Magazine Cultura
Recensione “Volevo essere un Grande Chef” di Loredana Limone
Creato il 11 marzo 2011 da Alessandraz @RedazioneDiarioAutore: Loredana Limone
Anno di uscita: 2010
Editore: Cult
Pagine: 128
Prezzo: € 12,00
Trama:
Un menu è buono da gustare. Ovvio. E da scrivere? Sì, anche. Perché ogni piatto – dall’antipasto al dolce – se potesse parlare avrebbe delle storie da raccontare. Come quelle narrate in questo libro che abbina racconti e ricette: un binomio gustosissimo. Si comincia con un negroni sbagliato e una bionda maliarda, e si finisce con un vassoio di cenci, come li chiamano i fiorentini, ma che in realtà sono (solo) le chiacchiere di una specie d’amore. Passando per un bel piatto di linguine alle vongole consumato con ingordigia alla faccia del fidanzato fedifrago, e uno pieno degli sfrigolanti involtini di una meritata cenetta d’addio. O da una profumata bouillabaisse, preludio di un cruento fatto di cronaca nera: vera. Verginità tardiva consumata con pesce spada alla griglia non può essere seguita che da una macedonia afrodisiaca. Ma prima qualche bicchiere: Vermentino bianco dai riflessi dorati o Rossese color rubino brillante per rigiocare a quel gioco di Bacco, proibito e mai dimenticato. E per rinfrescare il palato, un gelato. Al limone, naturalmente. Nomen omen. Perché l’autrice di questo insolito menu gastronomico aveva già bell’e segnato nel cognome il suo destino: occuparsi di cibo, con la freschezza della sua scrittura. E da grande sicuramente voleva essere un grande chef (ma con la penna non sa cucinare).
RECENSIONEHo avuto l’onore di avere una copia del libro direttamente dall’autrice e ancora con il titolo che lei aveva scelto in origine, ovvero “Volevo Essere Una Grande Chef”. E più sono andata avanti nella lettura, più mi sono convinta della pertinenza nella sua scelta “al femminile” per un titolo che di solito porta alla mente uomini, magari baffuti, grembiule e cappello immacolati, e perché no, panciuti, in opera davanti ai fornelli, che assaggiano il contenuto di capienti casseruole fumanti per testarne sapori e cottura. E invece questi sfiziosi 19 racconti narrano tutti di donne, a volte direttamente dalle protagoniste, a volte da un'altra donna, in un caso nientemeno che da un arcangelo, e raramente in terza persona.
Tante piccole storie, organizzate come in un menù, dall’antipasto al dolce. Ognuna inizia con la ricetta del piatto che accompagna il personaggio principale, creando aspettative sulla trama e facendo venire l’acquolina in bocca al lettore. Ed è proprio “leggerezza”, che non manca di profondità e passione, con la quale vengono descritti personaggi ed eventi a rendere, a mio parere, questo libro godibilissimo. Vorrei lodare inoltre la scrittrice per la notevole capacità di cogliere e descrivere sensazioni e realtà, facendoli percepire come se realmente vissuti, con un’esposizione di tre quattro pagine a racconto, e con espressioni essenziali ma mai insufficienti.
Un libro che si può tenere sul comodino ma anche in cucina per una piacevole lettura e, perché no, consultazione, mentre si traffica tra pentole ed ingredienti vari. Non voglio dilungarmi troppo nello specifico sulle sinossi per non rovinarvi, per così dire, la fame, rischiando di svelarvi troppo - alcune storie sono dei veri e propri piccoli gialli. Consiglio la lettura di questo libro a chi ama uno stile “classico” di scrittura, aggettivo naturalmente inteso come complimento, e a chi è convinto, come me, che l’appetito, anche per i buoni libri, vien mangiando.
L'AUTRICE:
Loredana Limone, scrittrice vesatile ma prevalentemente gastronomica, ha composto la prima poesia a nove anni.esperta gastronoma, esordisce come autrice nel 2002 con la raccolta di fiabe Il Trenino Arlecchino e altre storie, cui hanno fatto seguito diverse espressioni della sua versatile personalità: La cucina del Paese di Cuccagna (2003), Mangiare in Cascina (2004), Mosaici d’amore (2007); Lo zucchino d’oro (2008), Gustar el Levante por el Poniente (2008). Ha ideato e conduce il laboratorio di scrittura creativa gastronomica “Sapori letterari” di cui ha curato l’omonima antologia (2008).
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