Magazine Cultura

Recensione "Qualcosa di scritto" di Emanuele Trevi

Creato il 17 settembre 2012 da Alessandraz @RedazioneDiario

Recensione "Qualcosa di scritto" di Emanuele Trevi

Pubblicato da Elisabetta Bricca Cari lettori,
oggi, voglio parlarvi di un libro bellissimo, di non facile fruizione, forse, che ha sfiorato il Premio Stega, essendo arrivato tra i finalisti.

Titolo: Qualcosa di scritto
Autore: Trevi Emanuele
Prezzo: € 14,28
Dati: 2012, 246 p.
Editore: Ponte alle Grazie
Trama:
Roma, primi anni Novanta. Mentre i sogni del Novecento volgono a una fine inesorabile e Berlusconi si avvia a prendere il potere, uno scrittore trentenne cinico e ingenuo, sbadato e profondo assieme trova lavoro in un archivio, il Fondo Pier Paolo Pasolini. Su quel dedalo di carte racchiuso in un palazzone del quartiere Prati, regna una bisbetica Laura Betti sul viale del tramonto: ma l'incontro con la folle eroina di questo libro, sedicente eppure autentica erede spirituale del poeta friulano, equivale per il giovane a un incontro con Pasolini stesso, come se l'attrice di "Teorema" fosse plasmata, posseduta dalla sua presenza viva, dal suo itinerario privato di indefesso sperimentatore sessuale e dalla sua vicenda pubblica d'arte, eresia e provocazione. "Qualcosa di scritto" racconta la linea d'ombra di questo contagio e l'inevitabile congedo da esso - un congedo dall'adolescenza e da un'intera epoca; ma racconta anche un'altra vicenda, quella di un'iniziazione ai misteri, di un accesso ai più riposti ed eterni segreti della vita. Una storia nascosta in "Petrolio", il romanzo incompiuto di Pasolini che vide la luce nel 1992 e che rivive qui in un'interpretazione radicale e illuminante. Una storia che condurrà il lettore per due volte in Grecia, alla sacra Eleusi: come guida, prima il libro postumo di Pier Paolo Pasolini, poi il disincanto della nostra epoca - in cui può tuttavia brillare ancora il paradossale lampo del mistero.
RECENSIONE
Tra romanzo e saggio critico, “Qualcosa di scritto” di Emanuele Trevi è il degno testamento della figura di Pier Paolo Pisolini e della sua opera incompiuta “Petrolio”. Servendosi della sua esperienza nell’archivio del Fondo Pier Paolo Pisolini, sul quale regna, regina incontrastata, la bisbetica ed eccentrica Laura Betti, detta “La Pazza”, Trevi dà vita a una storia, che è anche un documento di riscoperta del Poeta.

Subissato dagli insulti, e dalla pungente ironia, della Betti, grande amica e compagna di esperimenti letterati di Pasolini, il protagonista (lo stesso Trevi o forse il suo Alter Ego) compie un viaggio tra la ricerca e l’analisi di un’opera, “Petrolio” per l’appunto, e del suo autore, portandone alla luce gli aspetti più profondi. Ecco, dunque, che il testo diviene un pretesto per una comparazione tra il ruolo della letteratura, come elemento di rottura degli schemi prestabiliti, del tempo di Pasolini, e l’approccio del Poeta alla stessa, e la fruizione del testo scritto ai tempi odierni. Un sentimento quasi nostalgico di qualcosa che è stato e che non tornerà mai più Una storia raccontata quella di Trevi che è a metà strada tra immaginazione, indagine, e memoria; tra rito iniziatico, presieduto da una sacerdotessa (Laura Betti, appunto), che fa dell’invettiva lo strumento affilato per incidere le apparenze e tirare fuori la rabbia, anticamera e fedele compagna del talento, e testamento di un’opera immortale; così come lo è stato Pasolini, così come lo è stata la stessa Betti.
“Siete giovani, siete paraculi, potete farcela. Ma per farcela davvero, ci vuole la rabbia. Pier Paolo a un certo punto l’aveva capito, la rabbia è più importante del talento, il talento lo può avere qualunque borghesuccio, la rabbia no, la rabbia è un dono raro, bisogna coltivarlo, è come avere il cazzo grosso, o la testa fina, o tutti e due – che è sempre meglio – dico bene?”
Parlare dell’opera di Trevi come di un romanzo sarebbe forse riduttivo. È un’opera intuitiva, quasi una medaglia alla memoria del’900, narrata con mano sapiente, che spesso, e volutamente, indugia ed eccede nell’aggettivazione, perché Trevi non si risparmia. Un’opera da leggere con un pizzico di dolore per ciò che il secolo scorso ha rappresentato nella letteratura, e per aver perduto quel peso leggero che è la consapevolezza che un’opera come “Petrolio” ha tramandato ai posteri. L’Autore:
Figlio dello psicanalista junghiano Mario Trevi, è uno dei critici più promettenti della nuova generazione. Ha tradotto e curato edizioni di classici italiani e francesi: si ricordano testi dedicati a Leopardi, Salgari, e autori italiani del Novecento. Collabora al Manifesto (Alias) e alla trasmissione radiofonica Lucifero di Radio Tre, con una sezione dedicata alla poesia. Il suo libro Istruzioni per l’uso del lupoha riscosso un notevole successo. All’uscita questo libro ottenne un successo di critica sulle pagine letterarie dei magazine e dei quotidiani più engagé. È redattore di Nuovi Argomenti. Ha fatto parte della giuria del premio Calvino nel 2001, e del premio Alice 2002. Nel 2012 esce per Ponte alle Grazie il libro Qualcosa di scritto. È stato editore della casa editrice Fazi e ha collaborato con la casa editrice Quiritta. È sposato con la scrittrice e conduttrice radiofonica Chiara Gamberale.

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :