Rebel è la creazione di una giovanissima autrice australiana, indirizzata ad altrettanto giovani lettori. Questo romanzo, infatti, difficilmente potrebbe essere apprezzato ampiamente da qualcuno con alle spalle qualche anno in più dei suoi protagonisti e della sua autrice, e soprattutto un certo bagaglio di letture urban fantasy young adult con cui confrontarlo.
Probabilmente proprio la giovane età dell’autrice determina la forza e al contempo la debolezza del romanzo, perché se le ha permesso di utilizzare genuinità e ingenuità che donano una certa freschezza al testo, l’ha anche fatta inciampare nella scrittura quando, alzando il tiro, ha puntato troppo in alto. Letteralmente troppo “in alto”.
L’incipit di Rebel racconta della discesa, in piena notte e in una strada buia, di tre angeli sulla Terra: l’idea della loro incarnazione è affascinante, la difficoltà incontrata nelle prime settimane per convivere con un corpo mai posseduto e con esperienze sensoriali ed emotive mai provate geniale e davvero ben descritta, le potenzialità dei personaggi e della loro missione notevoli. Ma, superato questo illuminato inizio, quella che potremmo forse definire l’inesperienza come scrittrice e come adolescente si manifesta in una “riduzione” della storia da racconto di una missione angelica per conto di Dio con un possibile scontro con le forze oscure (quindi con un carattere epico e universale), a racconto di un amore tra due particolari adolescenti, l’angelo Bethanie e il giovane umano Xavier (quindi con un carattere intimistico e individualistico, e ammettiamolo anche più banale). Questo eccessivo contrasto tra la maestosità del tema nella premessa e l’ingenua semplificazione dello svolgimento nella trama, crea un effetto a tratti stridente e ad altri banalizzante.
La teologia adottata dall’autrice è quella tradizionale biblica, che in certi brani riesce magistralmente ad illuminare di una nuova luce capace di indurre alla riflessione o, ancor meglio, a una riscoperta del semplice desiderio di fede in qualcosa di meravigliosamente e armoniosamente e amorevolmente più grande di noi. A sostegno dell'affermazione precedente, a questi brani però se ne alternano altri un poco insipidi, a volte persino frivoli, che marchiano di scarsa credibilità gli angeli protagonisti, e di conseguenza l’intera storia.
L’esempio forse più palese è quello di Gabriel, fratello maggiore di Bethanie a capo della missione a Venus Cove. E Gabriel è proprio quel Gabriele, l’arcangelo dell’Annunciazione, uno dei “Sacri Sette”, uno che combatte contro il Male dall’inizio degli inizi e, come sottolinea anche l’autrice, che è il <<maestoso guerriero celeste, l’angelo che da solo, eoni prima, aveva ridotto in cenere un’intera città>> e <<nel profondo, però, Gabriel era un guerriero – il suo nome celeste significava “Eroe di Dio” – e aveva visto bruciare Sodoma e Gomorra>>. Che questo Arcangelo sia finito a capo di una piccola e modesta missione come è quella affidata a lui, al serafino Ivy e a Bethanie, in un paese piccolo e modesto come Venus Cove, è un dato già quanto meno “fuori misura”. Che poi, in quanto servitore di Dio tra i più vicini agli esseri umani, essendo oltre che guerriero soprattutto messaggero di Dio (vedi Annunciazione), sia invece descritto così straordinariamente lontano dall’umanità e dalla comprensione dell’umanità, è un dato poco credibile e poco funzionale persino al racconto. Che infine, proprio un guerriero di tale portata non riesca a riconoscere un demone di livello inferiore come quello che arriva non tanto in sordina a Venus Cove, e ad arginare da subito la sua oscura opera, è un dato assolutamente assurdo e insostenibile!
La stessa Bethanie, descritta da subito come l’angelo più sensibile alle emozioni umane, troppo affascinata dal mondo terreno, alla sua prima esperienza di incarnazione, e considerata quindi inadatta alla missione alla quale viene affidata da un potere persino più in alto di Gabriel, conferma davvero troppo presto tale inadeguatezza e si abbandona alla tempesta di sentimenti che la scuote dentro e fuori, sino a trasformarsi in un’adolescente sui generis, combattuta tra l’amore di Dio e la propria essenza angelica da una parte, e l’amore per Xavier e la propria realizzazione come individuo dall’altra. La sua battaglia interiore avrebbe potuto, avrebbe dovuto una volta scelta tale strada, essere il punto forte del romanzo, ma ho trovato che lei si sia arresa troppo presto alla propria umanità e alla propria soddisfazione, e troppo presto abbia trasformato Dio e i Cieli in temibili e rigidi giustizieri desiderosi di strapparla quanto prima dalle braccia del suo amore umano.
“Gli angeli sono considerati creature infinitamente amorevoli e misericordiose, ma io sapevo che nascondevano un lato inflessibile e implacabile. Il perdono era riservato agli umani. A loro si offriva sempre una via d’uscita. Tendevamo a considerarli alla stregua di bambini, di <<povere creature>> che non sapevano quello che facevano. Da me ci si aspettava molto di più. Io non ero umana, ero una di loro. Non avevo scuse."
In un certo senso quindi, proprio quello che avrebbe potuto essere il punto forte si è così trasformato nel punto debole del romanzo, perché la caratterizzazione della natura angelica non ha determinazione, è fragile e sembra avere radici poco profonde. Questi angeli non trasmettono affetto e misericordia e completa accettazione, ma paiono piuttosto sostenere solo una benevola tolleranza; e non sembrano aver vissuto la gioia piena del vivere al cospetto di Dio, del sentire ogni singolo istante la sua presenza e il suo amore, ma appaiono stranamente pacati e statici.
Tale indeterminazione aleggia su tutto il testo, ma in particolare emerge nella personalità della protagonista Bethanie e del conflitto che vive, perché se anche è un vulcano di emozioni in contrasto a Gabriel e Ivy, i suoi sentimenti sono assolutamente individuali e in quanto tali limitati e non certamente divini. Inoltre vien da credere che l’amore di Dio e l’armoniosa comunione respirati nei Cieli debbano essere piuttosto deboli se Beth riesce a dimenticarli tanto in fretta o comunque a ricordarli ma a preferir loro il limitato amore umano di Xavier e delle amiche. Nonostante l’autrice proponga una spiegazione coerente e indubitabilmente valida, non risulta sufficiente a “riabilitare” pienamente le sue creature troppo fredde e statiche da una parte e troppo emotive e volubili dall’altra, almeno sul piano narrativo:
“Con Ivy e Gabriel condividevo un legame di fiducia reciproca, ma in realtà non ci conoscevamo sino a quel punto. La maggior parte dei nostri pensieri restava inespressa. Forse perché da noi non ci si aspettava che avessimo personalità individuali, e quindi non sprecavamo tempo a svilupparle. Eravamo più spettatori che giocatori, non dovevamo prendere delle decisioni e non avevamo dilemmi morali da risolvere. Avendo raggiunto l’unione con l’universo, non avevamo bisogno di rapporti interpersonali. L’unico amore che ci era dato di provare era generico, diretto a tutti gli esseri viventi.”Per concludere, il libro se accostato senza particolari pretese e aspettative, e soprattutto senza lasciarsi tentare da un confronto con l’incredibile recente mole di urban fantasy young adult prodotta negli ultimi due anni, risulta indubbiamente gradevole. Lo stile dell’autrice è, come da review di terza di copertina, “giovane, fresco e autentico”, anche se a tratti lei si dilunga eccessivamente; inoltre, al di là del bizzarro alternarsi di riflessioni ontologiche ed esistenziali a batticuori adolescenziali, che rende discontinui il tenore e il ritmo della narrazione, la Adornetto ha composto per entrambi i temi brani davvero interessanti, profondi e poetici. Da tenere d’occhio, perché promette veramente molto bene!
L'AUTRICE:
Alexandra Adornetto è nata in Australia il 18 aprile 1992. La narrativa è sempre stata la sua grande passione: quando aveva 18 anni ha rinunciato alle vacanze estive pur di portare a termine la stesura di un romanzo e, da allora, non ha mai smesso di scrivere. Rebel è il suo primo librio a essere pubblicato in America ed è subito entrato nelle classifiche del New York Times e di Publichers Weekly. Attualmente si divide tra l'Australia e gli Stati Uniti, dove spera di affiancare all'attività di scrittrice quella di attrice.