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[Recensione] Romanzieri ingenui e sentimentali di Orhan Pamuk

Creato il 30 marzo 2012 da Queenseptienna @queenseptienna

Romanzieri ingenui e sentimentaliTitolo: Romanzieri ingenui e sentimentali
Autore: Orhan Pamuk
Editore: Einaudi
Traduzione di: Anna Nadotti
Anno: 2012
ISBN: 9788806207564
Pagine: 133
Prezzo: € 18,00
Voto: [Recensione] Romanzieri ingenui e sentimentali di Orhan Pamuk

Contenuto: I romanzi sono seconde vite, ci permettono di dimenticare il luogo in cui ci troviamo, persino il nostro nome. Nei romanzi si sta come in una seconda pelle e così deve essere, perché quando una storia non ci trascina e non alimenta una qualche illusione, non funziona. Lascia spazio alla nostra irritazione, al disagio di chi ha sbagliato strada a causa di una deviazione sfortunata. Il romanzo è un varco tra il mondo reale e quello immaginario.
Grazie a esso, (Pamuk parla di una finestra che si apre

Anna Karenina
 improvvisamente davanti a noi), diventiamo testimoni di una storia, di eventi che non ci appartengono, salvo distrazioni che impongano di distogliere lo sguardo. E’ quanto accade per esempio ad Anna Karénina quando in treno non è in grado di leggere il suo romanzo, distratta com’è dal ricordo di Vronskij.
Le opere narrative sono opere di finzione, tuttavia personaggi ed eventi durante la lettura devono avere verosimiglianza e attendibilità. Si devono in qualche modo rapportare al mondo reale: da cui il varco (o la finestra) che lega indissolubilmente le due dimensioni.

Tutte le volte che questo legame (il varco) si rompe, si pregiudica la stessa comprensione di ciò che si legge:
“Quando nessuno viaggerà più sui treni notturni in compagnia di un libro, i lettori avranno difficoltà a capire la situazione di Anna sul treno, e quando decine di migliaia di dettagli come questo sbiadiranno, i lettori avranno difficoltà a comprendere Anna Karénina”.
Questo legame è trascurato da due tipi di lettori:

  • il lettore completamente ingenuo: non è in grado di cogliere l’artificio delle cose, ciò che legge deve avere un immediato e diretto rapporto con quanto conosce. Non ammette l’immaginazione, la finzione, (“il romanzo che legge è una sorta di vita camuffata”). 

“Non è forse l’errore di don Chisciotte quello di aver confuso la letteratura cavalleresca con la realtà?”

  • il lettore completamente sentimentale – riflessivo: ha l’atteggiamento contrario, non ammette nessun rapporto tra quello che legge e la realtà, (“tutti i romanzi sono costrutti o finzioni”), cerca il filo del racconto, il significato nascosto.

Ogni tratto del paesaggio, ogni foglia e fiore gli appaiono interessanti per il loro significato nascosto”.

In entrambi i casi può trattarsi di soggetti refrattari al piacere della lettura, incapaci di  immaginare una realtà diversa da quella in cui si trovano o da quella che potrebbe essere. La prospettiva è alquanto ristretta, gli universi sono ridotti a uno soltanto, in quello che incatena.
Non è cosa da poco. Tutta la storia dell’umanità, di fatto creatrice di mondi, si regge su questo: ha scoperto l’immenso potere, nel bene e nel male, di combinare gli eventi che desiderava si avverassero.

Utopia e disincanto. Storie, speranze, illusioni del moderno

L’alternativa è chiudersi nella trappola dell’Utopia e del Disincanto, titolo di un illuminante saggio di Claudio Magris al quale rimando.
Non è leggere molti libri che fa il lettore, ma il modo in cui questi vengono letti:
“Fu prendendo sul serio i romanzi che imparai a prendere sul serio la vita, quand’ero giovane”.
La stessa cosa, ovviamente, vale per gli scrittori: non è lo scrivere molti libri che crea lo scrittore, ma il modo in cui essi vengono scritti (e direi: sentiti). Anche in questo caso abbiamo scrittori (poeti) ingenui e riflessivo-sentimentali:

  • il poeta ingenuo: è  sicuro che le sue parole riusciranno a  ritrarre e rappresentare il paesaggio nel suo insieme. Non distingue o quasi tra  la propria percezione del mondo e il mondo stesso. Scrive con  spontaneità, senza badare eccessivamente allo stile e alla tecnica.
  • il poeta sentimentale: è invece angosciato perché non sa se le sue parole riusciranno a ritrarre e rappresentare lo stesso paesaggio nel suo insieme, a racchiudere tutta la realtà. Non scrive in modo spontaneo ma deliberato. E’ un artigiano della parola, bada moltissimo allo stile e alla tecnica.

Insomma: nessuno dei due ammette l’esistenza di due mondi, né che possano venire in contatto (e in contrasto). Eppure il romanzo è il terreno della “contraddizione“, essa ne costituisce il sale ed è la benvenuta (cosa che non è ammessa in un saggio o articolo filosofico):
I romanzi sono strutture unitarie che ci permettono di accogliere nella nostra mente pensieri contraddittori senza provare disagio e comprendere in simultanea punti di vista differenti”.
Non c’è bisogno di scomodare Pirandello per considerare questo elemento, o addirittura la teoria della relatività: c’è piuttosto un aspetto etico nell’immedesimarsi in diverse situazioni. Non si tratta di perdere la propria identità o individualità, ma tutt’al più di ritrovarla o consolidarla, renderla più consapevole. E’ lo spirito che si spalanca superando i limiti angusti del proprio sé:
“Ogni persona e cosa viene colta come un tutto intero.”

Il museo dell'innocenza

Il mondo reale e quello immaginario non si possono separare: devono e possono entrare in relazione. Per esempio si possono ritrovare o cercare a bell’a posta oggetti di un mondo immaginario in quello reale, ricavarne un museo di cose tangibili quali un vestito, una fotografia, un ninnolo:
Volendoli usare per il mio libro, immaginavo situazioni, momenti e scene adatti a tali oggetti, molti dei quali avevo acquistato d’impulso”.
Quando terminai il romanzo nel 2008 il mio studio e la mia abitazione erano pieni di roba. Stabilii allora di creare una versione reale del Museo dell’innocenza descritto nel libro”.
Tutto questo per dire che i piani della realtà e dell’immaginazione non possono scindersi. Il lettore ingenuo abita solo il suo universo immaginario, quello riflessivo sentimentale ha troppo i piedi per terra. C’è il rischio per entrambi di non comprendere ciò che leggono e di costruire una cortina tra lettore e scrittore.
L’opera scritta, da sola, cosa vale? Per prendere vita la storia (immaginata) si deve rapportare al suo lettore (reale), deve essere riprodotta nella sua mente, fatta sua. E’ il lettore a comprendere il significato dei segni sul foglio, a far funzionare la storia. Il romanzo stesso diviene una fantasia del lettore e in questo rapporto esclusivo l’autore è escluso.
E questo è già  molto sentimentale e ingenuo insieme.


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