ed energia, negli anni Nannerl è costretta a soffocare la sua passione per la musica, e a farne una mera fonte di guadagno tramite l'insegnamento. Archiviando come un ricordo doloroso le partiture a lei tanto care, smette del tutto di suonare. Da quel momento la sua vita si snoda lungo percorsi più consueti, arrendendosi alle convenzioni imposte dalla società. Conosce l'amore, conosce il dolore che solo le persone davvero care possono infliggere, e la delusione che si annida in un'esistenza che è sempre e comunque una rinuncia a se stessi. Fino a quando non ritroverà la forza di riaffermare la sua vera natura, riscoprendo nella musica, il suo amore più autentico, una rinnovata ragione di vita.
RECENSIONE Inizio la mia recensione con un commento che alcuni “colleghi” potrebbero definire poco critico ed oggettivo, ma non posso esimermi dall’affermare subito che da tanto tempo, nella mia quasi trentennale esperienza di divoratrice di libri di qualsiasi genere e nazionalità, non leggevo un romanzo italiano che mi piacesse così tanto. Ecco, l’ho detto.
Ora posso proseguire con animo sereno, introducendovi alla storia di una famiglia veramente notevole, quella dei Mozart, composta dalla vivace e “verace” madre Anna Maria, dal padre Leopold, severo e autoritario, innamoratissimo della propria consorte; e dai due figli Nannerl e Wolfgang, cinque anni di differenza, molto affezionati tra di loro, e uniti dalla passione per la musica e fin dalla più tenera età dotati di capacità sia creative sia performative fuori dal comune. Durante l’infanzia dei propri figli Leopold fa di tutto per educarli alla musica in modo paritario, facendoli suonare insieme in pubblico, e con grande gioia di entrambe, i quali sembrano vibrare all’unisono, incontrandosi in un mondo che appartiene solo a loro e di cui solo loro sono gli artefici e i dominatori. L’autrice rende in modo suggestivo e coinvolgente tale simbiosi, ad esempio, descrivendo il concerto “improvvisato” dei Piccoli Mozart di fronte al principe elettore e alla principessa Maria Antonia: E di dolorose rinunce, a partire dall’adolescenza, Nannerl ne subisce diverse, e tutte coinvolgono le due cose che ama di più al mondo: suo fratello e la musica.
Leopold, comprendendo il genio del figlio, si concentra esclusivamente su di lui, spingendolo a studiare con i migliori maestri e coinvolgendo tutta la famiglia in un viaggio in Europa che li porta a conoscere diversi personaggi famosi della loro epoca, come Mme De Pompadour e Johann Christian Bach, ma contemporaneamente segna l’inizio dell’allontanamento dei due fratelli; e il rapporto della ragazza con il padre, sempre più convinto sia per motivi personali sia a causa dei costumi dell’epoca, che reputavano una ragazza in grado di esprimere le proprie doti musicali unicamente in veste di esecutrice o insegnante, e non di compositrice, si incrina irrimediabilmente. Un ulteriore allontanamento tra Nannerl e Wolfgang si crea in occasione del viaggio del secondo in Italia insieme al padre, finanziato dalle lezioni di musica che lei impartisce a giovanette dell’alta società: Leopold le ha comperato a tal fine, e per un senso di colpa mal celato, un pianoforte, strumento di nuova invenzione. In uno slancio disperato la giovane da fuoco a tutti gli spartiti delle sue composizioni, che aveva tenuto sempre con se fino a quel momento, e giura di non comporre mai più niente, augurando buon viaggio ad un fratello diviso tra la voglia di crescere ed sperimentare e la profonda sofferenza per la sorella.
Sul palco Wolfgang e Nannerl improvvisavano musica, come amavano fare per se stessi, senza dettami e con l’assurdità del genio. Giocavano nel condividere forme e soprassalti timbrici che a nessun altro era dato intuire e che dalla mente di lui passavano a quella di lei, per poi tornare indietro. Lei abbandonò il flauto e sedette al cembalo, lui abbandonò il violino e cantò mentre lei lo accompagnava. Lei solo non ebbe cuore di ribellarsi al divieto del padre e non toccò il violino; ma l’applauso che ricevette al termine la ripagò anche di quella rinuncia.Nannerl cerca di isolarsi ma viene spinta dalla madre a presenziare ad eventi mondani, e durante uno di questi viene presentata al barone Johann Baptist von Berchtold zu Sonnenburg, il quale inizia a corteggiarla. Lei non accetta tale corteggiamento, anzi, non perde occasione di deriderlo, anche pubblicamente, creando scandalo: ma, come avrete già capito da quanto da me riassunto finora, brevemente e in modo imperfetto, del brillante romanzo della Charbonnier, Nannerl non riesce ad essere ciò che non è, non vuole rinunciare a dimostrare i suoi sentimenti liberamente, come a dire, mi avete tolto tutto, non fatemi rinunciare anche a questo, all’ultima parte di me stessa, alla mia sincerità. Sincerità che, come spesso accade, non viene compresa e può ritorcersi contro un’anima pura come la sua. Voglio sottolineare che in questa occasione ho usato pura non nel senso di ingenua, perché Nannerl è tutto tranne questo, anzi, vede le cose in modo chiarissimo e, anche se in modo appassionato, non per questo i suoi sentimenti la accecano. L’unica volta in cui non è oggettiva è, a mio avviso, nella sua storia con il maggiore Franz Armand d’Ippold. Conosciuto dopo aver iniziato ad impartire clandestinamente lezioni alla giovane e talentuosa figlia del maggiore, la bella Victoria, Nannerl inizia un rapporto che sembra svilupparsi più sulla carta attraverso le lettere che i due si scambiano quando lui è in missione che attraverso gesti di sincero affetto, portandoli quasi ai piedi dell’altare, se non fosse che.. Wolfgang, seducendo Victoria, sembra porsi di nuovo tra la sorella e il suo presunto destino, ma, mentre lì per lì alla ragazza sembra di perdere nuovamente tutto ciò che desiderava, prima ancora di averlo raggiunto, la “convalescenza” dal trauma della fine della sua storia d’amore la porta in un paesino di montagna, ospite della ex donna di servizio dei Mozart, dove incontrerà nuovamente Johann Baptist e scoprirà finalmente che amore non deve per forza fare rima con dolore, o comportare sacrifici per essere “nobile”, ma che la chiarezza, la passione e la dedizione reciproca, con un tocco di sana “leggerezza”, possono guidare verso vette di gioia inimmaginabili.
Nannerl smetterà così di ritenersi indegna di essere amata, e alla fine di accontentarsi, perché nonostante il suo carattere forte e indipendente, non ha potuto mai sviluppare i suoi più profondi desideri, si è annullata, e la sua storia con Armand, pur senza lieto fine, le svela che la vera libertà d’animo si scopre in tutta la sua grandezza solo nel momento in cui si prende coscienza che la propria felicità non si può far dipendere da cose o persone, ma unicamente da se stessi, e che tale consapevolezza non deve costituire un limite ulteriore ma essere la base di una vita piena e appagante, anche nei casi in cui non si può scegliere in tutto e per tutto come viverla.
Nannerl non recupererà mai il suo rapporto con il fratello, neanche dopo la morte dei genitori, né vuole più suonare o insegnare musica ai propri figli; ma al momento della morte di Wolfgang corre a Vienna alla ricerca di una possibile verità su come possa essere avvenuta (è stato veramente avvelenato? E da chi?), si farà premura di raccogliere le sue opere e di farle pubblicare, ed è grazie a lei quindi che la memoria di Wolfgang Amadeus Mozart e il frutto del suo ingegno hanno potuto arrivare fino ai nostri giorni. E tornerà da Vienna con la voglia di ricominciare a suonare e di condividere con i propri cari tale amore.
La scrittrice svela la storia di Nannerl e dei Mozart tenendo il lettore per mano, guidandolo tra passato e presente con leggerezza e senza confonderlo, in un viaggio fantastico nella musica e nell’animo dei protagonisti, ricco di immagini vivide e coerenti con il carattere dei personaggi. Il linguaggio è scorrevole, senza esuberi in descrizioni o aggettivi (tranne nel caso della corrispondenza tra Nannerl e Armand, in cui ogni termine, in modo del tutto idoneo alla situazione e al momento storico in cui i due si sarebbero scritti, viene scelto con cura per non dare adito a fraintendimenti nel destinatario originale). Un romanzo che mi ha profondamente commosso e contemporaneamente mi ha fatto sentire “viva”, e che consiglio caldamente, da leggere con gli occhi e con il cuore.
BOOKTRAILER
L'AUTRICE:
Nata a Vicenza, ha vissuto a Matera, Mantova, Genova, Trieste, per poi stabilirsi a Roma. Ha fatto studi musicali e ha frequentato la Scuola di Teatro dell’Istituto Nazionale del Dramma Antico di Siracusa. È stata attrice e cantante in teatro, recitando al fianco di celebri artisti. In seguito si è dedicata alla scrittura e, dopo aver collaborato come giornalista con riviste di spettacolo, ha iniziato a scrivere sceneggiature e infine romanzi. Il primo, La sorella di Mozart (Corbaccio, 2006), ha riscosso un grande successo in Italia e all’estero.