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Recensione “La storia di una bottega” di Amy Levy

Creato il 10 aprile 2013 da Alessandraz @RedazioneDiario
Pubblicato da Gabriella Parisi Cari lettori, vi parlerò oggi di un piccolo gioiello dimenticato della letteratura vittoriana. Qui in Italia nessuno, o quasi, aveva mai sentito parlare di questa scrittrice inglese di origine ebrea, morta suicida a ventisette anni, Amy Levy, finché la casa editrice perugina Jo March non ha selezionato il suo libro, The romance of a shop, per tradurlo come secondo titolo della collana Atlantide, dopo il grande successo di Nord e Sud di Elizabeth Gaskell. Ho avuto la fortuna di poter leggere in anteprima questo libro, quando la traduzione era ancora una bozza, ma subito ho compreso il motivo per cui Jo March lo ha scelto con determinazione per la sua collana. Non riesco invece a spiegarmi come mai questo romanzo continui a essere quasi sconosciuto nei paesi anglofoni. La storia di una bottega esce oggi e sarà disponibile on-line e nelle librerie italiane. Ci auguriamo che riscuota tutto il successo che merita. Recensione “La storia di una bottega” di Amy LevyAutore: Amy Levy Titolo: La storia di una bottega Titolo originale: The romance of a shop Traduzione di Lorenza Ricci e Valeria Mastroianni Casa Editrice: Jo March Collana Atlantide pagine: 216 Prezzo: € 12,00 Data pubblicazione: 10 aprile 2013 Trama: Nella Londra di fine Ottocento, le giovani sorelle Lorimer perdono improvvisamente il padre e finiscono sul lastrico. Rifiutandosi di accettare un destino che le vedrebbe tutte divise tra i vari familiari che si sono offerti di dar loro ospitalità e protezione, intraprendono un percorso più complicato e rischioso, che però permette loro di restare insieme e di sopravvivere con le proprie forze. La preziosa eredità che hanno potuto mettere da parte, infatti, non è una somma di denaro bensì la capacità di esercitare l’arte che hanno imparato dal genitore e che intendono coltivare con passione e volontà tanto da farne un mestiere. Tra lo sgomento dei parenti, le quattro donne scelgono di mettere in vendita la grande casa di famiglia e di trasferirsi nell’affollata e viva Baker Street, nel centro di Londra, dove aprono una bottega di fotografia. Non è facile la vita delle giovani fotografe, presto bersagli di commenti maligni dovuti alle loro necessarie frequentazioni con le botteghe d’arte e gli artisti più in voga. Lacerate dai dubbi, sballottate dai colpi della fortuna, eppure appassionate e tenaci, Gertrude, Lucy, Phyllis e Fanny resistono alle privazioni e alla miseria, conquistandosi uno spazio nella società e difendendo con le unghie la propria indipendenza. Una indipendenza ancora per nulla scontata nella tarda età vittoriana, quando la “new woman” è una creatura ancora sperimentale, che deve lottare per ritagliarsi un proprio spazio nel mondo pubblico.
RECENSIONE Recensione “La storia di una bottega” di Amy LevyLa storia di una bottega ha molto in comune con Piccole Donne di Louisa May Alcott. È la storia di quattro sorelle dallo spirito indipendente, di cui la seconda, la più intraprendente, diventa suo malgrado la protagonista del romanzo. Come Jo March, Gertrude Lorimer si diletta a scrivere e vede rifiutati i suoi tentativi letterari (nel suo caso si tratta di commedie, mentre Jo March scriveva racconti). Entrambe le famiglie si trovano in difficoltà finanziarie ma, mentre le sorelle March hanno la guida di una madre affettuosa, equilibrata e dal polso fermo, le quattro sorelle Lorimer si troveranno a dover contare solo su se stesse fin dalle prime pagine del romanzo, perché non vogliono vivere dell'elemosina dei parenti. La più grande delle quattro, Frances detta Fanny, figlia di primo letto di Mr Lorimer, e quindi una sorellastra, è una ‘donna d'altri tempi' e viene coinvolta dalle sorelle a fare qualcosa che non si sarebbe mai immaginata. La sua attitudine sarebbe quella di essere presa in custodia prima da un padre ed eventuali fratelli, poi da un marito ma, dal momento che non ha più né gli uni né l'altro, deve fare buon viso a cattivo gioco e assecondare le sorelle nei loro progetti. Le altre tre Lorimer sono 'donne nuove', intraprendenti, pioniere. Nel 1872 nel Regno Unito era nato il movimento delle suffragette, un movimento che si proponeva di chiedere il suffragio femminile. Gertrude, Lucy e Phyllis sono consapevoli che qualcosa sta cambiando per le donne, hanno forse letto il libro di Mary Wollstonecraft del 1792, Rivendicazione dei diritti delle donne ― di certo ne conoscono l’esistenza ― e non sono disposte a fare dei matrimoni di convenienza, affidando il loro futuro agli uomini.
Recensione “La storia di una bottega” di Amy Levy Il libro si apre con la morte del padre delle ragazze e con il loro futuro incerto. La zia Caroline Pratt subito si offre di ospitare due delle ragazze, nella speranza che trovino presto dei mariti, mentre le altre due dovrebbero essere ospitate da un altro zio in India dove per le giovani di buona famiglia, anche le meno avvenenti, è più facile trovare buoni partiti. Ma le ragazze, a cui il padre ha lasciato in eredità, oltre ai debiti, l'apparecchiatura fotografica e una discreta tecnica per utilizzarla, decidono di buttarsi nell'avventura di aprire un negozio di fotografia. Si tratta di qualcosa di assolutamente impensabile per delle ragazze 'a modo' per le quali un lavoro nell'ambito del commercio non è di certo un lavoro 'consono'. Istitutrici, scrittrici forse, ma un volgare commercio? Un'attività considerata degradante perfino per un uomo?
Le ragazze si danno subito da fare, grazie anche alla famiglia Devonshire, dei buoni amici che non le abbandoneranno mai, soprattutto nei periodi più bui ma, all’inizio, i clienti saranno pochi, molti dei quali avranno esigenze in più per il solo fatto che le fotografe sono delle donne. Gertrude e Lucy (Phyllis è ancora giovane e ha un carattere troppo incostante) dovranno non soltanto dimostrare di essere brave quanto se non più degli uomini, ma dovranno anche arginare le pretese di coloro che vorranno pagarle meno, per lo stesso servizio, solo perché donne.
Recensione “La storia di una bottega” di Amy LevySoltanto quando entreranno nel giro degli artisti, che le chiameranno per realizzare i cataloghi dei dipinti, sarà la professionalità a parlare per loro. In questo ambiente, però, ci saranno nuove difficoltà in agguato, perché si troveranno a dover lavorare gomito a gomito da sole con uomini, in situazioni che sono contro le convenzioni dell'epoca ― un punto di riferimento per loro fino a quel momento ― vivendo una libertà che potrebbe travolgerle o, come minimo, rovinare loro la reputazione. Il romanzo è ambientato nella Londra 'nuova', una Londra che comincia a essere consapevole dell'aria di cambiamento. Gertrude la domina dall'alto dell'omnibus, brulicante di folla in quella stessa Baker Street che aveva visto, appena l'anno prima, la comparsa al numero 221B di Sherlock Holmes. Una Londra in cui vedere una donna nubile che cammina da sola con un uomo che non è suo parente fa meno scalpore di qualche anno prima, una Londra in cui caste e famiglie contano meno, dove chi conta è l’“individuo” per il suo valore, non per la sua nascita. Una Londra in cui si è sviluppato un nuovo concetto di arte collegato alle immagini: l'arte fotografica, un'innovazione fra le arti figurative, che stravolge il modo di guardare il mondo. E le Lorimer costituiscono una novità nella novità. Eppure, nonostante la sua innovazione, La storia di una bottega resta ancora intrappolato nelle idee vittoriane, in cui chi ha sbagliato secondo le convenzioni deve pagare, anche se in realtà è innocente, in cui la donna trova sì la realizzazione nel lavoro, ma anche la felicità nell'amore. Forse questo lo rende addirittura più moderno dei suoi tempi, quasi attuale, esattamente come la prosa della Levy, sciolta, lineare, moderna, priva di ogni fronzolo di retaggio romantico. La Jo March sembra aver aperto un forziere e trovato un piccolo grande tesoro; ora lo mette a disposizione di quanti vorranno leggerlo. Io ve lo consiglio. Assolutamente. Recensione “La storia di una bottega” di Amy Levy L'AUTRICE Amy Levy (10 novembre 1861– 10 settembre 1889) scrittrice e poetessa inglese. Figlia di una famiglia giudaica praticante, la Levy abbandonò la religione da adulta, pur considerandosi un’ebrea. Fin da piccola si interessò di letteratura: a tredici anni scrisse un saggio su Elizabeth Barrett Browning e la sua opera femminista Aurora Leigh e a quattordici anni pubblicò sul famoso giornale Pelican il suo primo poema: Ida Grey: A Story of Woman's Sacrifice. Fu la prima studentessa ebraica al Newman College di Cambridge, nel 1879, ma lo abbandonò dopo soli quattro semestri. Scrisse numerosi racconti, fra cui Cohen of Trinity e Wise in Their Generation furono pubblicati dalla rivista di Oscar Wilde "Women's World". Ha scritto tre romanzi The romance of a Shop, Reuben Sachs (entrambi del 1888) e Miss Meredith (1889). Ha scritto numerose opere in versi che affrontano il tema femminista e l’amore saffico. La più importante è Xantippe and Other Verses (1881). Il 10 settembre 1889, poco prima del ventottesimo compleanno, si chiuse nella sua camera e si suicidò inalando i fumi di carbone. La storia di una bottega è la sua prima opera a essere tradotta in italiano.

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