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Recensione "Nuova Terra. Gli occhi dell'erede" di Dilhani Heemba

Creato il 01 maggio 2012 da Alessandraz @RedazioneDiario
Pubblicato da Valentina Coluccelli Recensione Titolo: Nuova Terra. Gli occhi dell'erede Autore: Dilhani Heemba Pagine: 586 Autopubblicato con: Lulu.com Prezzo: 9,95 QUI; 16,93 su Lulu.com Data di pubblicazione: 21 gennaio 2011 Trama: La Terra come la conosciamo è cambiata, è cambiato il suo aspetto e la sua popolazione: a Nuova Eyropa, oltre alla Razza Umana, vivono la Razza dei Lupi Grigi e la Razza delle Tigri Bianche, uomini in grado di trasformarsi nei rispettivi animali e in conflitto tra loro da più di cento anni. Shayl’n Til Lech, cresciuta come Umana in un orfanotrofio, impara a conoscere la povertà, a combattere con i pugnali e a odiare e temere i Lupi, le Tigri e la loro guerra. Gli occhi di Shayl'n hanno una strana colorazione, che lei crederà sia solo un brutto scherzo del destino, fino a quando non verrà rapita da un gruppo di Tigri Bianche. Con loro dovrà affrontare la sua natura di Mezzosangue, la sua eredità nascosta per anni, il potere del suo sangue e della sua mente, la disperazione della morte, le ragioni della guerra e le mille sfaccettature dell'amore. Attraverso territori ammantati di neve, deserti sabbiosi, città vecchie e nuove, dovrà lottare per se stessa e per le persone che ama con ogni mezzo: pugnali, pistole, artigli, seduzione e sentimenti.
RECENSIONE
«Per me l’amore sei tu che sorridi quando mi vedi. Sei tu che hai paura e non ti tiri indietro quando devi difendere qualcuno. Sei tu che mi dici di no quando qualcosa non ti va e tu che mi dici di sì solo per farmi piacere. È il modo in cui ti appartengo pur rimando io; il modo in cui mi sento quando sono con te. Il modo di prenderci cura l’uno dell’altra. È il fatto che… posso rinunciare a qualcosa di me, pur di stare con te. E poi è il modo in cui fai l’amore con me, è fare l’amore con te. Posso dirlo?»
Ci sono libri che rapiscono l’anima. La trasportano in luoghi mai visti prima, che le divengono così familiari da convincerla di esserci stata da tempo; e le presentano volti e cuori prima sconosciuti, che le diventano così intimi da farle credere siano sempre stati dentro di lei. Ci sono libri che rapiscono l’anima per non lasciarla andare più. Perché non rimangono mere parole nero su bianco, ma prendono vita – vita vera – dentro di noi e conquistano un piccolo spazio tutto loro, che non abbandoneranno al chiudersi dell’ultima pagina. Nuova Terra è uno di questi libri. Certo il suo notevole volume, che “costringe” a vivere dentro al suo universo per numerose ore, potrebbe essere considerato un valido alimentatore del coinvolgimento e della partecipazione che il libro induce nei lettori. Ma non è possibile limitare a questo la forza di Nuova Terra, il cui nucleo gravitazionale che trascina il lettore all’interno della sua esosfera – e non consente più di uscirne – è definito dalla consistente stabilità del suo mondo e soprattutto dalla concreta credibilità della sua protagonista

Il world-building di Nuova Terra è un’interessante combinazione di elementi tipici del fantasy e dello urban fantasy e di elementi riconducibili al distopismo postapocalittico, ma rielaborati in termini assolutamente originali che impediscono qualunque proposito di vincolare il libro al genere. La Terra, dopo una serie di cataclismi avvenuti nel 2012, ha cambiato volto: “la crosta terrestre si è mossa così tanto che nulla o quasi [è] rimasto come prima” distruggendo antichi continenti e modellandone altri, con nuovi monti, nuovi confini, nuovi climi. Ma soprattutto una nuova umanità. Prima del 2012, infatti, molte nazioni avevano investito nella ricerca – e in seguito nell’applicazione – di un possibile potenziamento genetico del genere umano, che gli permettesse di sopravvivere ai previsti eventi catastrofici che avrebbero rischiato di sterminarlo. Grazie a queste manipolazioni genetiche, Nuova Terra è ora popolata da quello che è rimasto della Razza Umana, dai numerosi Bamiy, la Razza dei Lupi Grigi, e dai potenti Tiouck, la Razza delle Tigri Bianche. Queste due nuove razze, favorite dal mutamorfismo e agevolate nella sopravvivenza dalla potenza, dalla resistenza e dall’agilità delle loro controparti animali, vivono un conflitto che si protrae da oltre cento anni e che investe anche gli indifesi umani. La protagonista Shayl’n Til Lech cresce in un orfanotrofio umano nei sobborghi di quella che una volta fu la città di Roma – nel continente ora chiamato Nuova Eyropa –, nelle ristrettezze cui gli Umani sono costretti dai Bamiy, dominatori incontrastati. La particolare pigmentazione degli occhi che la rende allo sguardo di tutti Umana solo per metà, un’indole un poco introversa e all’apparenza egoista; la povertà e l’oppressione dei Lupi che le impediscono di vivere in libertà, concorrono a fare di lei un’anima emarginata e poco comunicativa anche a livello affettivo, nonostante le amorevoli cure e attenzioni con cui la cresce Madre Brìgit, la sorella dell’ordine mariano [nota 1] che si occupa dell’orfanotrofio. Ma quando un gruppo di Tigri – capitanate dal guerriero Ahilan Dahaljer Aadre – inaspettatamente la rapisce, per Shay inizia un cammino di scoperta delle sue origini, della propria natura, e soprattutto di se stessa. E l’orfana silenziosa che mortificava la propria anima combattiva, che nelle prime pagine del libro si confonde nel grigio della popolazione e dei muri della città di Roma, inizierà a brillare della propria luce interiore accettando il proprio destino e lottando con tutte le sue forze per non soccombergli “come una prigioniera ribelle, come una schiava insignificante, come una principessa delle favole, come una guerriera capace di lottare con i pugnali, come una ballerina di danze orientali e infine come [possibile] sposa del Sultano di Nayband”. Shay passa dunque dal grigio e dall’anonimato, alla luminescenza e a un’autodeterminazione che ha i toni decisi e fieri del senso di giustizia, della compassione, della difesa dei più deboli e innocenti, dell’amore in tutte le sue forme – amicale, fraterno, umanitario, passionale. La sua fragilità e la sua forza; il suo terrore e il suo coraggio; la sua sfrontatezza e la sua dolcezza; il suo continuo sbagliare e il suo rialzarsi dopo ogni caduta, sono opposti che convivono in lei e che fanno di Shay una donna così ricca di sfumature e contraddizioni da essere assolutamente vera, concreta, tridimensionale. In una parola, reale. Shay sbaglia, s’infuria e parla spesso nel momento e nel modo sbagliati. Eppure si riprende ogni volta, riconosce e ammette i propri errori, si impegna a rimediare. Nella sua imperfezione, il personaggio assume i contorni perfetti della persona. Non sono da meno i numerosissimi comprimari, più o meno caratterizzati, più o meno rilevanti per la narrazione, ma sempre credibili e coerenti, mai prevedibili. Fanno forse eccezione a questa quadratura le due principali figure antagoniste, sulle quali fanno perno sia la guerra sia la triste vulnerabilità di Shay: il re delle Tigri Tagron e il re dei Lupi Belden, che tendono a prendere a tratti i caratteri dei cattivi tout court guidati da astuzia, macchinazioni, strategie, crudeltà ed egoismo smisurato, dietro ai quali non si cela, o comunque non riesce ad emergere, una vera e propria personalità.

«Ti amo, Dahal, ricordalo quando non sono qui.» Mi alzai. «Devo andare adesso.»Mi prese una mano e annuì.«Dimmi qualcosa», bisbigliai. «Con le labbra.»Sollevò gli occhi sul mio volto e si schiarì la voce. «Torna da me.»Il flebile suono che uscì dalla sua bocca mi commosse. La sua mano si strinse sulla mia.«Ovunque e comunque.»
Con i giusti tempi, la credibilità e la naturalezza coinvolgente con cui l’autrice tratteggia l’intero romanzo, nasce e cresce anche la storia d’amore tra Shay e Dahal, prima prigioniera e aguzzino, poi compagni, amici e infine amanti. Per sempre. “Ovunque e comunque”. Il loro amore segue un cammino imprevedibile, difficile e sempre toccante, punteggiato da scene di sconvolgente bellezza e da altre di struggente incomprensione. Le separazioni tra Shay e Dahal – dovute al destino o ai loro errori –, intessono il fil rouge dell’intera trama; un filo rosso acceso e a volte accecante che incede – correndo o incespicando – accompagnato spesso dall’eco addolorata e spaventata dell’invocazione di Shay: “Dahal, dove sei?Un grido – o un sussurro spezzato – che torna più e più volte a colpire il cuore, e che chiude anche questo primo libro lasciando senza parole e con i battiti accelerati.

Nuova Terra è un libro intenso: fa arrabbiare, fa sognare, emozionare e sperare, e qualche volta spinge anche a chiuderlo, per interrompere il contatto, troppo vivo, nei momenti difficili e dolorosi. Nuova Terra è un libro densissimo – di eventi, personaggi, viaggi, cambi di rotta, scelte e cadute –, al punto che leggendo sembra di avanzare in un’atmosfera satura, che riempie al colmo i polmoni e rallenta i passi; si legge per ore e le pagine che mancano alla fine sembrano non diminuire mai. E, infine, Nuova Terra è anche un libro imperfetto, che perde talvolta mordente in alcuni capitoli, che a tratti incespica nel ritmo, che a volte sembra forzare all’economia della narrazione le azioni e le decisioni di alcuni personaggi (pur motivandole), e che reitera alcuni moduli narrativi a più riprese. Ma ogni imperfezione è assolutamente perdonabile, minimizzata e giustificata dall’incomprensibile necessità di autopubblicare un libro di tale portata, e compensata dall’emozione che offre e dalla palese capacità dell’autrice di definire il suo mondo e di sondare l’animo dei suoi personaggi.

NOTE
1 Il Marianesimo è l’interessante formula religiosa creata dall’autrice per gli Umani, il risultato di una realistica – e potenzialmente probabile – rielaborazione dei vari credo cristiani che, impoveriti delle strutture clericali e soprattutto della fede in seguito ai cataclismi, si sono raccolti attorno al semplice culto di Maria, in una sorta di ritorno alla Grande Dea Madre in una chiave postapocalittica e post cristiana.
L'AUTRICE Nata nello Sri Lanka, è italiana per adozione. Ama scrivere, leggere e disegnare fin da bambina. Scrive racconti e poesie da sempre e ha scritto per sé due romanzi finiti. Nuova Terra è il suo quarto romanzo di cui ha scritto e finito il seguito, Nuova Vita; sta scrivendo un urban fantasy ambientato a Roma. Scrive racconti e poesie in rete, sul proprio blog e sui siti degli amici. Dilhani Heemba è uno pseudonimo: Dilhani è uno dei nomi più usati nello Sri Lanka, dove è nata, significa “piccola stella”; Heemba é una sorta di acronimo del suo inizio nome, cognome e secondo nome. Il suo blog QUI

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