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[Recensione] Quei due sulla collina – Alessandro Borio e Mattia Raschér

Creato il 11 febbraio 2012 da Queenseptienna @queenseptienna

[Recensione] Quei due sulla collina – Alessandro Borio e Mattia RaschérTitolo: Quei due sulla collina
Autore: Alessandro Borio e Mattia Raschér
Editore: Ciesse edizioni
ISBN: 978-88-97277-85-9
Num. Pagine: 266
Prezzo: 18.20€
Voto: [Recensione] Quei due sulla collina – Alessandro Borio e Mattia Raschér

Trama:
Su una collina, persa tra le innumerevoli alture del Monferrato, in una vecchia cascina affacciata sulla valle del Tanaro, vivono Menico e Carolina Ferlisi, due anziani coniugi piemontesi pieni di acciacchi, senza figli e con un nipote ormai grande: Umberto Marconi. Quest’ultimo è il vicecommissario della questura di Asti e quando due ultra ottantenni, vengono trovate morte assassinate, in una casa di riposo in un paesino vicino a quello dei Ferlisi, sarà proprio Umberto a condurre le indagini. Menico e Carolina saranno così toccati dalla vicenda, da decidere di iniziare, in incognito e utilizzando i mezzi più improbabili, una loro indagine personale. La verità verrà a galla riportando alla superficie, come brace sotto la cenere, sofferenze profonde di un passato lontano.

Recensione:
Un libro gradevole, composito e divertente, un giallo dalle tinte un po’ fosche che si snoda tra latrati, vigneti e vecchie comari, e una risoluzione tutto sommato sorprendente, intuibile ma non prevedibile.
I due protagonisti principali, Carolina e Menico, sono una tipica coppia di campagna d’altri tempi, una donna chiacchierona e ansiosa di sistemare il membro più giovane della famiglia con una donna amorevole, un uomo silenzioso con alle spalle il caldo sole e le terre del suo amato paese, perso nelle rimembranze, felice della propria esistenza; ognuno con le sue piccole fobie, con la propria lodevole caratterizzazione, sono sempre IC (In Characters, ovvero rispettano sempre la loro struttura individuale) in un bel quadretto che strappa simpatia perché ci sembra di averli già visti più o meno ovunque, sempre gli stessi, a sostenersi, a ciarlare, a ficcanasare, a volersi bene.
La trama è semplice, niente a che vedere con intricati ragionamenti o labirintiche prese di coscienza, c’è una semplicità odierna che non guasta, e che fa capire che un giallo non dev’essere per forza un capolavoro di concetti astratti o prove indiziarie; la storia si snoda attraverso accurate fasi lineari, azione e reazione, perfettamente capibile e sempre scandita dalle abitudini di comparse e personaggi, e anche con qualche ilare intermezzo.
Una pecca che ho riscontrato, però, è il linguaggio. Pomposo. Le frasi sono lunghe e prive di punti, subordinate, coordinate e una quantità immensa di virgole spesso superflue intasano la pagina, la forza narrativa è ridotta allo zero, difficile immedesimarsi appieno nel romanzo a causa di un eccessivo dislivello tra frasi troppo elaborate e il comune modo di pensare del lettore, senz’altro più scorrevole, sciolto. Questo difetto si trasmette anche nei dialoghi, che risultano artefatti, irreali, troppe poche pause e vocaboli che evaporano il realismo, col risultato di un bel resoconto che pare uscito da una cronaca di fine ottocento.
Poco originale è la (banale) storia che sboccia tra Umberto e Camilla, un po’ scontata e piuttosto pretenziosa, probabilmente un vezzo concesso per il gusto di dire che almeno il lieto fine è stato completo anche col coronamento del fantomatico sogno d’amore, che personalmente ho trovato più pedante che altro.
Nel complesso, comunque, Quei due sulla collina è un romanzo leggibile, interessante e invogliante, che mette in evidenza anche l’attaccamento della propria terra natale e le difficoltà di un passato prossimo che si ripercuote nel presente, un patriottismo che forse non tutti sapranno cogliere, ma che c’è, e fa un certo piacere. Una lettura d’evasione che di certo non vi toglierà il sonno, ma che di certo apprezzerete come un piccolo gioiello per quel velo di dolce nostalgia che avrà steso su di voi.


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