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Recensione "Portrait" di Joyce Lussu

Creato il 02 marzo 2012 da Alessandraz @RedazioneDiario

Recensione "Portrait" di Joyce Lussu

Pubblicato da Francesca Rossi «La storia di “una donna per” ovvero costruttiva, generosa, capace di vedere il lato positivo e le possibilità della vita» Dalla Prefazione a Portrait di Giulia Ingrao Ce ne vorrebbero di donne come Joyce Lussu al giorno d’oggi. Forte, determinata, intelligente, curiosa del mondo e della vita. È un piacere leggere la sua autobiografia. Joyce ha saputo inventarsi come partigiana e politico e reinventarsi come intellettuale e traduttrice con una semplicità ed un rigore che possono solo destare ammirazione. C’è tanto da imparare da persone come lei: è proprio vero che essere donna non ha nulla a che vedere con “ammiccamenti esagerati” o “farfalline tatuate dove non batte il sole”. Ci vuole fascino, passione e cervello; Joyce Lussu ne aveva da vendere Titolo: Portrait Autore: Joyce Lussu Casa Editrice: L’Asino d’Oro Collana: Omero Pagine: 145 Prezzo: 12 euro Data di uscita: 17 febbraio 2012 Trama: L’ironica e spregiudicata autobiografia di una donna irriducibile: dalla Firenze degli anni Venti alla Heidelberg di Jaspers; dalla clandestinità, alla guerra antifascista; dall’incontro con il patriota Emilio Lussu, alla ricerca di grandi poeti da tradurre, dal ’68, alle lotte femministe e a quelle del popolo curdo e più recentemente ambientaliste. La storia di una donna che non voleva essere considerata speciale. Una donna vitale, intelligente, coraggiosa che, raccontando se stessa svela pensieri e passioni, denunciando, con una semplicità e immediatezza spesso disarmanti, verità enormi e problemi di tutti i giorni, sia politici che umani. Ecco una lettura dei fatti vissuti in prima persona che, con parole semplici e toccanti fa aprire gli occhi su realtà importanti e profonde: dal rapporto uomo-donna a quello genitori-figli. Attività politica, interessi personali, affetti, identità sociale, speranze concrete per il futuro: tutto questo era Joyce Lussu, senza mai perdere la sua vitalità, il suo entusiasmo, il suo pensiero e la sua ricerca personale, mai come ora un vero punto di riferimento per tutti.
RECENSIONE Mai come in questo caso le parole ‘persona’ e ‘donna’ sono state cosi azzeccate. Joyce Lussu è stata, infatti, una donna e una persona a tutto tondo: non una virago, non una femminista incapace di guardare al di là del proprio naso, non una donnetta addomesticata, o peggio “muta d’accento e di pensier”. In lei la determinazione è stata il frutto della guerra, della fame e di una educazione non convenzionale anzi, a tratti davvero “politicamente scorretta” (per alcuni). Ha imparato che la vita deve essere affrontata con piglio deciso, ma tenendo ben presente che l’uomo non è una macchina che distrugge ogni cosa gli capiti a tiro, bensì un essere che può dimostrare eroismo, ma anche paura, debolezza, dotato di aspirazioni proprie che non sempre coincidono con quel che la società si aspetta da lui. Joyce Lussu - cresciuta in una famiglia anticonformista ed intellettuale - ha maturato presto il significato di parole come ‘guerra’, ‘pace’, ‘libertà’, ‘prigionia’, ‘fronte’, ‘soldato’. Ha vissuto sulla propria pelle la profondità scottante di questi termini e ne ha fatto tesoro per la sua vita futura. L’ambiente di nascita di Joyce è stato cosmopolita, ma attraversato da “correnti morali e vitali” spesso antitetiche: la maggior parte delle donne della sua famiglia, infatti, aveva origine inglese. Donne libere e sognatrici rinchiuse, però, in un ambiente signorile poco propenso ai voli d’immaginazione o, peggio ancora, all’emancipazione femminile. Cosi le antenate di Joyce hanno continuato a vivere di fantasia senza poter concretizzare i loro desideri, pur se dotate di viva intelligenza. Sono state, insomma, vittime del loro tempo e della società patriarcale. I genitori dell’autrice, invece, hanno avuto il coraggio e la forza di ribellarsi a famiglie per cui l’onore e la moralità, talvolta velata di triste ipocrisia, erano tutto, la vita e la morte. Si sono anche ribellati al nascente fascismo - abbracciato, invece, dai loro parenti - continuando a credere nella libertà di pensiero e parola e ad un mondo senza guerre e intolleranza. Toccante è il passo in cui la madre di Joyce spiega a sua figlia quanto dannose possano essere le religioni:
«Vedi - disse indicandomi alcuni libri di storia e di poesie sparsi sul tavolo – questi hanno fatto solo del bene e la gente è diventata più intelligente e più buona. Mentre questi – e indicava i testi religiosi raggruppati da una parte – hanno fatto ammazzare un sacco di gente. C’è in questi libri qualcosa che non va.»
I genitori di Joyce non hanno avuto paura della povertà - conseguenza della ribellione alle famiglie benestanti - ma l’hanno affrontata a testa alta, insegnando alla figlia la dignità ed il rispetto. Hanno scelto di non battezzare la loro prole, considerando questo sacramento “segno di arretratezza mentale e civile”Dunque in Joyce Lussu hanno convissuto due tendenze importanti: quella delle donne colte e anticonformiste della sua famiglia destinate, però, a rimanere nella loro prigione dorata e il senso della libertà ereditato dai genitori “pecore nere” dei rispettivi clan famigliariQueste inclinazioni si sono fuse in lei al punto da farla diventare una brava donna di casa che, però, proprio in casa non accetta di starci più di tanto, ma vuole gettarsi nella mischia della guerra e poi della politica.  Lei ha realizzato i sogni di viaggio e avventura delle sue antenate, pur non dimenticando mai di essere una donna con dei sogni e delle paure. Quando in Joyce si è fatto preponderante il desiderio di una famiglia e di un figlio - sogno accresciuto da un precedente aborto - non ha represso questo normale istinto, ma lotta con tutte le sue forze per realizzarlo. Ha cercato di conciliare l’attività politica, la maternità ed i suoi viaggi, ma non ha la presunzione di ritenersi “perfetta”. L’angoscia e l’incertezza che seguono al parto, la paura di sentirsi “inadeguata” e incapace come madre, restituiscono al lettore il ritratto di una donna profondamente umana, in grado di provare dei sentimenti. Non una amazzone, non una guerriera, ma “una donna”.  La Lussu non ha mai accettato la definizione di ‘donna eccezionale’. L’aggettivo proprio non le andava giù. Voleva essere e sentirsi come tutte le altre e, soprattutto, pari agli uomini. È proprio il caso di dire che dietro a questa grande figura c’è stato un uomo in grado di appoggiarla e comprenderla: Emilio Lussu, ovvero lo spartiacque della vita di Joyce. Partigiano e politico -uomo per cui i contratti matrimoniali e le convenzioni valevano praticamente nulla- ha deciso, infine, di sposare questa ragazza cosi simile a lui, davvero la sua anima gemella. Insieme si completavano, erano indistruttibili. Emilio ammirava la spigliatezza ed il coraggio di Joyce, la lasciava libera e non le imponeva mai nulla. A dire il vero l’autrice ha trovato il maschilismo in politica, nei partiti, fuori di casa, ma mai tra le mura domestiche. Nonostante ciò, per la gente questa donna indomabile era poco più di una appendice del marito: la moglie di Emilio Lussu. Quasi che i suoi genitori si fossero dimenticati di darle un nome. Per questo Joyce ha deciso di prendere - relativamente - le distanze dall’ambiente del marito, che era anche il suo e di reinventare se stessa attraverso i viaggi e le traduzioni di poeti rivoluzionari. Questa scelta è stata dettata più dal desiderio di non vivere nell’ombra del marito che da una reale necessità o da una passione mai sopita per i viaggi:
«La verità è che sono una casalinga repressa… La casa mi piace straordinariamente… ma se ci sto troppo la società italiana mi insulta e mi squalifica, mi tratta da subalterna, come una persona che viva del riflesso di un’altra, mi riduce a un’appendice. Perciò sono costretta a reprimere le mie aspirazioni domestiche e a partire per il Mozambico. “A presto”, diceva Emilio.»
Certo il modo in cui la Lussu affrontava le traduzioni era discutibile, visto che traduceva da lingue che non conosceva affatto, non curandosi della “filologia accademica”. Rimane, comunque, il ritratto di una donna intelligente e mai sottomessa agli uomini.Al di là del colore politico Joyce Lussu è stata una persona attenta a non farsi trascinare in basso dai meccanismi subdoli del maschilismo Non tutte le donne ci riescono, soprattutto oggi. Non sarà ora di darci una vera, sonora svegliata?
L'AUTRICE Joyce Lussu, ovvero Gioconda Salvadori, nasce a Firenze l’8 maggio 1912, da genitori marchigiani con ascendenze inglesi. Insieme al fratello entra a far parte del movimento "Giustizia e Libertà" e nel 1938 incontra Emilio Lussu, con cui condivide la drammatica e spericolata vicenda della clandestinità nella lotta antifascista. Vive da protagonista i primi passi della Repubblica Italiana; promotrice dell’Unione Donne Italiane, milita per qualche tempo nel Partito Socialista Italiano e nel 1948 entra nella direzione nazionale del partito. Muore a Roma il 4 novembre 1998, all’età di 86 anni.

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