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Recensione, TARANTOLA di Thierry Jonquet

Creato il 07 ottobre 2014 da Leggiamo
Domanda del giorno: io e i francesi... andremo mai d'accordo?
TARANTOLA di Thierry Jonquet
| Einaudi | pag. 146 | € 12,00 |
Recensione, TARANTOLA di Thierry JonquetRichard Lafargue è un famoso chirurgo plastico. Nessuno sa che la donna che porta in giro con orgoglio è in realtà sua prigioniera. Richard costringe Ève a prostituirsi, gode nel vederla torturare dai clienti, si bea del disgusto e della sofferenza di lei. E ogni tanto, la porta da Viviane... Alex Barny ha rapinato una banca. Ha ucciso un poliziotto, è rimasto ferito. Deve nascondersi. Ma le telecamere di sorveglianza hanno ripreso il suo volto. È disposto a tutto pur di salvarsi... Vincent Moreau è andato a fare un giro in moto. È notte, qualcuno lo insegue nella foresta. Viene catturato. Sono quattro anni che se ne sono perse le tracce... Thierry Jonquet ci catapulta in un incubo senza fine, in un orrore crudele celato dietro la normalità dell'apparenza, dove la ferocia è marchiata a fuoco nella carne dei protagonisti e insinua un interrogativo atroce: fin dove può arrivare una persona ferita?
Voto:Recensione, TARANTOLA Thierry JonquetRecensione, TARANTOLA Thierry JonquetRecensione, TARANTOLA Thierry JonquetRecensione, TARANTOLA Thierry JonquetRecensione, TARANTOLA Thierry Jonquet 
Sapete (?) quanta poca affinità io abbia con i francesi (non per niente ne ho sposato uno) pertanto sono solita evitare autori, registi e attori che vantano suddetta origine. Poi mi capita di vedere La Pelle che Abito, lungometraggio controverso di Pedro Almodovar, scopro che è tratto da un romanzo breve di Thierry Jonquet, scrittore parigino scomparso nel 2009 a soli 55 anni, e in quatto e quattr'otto decido di mettere da parte ogni pregiudizio per dare una possibilità a questa lettura. D'altronde sono sempre pronta a cambiare idea, anzi, non aspetto altro.
Solo che alla fine mi tocca darmi ragione...
Non che Tarantola sia un brutto romanzo, ma credevo di avere tra le mani il più nero dei noir invece per quanto la storia sia perversa, malata e cattiva non lascia spazio alle emozioni. Il dolore non lo senti. La sete di vendetta non la condividi. La paura non accelera i battiti del tuo cuore. Ne esce un qualcosa di completamente asettico che se da una parte ti lascia sgomento dall'altra non ti fa provare assolutamente nulla.
Da cosa dipende tutto questo?
Strutturalmente Tarantola è perfetto. Abbiamo tre piani narrativi apparentemente indipendenti l'uno dall'altro che vedono protagonisti personaggi tormentati, ambigui e sadici.
Ci sono Richard Lafargue e Eve. Lui chirurgo plastico, lei donna alla sua mercé. Richard la sfoggia come un trofeo, la tratta come un oggetto, la tiene segregata  tra le quattro mura di un appartamento all'interno della sua lussuosa villa e la costringe a prostituirsi regolarmente tutti i mesi.
Poi c'è Alex, un balordo braccato dalla polizia alla ricerca di una via di fuga.
E infine c'è la coscienza di Vincent - un io fin troppo impersonale - che racconta la sua prigionia, le umiliazioni subite, l'addestramento a cui sarà sottoposto e l'evoluzione dei uno stato d'animo che dalla paura sfocerà addirittura nella gratitudine.
"Lo chiamavi Tarantola in ricordo dei tuoi passati terrori. Tarantola, un nome a consonanza femminile, un nome di animale ripugnante che non concordava con il suo sesso né con l'estrema raffinatezza che sapeva mostrare nella scelta dei tuoi regali...
Ma Tarantola perché lui era come il ragno, lento e segreto, crudele e feroce, avido e inafferrabile nei suoi disegni, nascosto da qualche parte in quella dimora dove ti sequestrava da mesi, una tela di lusso, una trappola dorata di cui lui era il carceriere e tu il detenuto."
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