Titolo: The help
Autore: Kathryn Stockett
Editore: Mondadori
Traduttore: Adriana Colombo, Paola Frezza Pavese
ISBN: 978-8804617822
Num. Pagine: 524
Prezzo: 18.00€
Voto:
Trama:
È l’estate del 1962 quando Eugenia “Skeeter” Phelan torna a vivere in famiglia a Jackson, in Mississippi, dopo aver frequentato l’università lontano da casa. Skeeter è molto diversa dalle sue amiche di un tempo, già sposate e perfettamente inserite in un modello di vita borghese, e sogna in segreto di diventare scrittrice. Aibileen è una domestica di colore. Saggia e materna, ha allevato amorevolmente uno dopo l’altro diciassette bambini bianchi, facendo le veci delle loro madri spesso assenti. Ma il destino è stato crudele con lei, portandole via il suo unico figlio. Minny è la sua migliore amica. Bassa, grassa, con un marito violento e una piccola tribù di figli, è con ogni probabilità la donna più sfacciata e insolente di tutto il Mississippi. Cuoca straordinaria, non sa però tenere a freno la lingua e viene licenziata di continuo. Sono gli anni in cui Bob Dylan inizia a testimoniare con le sue canzoni la protesta nascente, e il colore della pelle è ancora un ostacolo insormontabile. Nonostante ciò, Skeeter, Aibileen e Minny si ritrovano a lavorare segretamente a un progetto comune che le esporrà a gravi rischi. Il profondo Sud degli Stati Uniti fa da cornice a questa opera prima che ruota intorno ai sentimenti, all’amicizia e alla forza che può scaturire dal sostegno reciproco. Kathryn Stockett racconta personaggi a tutto tondo che fanno ridere, pensare e commuovere con la loro intelligenza, il loro coraggio e la loro capacità di uscire dagli schemi alla ricerca di un mondo migliore.
Recensione:
Ebbene sì, finalmente dopo un anno che stava nella mia libreria, ho deciso di prenderlo in mano e iniziare a sfogliarlo. Lo devo dire: sono sempre stata una di quelle che si innervosiscono quando c’è dell’ingiustizia che coinvolge le parità sociali.
La questione dell’America del Sud, le aperte discriminazioni dei neri, la cattiveria e le differenze viste solo dagli occhi di chi le vuole vedere, e di questo che si parla in The Help.
I punti di vista sono tre; tre persone differenti che si snodano attraverso una vicenda che attraversa tutti gli stati, è il momento di Martin Luther King, delle marce per l’indipendenza, il momento in cui si può davvero fare qualcosa per tante, tante persone.
Jackson è una sorniona città del Mississippi, una delle città emblema del razzismo, dove si svolgono le avventure delle “protagoniste”. L’ho messo tra virgolette perché assieme si entrerà a contatto con diverse vite, con altri personaggi, con storie tragiche o comiche, in una cronaca mai morbosa ma esplicativa dell’epoca.
La narrazione è in prima persona, ci descrive un arco di tempo con brevi paragrafi, facciamo così la conoscenza di Aibileen – domestica nera e materna, adorata dalla bambina che sta accudendo – Skeeter – bianca, appena tornata dal college, senza marito e poco intenzionata a prenderne uno – e Minny – linguacciuta, di polso e con un marito che non va tanto per il sottile.
Avevo sentito tanto parlare di questo libro (a dir la verità era poi il solito incensare della Mondy dopo l’uscita del film che ne è stato tratto), e sono stata felice di leggerlo. Anche se… non mi ha detto molto.
Niente di originale, né di particolarmente enfatico. Gli eventi si susseguono con discrezione, con estrema calma, la narrazione è intelligente, svelta, ma non brillante, anche i pochi colpi di scena avvengono in sordina quasi si avesse avuto paura di far sobbalzare il lettore.
I temi trattati sono profondi ma non eccessivamente approfonditi, l’introspezione psicologica è sì adatta a personalità non colte, ma c’è da dire che la questione del razzismo è affrontata in maniera fin troppo conosciuta, piuttosto banale, nulla che attiri davvero l’attenzione o che faccia strabuzzare gli occhi, nulla di troppo scandaloso, né di orripilante, di innovativo o stimolante. Normalità, quotidianità, The help alla fin fine non ha niente di più di un telefilm ambientato negli anni 60 con i suoi bei conflitti, la voglia di rivalsa e una conclusione un po’ irritante.
Alla fine è presente una nota in cui l’autrice ci spiega le ragioni per cui ha deciso di scrivere il libro, ovvero per il desiderio di conoscere meglio la donna che l’aveva cresciuta, di colore, che è morta quando lei aveva sedici anni.
In tutta franchezza: non si è impegnata granché. La sua unica fatica è stata quella di regalarci uno scorcio piatto e comune che si può trovare in mille altre opere.
Quindi, si tratta di un romanzo a metà: se volete leggere di un passato non tanto lontano nel tempo e forse (purtroppo) neanche dalla nostra società, ecco quello che fa per voi. Gioviale, a tratti divertente, con personaggi che conquistano.
Se invece cercate qualcosa che faccia la differenza, non è questo il caso.