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Recensione "Ossigeno" di Carol Cassella

Creato il 30 aprile 2011 da Alessandraz @RedazioneDiario
Cari lettori,
ho il piacere di presentarvi oggi il romanzo d'esordio di Carol Cassella, autrice americana originaria di Dallas che con il suo Oxygen ha subito conquistato le vette delle classifiche letterarie statunitensi e sembra aver destato interesse anche nel mercato editoriale italiano a seguito della pubblicazione da parte di Giunti Editore. Library Journal ha votato Oxygen tra i libri migliori del 2010
Titolo: Ossigeno Autore: Carol Cassella Traduttori: Bottali G., Levantini S. Editore: Giunti Editore Collana: A
Data di Pubblicazione: 16 marzo 2011
Pagine: 416
Prezzo: € 15,00
Trama: Marie Heaton, una giovane e stimata anestesista in una delle cliniche più importanti di Seattle, è ancora single e vive della grande passione per il suo lavoro. Ma un giorno, durante un banale intervento, una piccola paziente di nome Jolene muore per un inspiegabile arresto cardiaco. Disperata, la madre della bimba decide di far causa all'anestesista per negligenza. Da quel momento la vita di Marie viene sconvolta: la compassione, mista al sospetto dei colleghi, mina la sua autostima, lo sguardo della madre di Jolene la ossessiona, le pressioni sempre crescenti dei superiori la spingono ad allontanarsi dal lavoro. Solo l'ex fidanzato Joe cerca di consolarla. Ma Marie non si dà pace e poco a poco inizia una sua privatissima indagine: che cosa ha realmente provocato la morte di Jolene quel giorno? È possibile che abbia commesso un errore tanto grave?
RECENSIONEIn un giorno di lavoro come tutti gli altri, come dice la stessa protagonista del romanzo, Marie Heaton si reca presso l’ospedale in cui lavora come anestesista, il First Lutheran di Seattle. Lì passa gran parte della giornata, da ormai diversi anni, preoccupandosi scrupolosamente della preparazione di ogni dettaglio prima di ogni operazione, della salute e del benessere dei suoi pazienti durante e dopo di essa. Non è una donna presuntuosa o convinta di essere infallibile e, dopo diversi anni di esercizio dedito agli altri, conosce le proprie debolezze e i propri lati oscuri, li ha elaborati e “registrati” ed è in grado di mettersi in discussione senza scivolare mai nell’autocommiserazione. Non ha un marito o un compagno, vive da sola in un appartamento in un quartiere “bene” della città, acquistato con i soldi guadagnati onestamente dal suo lavoro. Ha una sorella che vive ancora in Texas, dove è nata, tre nipotini, mentre suo padre, ormai anziano e con seri problemi di vista, vive da solo a Houston.
Quando Marie si trova davanti Jolene, una bimba di appena otto anni con problemi di handicap non chiaramente documentati da precedenti anamnesi, accompagnata dalla mamma Bobbie, una donna sola e con evidenti problemi economici, il medico è tranquillo: la piccola deve solo subire la rimozione di una cisti sulla schiena, e lei fa di tutto per rassicurare la madre che andrà tutto bene. Dopo aver preparato e dosato con cura tutti i medicinali, Marie fa addormentare la piccola cantandole una dolce ninnananna, e segue le sue reazioni ai farmaci con attenzione durante tutto il corso dell’operazione, che sembra procedere come normale routine. Ma all’improvviso, accade quello che nessun medico vorrebbe mai: la piccola sembra reagire in modo anomalo all’anestesia e in pochi, troppo rapidi minuti, la situazione precipita e la bimba muore. E prepara i fazzoletti, caro lettore, perché l’autrice in poche righe, dosando e scegliendo con cura le parole, descrive in modo altrettanto rapido e veritiero la morte della bambina. Impossibile non rimanere toccati, sia dall’evento tragico che dall’incredulo dolore di Marie, anche se si sa che si tratta di fiction:
"Sta morendo, Dio mio, la bambina sta morendo. Sento il sangue salirmi al viso, la squadra mi osserva, aspetta che io compia il miracolo, esitiamo ancora sull’orlo della consapevolezza che Jolene è già rimasta così a lungo priva di ossigeno che niente di ciò che era prima potrà sopravvivere. Un suono sordo mi ronza nella testa e le luci abbaglianti della sala operatoria fanno risplendere le mie mani che pompano sullo sterno di Jolene. Non so quanto tempo sia passato. Dieci minuti? Un’ora? Da una cacofonia di ordini gridati si è passati a un pesante silenzio. Sento la mano di Stevenson su una spalla, una leggera pressione mirata. “Basta, Marie. È finita. Dichiara l’ora del decesso. È morta.”
Dopo aver comunicato alla madre la triste notizia, Marie torna a casa, è distrutta e la sua solitudine, che a volte le sembra un’isola felice che le permette di riprendere il controllo delle sue emozioni, la fa riflettere profondamente su un’altra solitudine, quella senza altre alternative di Bobbie, la madre di Jolene. Marie comincia a rendersi conto che non deve solo far fronte alla sua coscienza, che ripercorre in continuazione tutte le fasi dell’operazione alla ricerca di un’eventuale errore da parte sua, senza riuscire a trovarne, o alla preoccupazione crescente e quasi ossessiva per la sorte di Bobbie. In ballo ci sono cose più grandi di lei, ovvero la responsabilità sua e dell’ospedale e i relativi risvolti giuridici della faccenda, ma Marie cerca di andare avanti, professionale e decisa, non accettando i consigli più o meno interessati dei suoi superiori che vorrebbero che lei accettasse un periodo di congedo. 
Continua a lavorare, senza smettere di investigare in modo discreto e cercando di imparare a convivere con i mille perché che non smettono mai di formarsi nella sua mente. La sorella Lori, al corrente dei fatti, cerca di starle vicino telefonandole il più spesso possibile, cercando di convincerla ad andare a passare un po’ di tempo con lei e la sua famiglia, convinta che le farebbe bene. Altro punto di riferimento, ormai da diversi anni, Joe, un collega anestesista, suo ex amante e ottimo amico, ottimo professionista anche lui, dedito a doppi e tripli turni che riesce a sostenere senza battere ciglio, o almeno così sembrerebbe. L'uomo è sempre alla ricerca della donna ideale che sembra non esistere, almeno, per lui. Oppure ce l’ha davanti e non se ne accorge. Oppure se n’è accorto, ma ha paura. Di cosa, non ci è dato di saperlo, non ancora. Joe cerca in tutti i modi di far uscire dal guscio Marie, coinvolgendola in cene fuori casa e gite improvvisate, e ascoltando ogni suo sfogo o perplessità. Ma alcune cose non si possono spiegare.
"Penso ogni giorno a Bobbie Jansen. Mi immagino le stanze vuote della casa e la tavola da pranzo silenziosa. Mi immagino la sua specchiera contornata di fotografie dalla cornice di legno scrostato, fotografie di una bambina che stringe un orsacchiotto, una neonata sdentata che sorride come un’ubriaca alla macchina fotografica, una bambina ai primi passi che gioca con l’acqua di una piscina di plastica, una bambina di otto anni che spegne le candeline della sua ultima torta di compleanno. È questo che avrei voluto urlare a Joe prima che se ne andasse. Per il resto della notte riesamino la nostra conversazione, mi rimprovero per ciò che non ho detto e mi rammarico per ciò che ho detto."
Finché una notte Marie viene chiamata d’emergenza ad anestetizzare un neonato e crolla. All’ultimo minuto, si fa sostituire, terrorizzata all’idea di poter nuocere anche a questo bambino. Lei, medico scrupoloso del quale è impossibile dubitare, a meno che qualcuno non ne abbia interesse, cede all’emozione. Dopo che anche l’ospedale, nella figura del direttore, la “abbandona” moralmente optando per dividere la sua causa di responsabilità da quella dell’ospedale, ufficialmente per non perdere di credibilità nel caso in cui la donna fosse giudicata colpevole, decide di prendersi quella pausa che ha posticipato per tanto, troppo tempo.
Marie si reca dalla sorella a Forth Worth, dove ritrova con lei l’intimità che è possibile condividere solo con una persona che ti conosce da sempre e che ti ama e accetta per quello che sei, senza filtri e senza remore. Scopre che anche Lori ha proprio bisogno di rivederla per condividere con lei le pesanti ripercussioni che le scelte economiche poco felici del marito hanno provocato sulla sua famiglia. Ma anche lei, come Marie, ha un carattere forte e deciso, ed è sicura che in qualche modo riusciranno tutti a cavarsela, basta rimanere uniti e sempre fedeli alla propria natura. Per questo sostiene la sorella, e non dubita neanche un momento della sua innocenza. La esorta ad andare a trovare il padre, che Marie non vede da diversi anni. A Houston ritroverà con lui un rapporto che credeva ormai perduto, quello con un uomo che con gli anni ha capito i suoi errori di genitore e che intende rimediare come può, senza forzature, agendo sul presente perché sa che il passato è ormai perduto. Ma quello che è perduto si può recuperare, diverso, in un altro momento, basta volerlo con tutto il cuore. Ed è sempre il padre, ex professore di storia, a indirizzarla verso la scoperta della verità:
"Ho insegnato ai miei studenti che in genere c’è molto più da scoprire in quello che i testi storici omettono che in quello che includono… Ho finito per convincermi che è tipico della natura umana."
La verità, alla fine, viene fuori, amara e cruda in tutta la sua “semplicità”. Le carte della vita di Marie dovranno essere di nuovo mischiate, il suo punto di vista dovrà subire un altro sconvolgimento, perché come si dice di solito, non tutto è come sembra. Ma lo stesso detto può essere vissuto anche al positivo. Alla fine del romanzo non tutti i nodi vengono sciolti, alcuni dubbi rimarranno forse irrisolti; ma il lettore può essere sicuro di aver condiviso con la protagonista una piccola, drammatica e cruciale fetta della sua vita, durante la quale, come succede nella realtà, avrà imparato nuove cose, perso degli amici, recuperato o rinsaldato dei legami. E avrà aggiunto consapevolmente un altro tassello al bene più prezioso, che, nessuno sa meglio di lei, è la vita di ognuno di noi.
Un romanzo a cui mi sono avvicinata con un po’ di timore dopo aver letto la sinossi, non perché avessi dei dubbi sulle capacità della scrittrice, ma per la delicatezza dell’argomento trattato, ma che al contrario mi ha conquistato subito, con il suo stile netto e preciso, ma mai, in nessuna accezione, freddo. L’autrice, attraverso Marie, non può fare a meno di guardare il mondo da un punto di vista “medico, un po’ stile Sherlock Holmes, ma sempre tenendo conto dei sentimenti e della sensibilità sia del lettore sia dei protagonisti.
Anche il “colpevole”, se così lo possiamo chiamare , quando viene scoperto non reagisce in stile hollywoodiano cercando di difendere le sue “ragioni”, pur sapendo di avere ha torto marcio, o continuando a danneggiare ad libitum i suoi simili. Al contrario, anche lui rimane fedele non solo a se stesso ma anche all’idea che il lettore si può essere creato sul suo personaggio. Una lettura consigliatissima, pertanto, soprattutto a coloro che, come me, sono ancora convinti che essere “umani” e competenti nella propria professione non sia un’opzione ma l’unica scelta possibile per ognuno di noi.
L'AUTRICE: Carol Wiley Cassella (Dallas, 1957) è un medico anestesista e vive a Seattle. Oltre alla laurea in medicina, ha conseguito anche quella in Letteratura inglese presso la Duke Universiti. Ossigeno è il suo primo romanzo ed è subito balzato in testa alle classifiche. Con Simon & Shuster ha appena pubblicato Healer.QUI il sito di Carol Cassella, mentre QUI è possibile scaricare il file audio di un estratto del libro letto dall'autrice.

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