Non ti ascolto più come un tempo, un tempo in cui passavo minuti interi a farlo, o sbriciolavo i giorni tra le tue parole.
Ieri sera, mentre ti guardavo, ho ricominciato a farlo.
Le tue rughe sono sempre più marcate, il fisico sempre più magro, le labbra sempre più strette, gli occhi sempre più liquorosi; invecchi in fretta, più in fretta di quanto mi sia mai sembrato.
Ho distolto il mio sguardo contrariato; ho girato il viso e ho visto la tua ombra proiettata sul muro; nella tua ombra c’era la giovinezza, il profilo nitido, pulito; nel tuo Dorian Gray c’era il mio passato.
Ma, appena parli, scompaiono le rughe, sul viso e sulle labbra rimangono solo le tue emozioni così emozionate da risultare scabrose; nei tuoi occhi solo le lacrime sfrontate ed insolenti.
Scabrose e senza ritegno, senza neppure un fantasma di pudore.
Ascoltandoti e guardando l’ombra dell’uomo che è sei stato mi sono resa conto che le tue manifestate emozioni mi danno persino malessere perchè per controllare il mio mondo sono diventata cinica, volgare, un muro di distacco.
Per non avere più dolore ho lasciato fuori le emozioni ed i turbamenti, e mi da fastidio che tu me lo ricordi, che tu mi metta davanti la realtà che non voglio vedere.
Certo siamo cambiati tutti e due, ci siamo moderati e impigriti; un tempo bastava un prato, ora ci servono poltrone comode e velluti.
A te sono rimaste parole d’amore che continui a scrivere, io di amore non voglio neppure più sentire parlare perchè ho voglia di ascoltarle.
Forse capirò, prima che sia troppo tardi, che in quella tabaccheria c’era più vita di quanto ce ne fosse in tutta la tua poesia.