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Recensione "Un matrimonio in sospeso" di Ada Leverson

Creato il 14 luglio 2012 da Alessandraz @RedazioneDiario

Recensione "Un matrimonio in sospeso" di Ada Leverson

Pubblicato da Germana Maciocci Cari lettori, è con entusiasmo che vi presento oggi un romanzo tanto originale quanto meritevole di entrare a far parte dei cosiddetti "classici" della letteratura britannica: Un matrimonio in sospeso, di Ada Leverson. Dopo Amori e malintesi, Astoria Edizioni ci vizia con la pubblicazione del secondo volume della cosiddetta Trilogia degli Ottley, ironico e godibile ritratto di una famiglia della media borghesia inglese dell'inizio del XX° secolo. Enjoy! Titolo: Un Matrimonio in Sospeso  Titolo originale: Tenterhooks  Autore: Ada Leverson  Traduttori: Clementina Liuzzi e Daniele Parisi  Editore: Astoria  Pagine: 224  Prezzo: € 15,00  Data di pubblicazione: 26 Aprile 2012  Trama: un matrimonio assolutamente disastroso: la noia, la supponenza e la stupidità di Bruce Ottley contrapposti al garbo, allo spirito e all’intelligenza di Edith rendono quasi incomprensibile il perdurare del loro legame. Eppure… Obbligato dal padre a non lasciare il Foreign Office almeno fino al compimento dei cinquant’anni, Bruce fa davvero di tutto per andarci il meno possibile. Edith, dal canto suo, appare disponibile, sempre di buon umore, interessata ai propri figli e agli amici, ma particolarmente concentrata – sembrerebbe – sul salvare Bruce dalla sua stessa stupidità. L’incontro con Aylmer, vedovo fascinoso e intelligente, sembra metterla tuttavia in imbarazzo: in nome di cosa, sembra dire, deve rinunciare a un possibile compagno degno di questo nome per proseguire una vita matrimoniale con un pessimo marito, un padre inesistente, un compagno imbarazzante? Il sospetto, per noi contemporanei, è che all’inizio del Novecento separazione e divorzio fossero talmente gravosi per le donne da far loro sopportare situazioni grottesche e paradossali. 
RECENSIONE
Se lei fosse stata sciocca o noiosa, una stupida piccola idiota o una cacciatrice di uomini, una ciarlatana che blaterava di duchesse o attiva femminista che farfugliava di voti; una scientista cristiana decisa a convertire, un'avventuriera senza avventure (la peggior specie), guaritrice di anime o contrabbandiera di cadaveri, giocatrice di hockey o persino una romanziera, sarebbe stata esattamente la stessa cosa; qualsiasi cosa fosse stata, mentalmente o moralmente, sarebbe stato indubbiamente attratto da lei a prima vista. ma era molto peggio di così. la trovava piacevole, e intelligente; era certo che fosse un angelo. era sposata con Ottley. Ottley era un brav'uomo... piuttosto stupido... abbastanza ridicolo; a quanto pareva in tutto tranne una cosa. 
Edith Ottley è una tipica donna inglese dei primi anni del '900, dedita ai figli Archie e Aspasia (sic) e al marito Bruce, impiegato al Ministero degli Esteri, nonostante quest'ultimo sia un uomo dalle opinioni e dai sentimenti a dir poco mutevoli e superficiali ─ non ci pensa due volte ad intraprendere una relazione con la governante o a mollare la famiglia per fuggire verso l'Australia con una giovane e povera artista interessata solo ai suoi soldi. E questo sarebbe niente, se non si trattasse della punta dell'iceberg: la colpa più grande di Bruce è il non rendersi conto di quanto sia fortunato ad avere accanto a sé una donna come Edith; non perché la nostra eroina sia in realtà quell'angelo idealizzato da Alymer, vedovo affascinante che si innamora perdutamente di lei ─ Edith è infatti caratterizzata da peculiarità di carattere non comuni, un esempio per tutti la mania di trattare in modo affettuoso ma indubbiamente dispotico la sua amica signorina Bennett, che spedisce puntualmente in giro a far compere al suo posto, vestiti inclusi. 
La fortuna di Bruce e la "santità" di Edith stanno nella capacità di abnegazione di quest'ultima, capace di rinunciare alla passione e alla devozione di Alymer ─ che le è affine in interessi e intelligenza ─ per restare accanto ai figli e per proteggere Bruce da se stesso, una donna che considera il matrimonio come un impegno imprescindibile e superiore a qualsiasi apparente o reale vibrazione sentimentale. E che sa riconoscere la fragilità nel marito e, a quanto sembrerebbe, anche in Alymer, che in effetti viene sottilmente descritto dall'autrice del libro
[...] viziato da bambino... era tuttora un po' volitivo e impaziente. Per esempio non era nemmeno capace di aspettare il fattorino, ma mandava sempre le sue comunicazioni tramite un taxi che aspettava una risposta. E adesso voleva qualcosa con urgenza, ed era molto preoccupato di non riuscire a ottenerla. 
Che Edith tema dietro alla corte appassionata e alle impetuose dichiarazioni di amore di Alymer si nasconda una versione più raffinata dell'incostanza grossolana di Bruce, non viene apertamente svelato; tantomeno chiaro è quello che prova veramente la donna nei confronti dei suo potenziale amante ─ talvolta sembra più empaticamente trasportata dalla forza del sentimento di lui nei suoi confronti che realmente " a rischio" ─ Edith non si perde, piuttosto fa tornare gli altri in sé, questo sembra essere il suo compito.  E le sfaccettature di questa protagonista moderna nel suo intrepido tradizionalismo non possono che affascinare il lettore, trascinato pagina dopo pagina nelle vicende della famiglia Ottley dalla penna capace di Ada Leverson. Un romanzo solo all'apparenza poco impegnativo, che nasconde perle di personaggi come Lady Everard e i coniugi Mitchell, dipingendo un'epoca e un'Inghilterra come solo il suo caro amico Oscar Wilde riusciva a fare nelle sue commedie.
L'AUTORE
Ada Leverson (1862-1933) nacque a Londra in una famiglia ebrea colta, liberale e assimilata. Sposatasi molto giovane, il matrimonio si rivelò ben presto un fallimento ed è possibile che il marito, un donnaiolo e giocatore, sia stato fonte d’ispirazione per i terribili ritratti di mariti all’interno dei suoi romanzi. Amica di Oscar Wilde, che la chiamava la Sfinge per la sua capacità di tenere riservati i segreti e le confidenze degli amici, di Somerset Maugham, di Gorge Bernard Shaw (di cui prese il posto come critica teatrale sul “Saturday Review”) e T.S. Eliot, Leverson lavorava per diverse riviste, tra cui “Punch”.Scrisse numerosi romanzi, caratterizzati da dialoghi scintillanti e da una satira sociale divertente e appuntita. Oscar Wilde la definì “la donna più divertente al mondo”.

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