Amo troppo la sensazione fisica ed il profumo che ti regala un libro appena iniziato per pensare di poterlo sostituire con un aggeggio elettronico. Capiterà, prima o poi, e sarà sicuramente in coincidenza con qualche genere di viaggio che mi costringa ad una lontananza coatta dalle librerie preferite: in una simile occasione, la possibilità di avere con me dozzine di volumi senza dover assoldare una squadra di sherpa avrà senza alcun dubbio il suo fascino. Ricordavo qualche giorno fa una piacevole trasferta est europea di tanto tempo fa in cui mi ritrovai senza più nulla da leggere ad una settimana dalla data di rientro prevista: un vero dramma, dal quale sono uscito faticosamente tramite Gazzette vecchie di due giorni recuperato in edicole aeroportuali e, soprattutto, con la compulsiva rilettura de “La colazione dei campioni” di Kurt Vonnegut.
E’ inevitabile che, per qualche anno, la sola vista di un libro di uno dei più geniali interpreti della letteratura americana moderna finisse per provocarmi una forma particolare di orticaria: ne sono uscito felicemente con l’ottima idea di rileggere “Mattatoio n. 5″, e ho così trovato le motivazioni per affrontare “Ghiaccio Nove”, un romanzo che mi ha letteralmente conquistato.
Vonnegut regala una storia difficile da dimenticare, a partire da un intrigante cappello iniziale per arrivare fino ad un finale forse amaro ma certamente potentissimo. Il romanzo si divide essenzialmente in due tronconi narrativi ben distinti ed altrettanto sapientemente miscelati: nella prima parte, seguiamo lo scrittore John (io narrante dell’intera narrazione) alle prese con lo sviluppo di un libro (“Il giorno in cui il mondo finì”) con cui intende raccontare come gli scienziati inventori della bomba H vissero la giornata dello sgancio dell’ordigno su Hiroshima. Nel corso delle sue ricerche approfondisce la figura di Felix Hoenikker (fittizio co-inventore della bomba atomica) e di una sua scoperta ben più pericolosa: una microparticella studiata per trasformare il fango in cui sono costretti a combattere i marines in una soluzione solida. Non è difficile immaginare quale effetto possa avere sul destino dell’umanità un solo granello di Ghiaccio Nove – questo il nome della sostanza – se lasciata cadere in pieno Oceano Pacifico…
L’incontro con i tre figli dello scienziato scatenerà una serie di avventure solo parzialmente governabili dal memorabile protagonista: tra queste, il viaggio in una isola immaginaria nel Mar dei Caraibi e la scoperta del bokononismo, una religione fondata sulla convinzione che tutte le fedi si basino esclusivamente su bugie (bokononismo compreso).
Osservo la mia copia di Ghiaccio Nove e mi rendo conto che è percorsa da continue sottolineature e da piccoli punti esclamativi tracciati a matita sul bordo pagina. Sono convinto che un modo efficace per convincervi a portare questo straordinario romanzo alla cassa nella vostra prossima gita in libreria sia proprio questo: qualche citazione sparsa, e poi vediamo cosa ne dite.
“Quando ero più giovane – due mogli or sono, più 250.000 sigarette e 50.000 cicchetti fa…
Quando ero molto, ma molto più giovane, incominciai a raccogliere il materiale per un libro che doveva intitolarsi Il giorno in cui il mondo finì.”
“C’era una citazione dai Libri di Bokonon sulla pagina davanti a me. Quelle parole balzarono dritte dalla pagina al mio cervello, dove furono accolte con tutti gli onori. Le parole erano una perifrasi del consiglio di Gesù: «Date a Cesare ciò che è di Cesare». La perifrasi di Bokonon era la seguente: «Non badate a Cesare. Cesare non ha la più pallida idea di cosa stia veramente succedendo».”
“«La maturità, per come la vedo io,» mi disse, «è la capacità di riconoscere i propri limiti». Non si discostava molto dalla definizione di maturità che dava Bokonon. «La maturità,» ci dice Bokonon, «è un’amara delusione per la quale non esiste rimedio, a meno che la risata non possa essere considerata un rimedio a qualcosa.»”;
“Il Quattordicesimo libro si intitola: «Che speranze può nutrire un uomo ragionevole per l’umanità su questa terra, tenendo conto dell’esperienza dell’ultimo milione di anni?» Non ci vuole molto a leggere il Quattordicesimo libro. Consiste in una parola e in un punto. Eccoli: «Nessuna».”